Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7051 del 11/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 7051 Anno 2016
Presidente: MIGLIUCCI EMILIO
Relatore: FALABELLA MASSIMO

SENTENZA
sul ricorso 18486-2011 proposto da:
PRATO ORNELLA PRTRLL48S44I480E,

FRECCIERI LAURA

FRCLRA46T511480K, STRUMIA DANIELA STRDNL48C681480Q,
elettivamente domiciliate in ROMA, VIA COLA DI RIENZO
149/11, presso lo studio dell’avvocato CAROLA
CICCONETTI,
2016

rappresentate e difese dall’avvocato

ANDREINA BIANCHINI;
– ricorrenti –

190
contro

PARODI LIVIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
PIERLUIGI

DA PALESTRINA

63,

presso lo studio

Data pubblicazione: 11/04/2016

dell’avvocato MARIO CONTALDI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato FRANCO VAZIO;
– controricorrente nonchè contro

MARRONE MAURIZIO, elettivamente domiciliato in ROMA,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIOVANNI BATTISTA
TKOCCOLU;
– controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 739/2010 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 14/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/01/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO
FALABELLA;
udito l’Avvocato BIANCHINI Andreina, difensore delle
ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
principale;
udito l’Avvocato LORENZELLI Sabina,

con delega

depositat ain udienza dell’Avvocato Mario CONTALDI,
difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del
ricorso principale e l’accoglimento del controricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.
per

ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso

il rigetto del ricorso, condanna alle spese;

assorbito il ricorso incidentale condizionato.

P.ZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 27 dicembre
1991 Prato Ornella e Strumia Daniela convenivano in

Laura, Strumia Eugenia e il curatore delle eredità
beneficiate e rilasciate, Mangano Cesare, avanti al
Tribunale di Savona per sentire condannati i primi due
convenuti al rilascio, in favore delle attrici, ovvero
della curatela, di due immobili.
Si costituiva in giudizio Parodi, deducendo di
avere validamente acquistato e successivamente
trasferito gli immobili e comunque, in via subordinata,
di averli usucapiti.
Si costituiva altresì Lombardo, il quale si
opponeva alle domande proposte assumendo di avere
parimenti acquistato gli immobili in virtù di atti
negoziali validi ed efficaci; faceva valere, in via
subordinata, l’usucapione e chiedeva, in via
ulteriormente gradata, di essere garantito dal suo
dante causa in caso di evizione totale o parziale,
domandando, inoltre, il risarcimento dei danni.
A seguito del decesso di Lombardo e della
conseguente interruzione del procedimento, la causa era
riassunta nei confronti di Marrone Maurizio, suo erede.
Interveniva in giudizio Freccieri Laura,
3

in

giudizio Parodi Livio, Lombardo Teodoro, Freccieri

ALlwvorig,”

proprio nella qualità di procuratore di Strumia Adriana
ed Eugenio, il quale insisteva per l’accoglimento delle
domande attrici.

Savona respingeva la domanda ritenendo che la scrittura
privata del 15 febbraio 1961, sottoscritta da Prato
Aldo, la cui sottoscrizione era stata accertata
giudizialmente, costituisse valido titolo per la
trascrizione in favore di Pasquali Carlo e Coscia
Angiolina. Poiché il comproprietario degli immobili,
Strumia Andrea Eugenio, non era parte di quel
contratto, il tribunale escludeva che per la quota di
questo si fosse determinato un trasferimento di quota;
la quota risultava per contro acquisita, secondo il
giudice di prime cure, per intervenuta usucapione, in
quanto i coniugi Pasquali e Coscia avevano notificato
fin dal 22 agosto 1964 atto di citazione diretto ad
ottenere la declaratoria di esclusiva proprietà dei
locali, manifestando in tal modo la inequivoca volontà
di vedersene riconosciuto il dominio esclusivo.
La sentenza era impugnata da Prato Ornella, in
proprio

e

nella qualità di procuratore di Maria

Murialdo, da Strumia Daniela, in proprio e nella
qualità di procuratore di Murialdo Luigia, da Freccieri
Laura, in proprio e nella qualità di legale
4

Con sentenza del 20 agosto 2006 il Tribunale di

rappresentante di Strumia Adriana ed Eugenio.
Si costituivano Parodi Livio e Marrone Maurizio.
La Corte di appello di Genova, con sentenza

Contro tale pronuncia le appellanti soccombenti
hanno proposto ricorso per cassazione, affidandolo a
sei motivi.
Resistono con controricorso Parodi e Marrone, il
quale ha proposto ricorso incidentale condizionato.
Le ricorrenti e Parodi hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si impongono alcuni brevi cenni per dar conto dei
fatti salienti della vicenda.
Nel 1961 venne redatta una scrittura privata, il
cui contenuto è controverso, avente ad oggetto due
immobili nella comproprietà indivisa di Strumia Andrea
Eugenio e Prato Aldo; il documento recava la
sottoscrizione di quest’ultimo oltre che di Pasquali
Carlo e Coscia Angiolina.
Nel 1964 i coniugi Pasquali e Coscia evocarono in
giudizio Prato e nel 1973 il Tribunale di Savona
dichiarò autentica la sottoscrizione del convenuto ed
estinta, per mancata integrazione del contraddittorio,
la causa relativa alla rivendica dei due immobili.
In seguito al decesso di Prato e Strumia i
5

depositata il 14 giugno 2010, rigettava l’appello.

19 tWtIlk.
09P491

rispettivi eredi accettarono le due eredità con
beneficio d’inventario e operarono il rilascio dei beni
dei due compendi a norma dell’art. 507 c.c..

di Parodi Livio e di Lombardo Teodoro, cui è succeduto
Marrone Maurizio.
Col primo motivo le ricorrenti denunciano
violazione e falsa applicazione di norme di diritto e
motivazione insufficiente e contraddittoria in
relazione agli artt. 1376, 2652, 2653, 2657 e 2658
c.c.. Lamentano le ricorrenti che la sentenza
pronunciata dal Tribunale di Savona nel 1973 non
potesse costituire valido titolo per la trascrizione.
Il tribunale aveva infatti dichiarato estinto il
procedimento relativo alla domanda con cui gli attori
avevano chiesto la declaratoria di esclusiva proprietà
degli immobili: detta sentenza non poteva quindi
costituire titolo idoneo al trasferimento della
proprietà. Infatti la trascrizione della domanda
giudiziale cui non segua una sentenza di accoglimento é
priva di effetti.
Il motivo è infondato.
La corte di merito ha riconosciuto che il
Tribunale di Savona, con la stessa pronuncia del 4
giugno 1973, con cui dichiarò estinta la causa relativa
6

Gli immobili in questione pervennero nel possesso

alla domanda con la quale Pasquali Carlo e Coscia
Angelina avevano richiesto di essere dichiarati
proprietari esclusivi dell’unità immobiliare oggetto di

apposta da Prato Aldo in calce alla scrittura privata
del 15 febbraio 1961.
Il richiamo

delle ricorrenti alla disciplina

della trascrizione della domanda e alla sua portata di
prenotazione degli effetti dell’accoglimento della
domanda stessa appare, pertanto, non concludente:
l’accertamento della corte ligure è caduto sulla
verificazione della scrittura privata indicata, e non
sull’efficacia della trascrizione della domanda a
seguito dell’estinzione del giudizio (per come
disciplinata dall’art. 2668, 1 0 cc. c.c.).
Col secondo motivo è lamentata insufficiente e
contraddittoria motivazione, nonché violazione e falsa
applicazione di norme di diritto in relazione agli
artt. 1351, 2932 e 1362 c.c.. La sentenza gravata non
avrebbe motivato la ritenuta validità della scrittura
del 15 febbraio 1961 che aveva trasferito una quota dei
beni contestati. I giudici di merito, in relazione alla
qualificazione dell’atto, avevano ritenuto che questo
avesse efficacia traslativa per il suo carattere
definitivo, omettendo sul punto la spendita di corretta
7

causa, accertò l’autenticità della sottoscrizione

ed adeguata motivazione. La clausola che prevedeva che
il trasferimento del bene non avvenisse in caso di
mancato pagamento del prezzo rendeva infatti evidente

soltanto dopo l’integrale versamento del corrispettivo.
Il quinto mezzo di impugnazione censura la
sentenza impugnata per omessa valutazione di un punto
essenziale e determinante della controversia, nonché
per

error in procedendo,

in relazione agli artt. 214

c.p.c., 499 ss. c.c. e per violazione e falsa
applicazione di norme di diritto e motivazione
insufficiente in relazione agli artt. 1322, 1325 e 1350
c.c.. I giudici di merito avevano mancato di accogliere
l’istanza di esibizione dell’originale della scrittura
privata del 1975, benché avesse sul punto l’obbligo di
pronunciarsi. Inoltre il documento in questione
risultava del tutto irrilevante, inefficace e

5i

fnopponibile, in guanto redatto in pendenza della
procedura concorsuale di eredità beneficiata e
rilasciata. A seguito della trascrizione dell’atto di
rilascio ex art. 507 c.p.c. gli immobili erano gravati
da un vincolo reale a favore dei creditori e dei
legatari/ di Prato e Strumia, ossia da una garanzia
che, come tale, doveva ritenersi opponibile a tutti;
pertanto gli eredi non avevano la possibilità giuridica
8

la volontà del venditore di trasferire la proprietà

di sottoscrivere dichiarazioni in pregiudizio dei
creditori. Hanno inoltre rilevato le ricorrenti che il
negozio di accertamento di un rapporto reale non può

accertamento postula l’esistenza di un rapporto
giuridico e non può mai crearne di nuovi.
Le censure possono esaminarsi congiuntamente per
le implicazioni che da esse possono trarsi sul piano
della contestata natura traslativa del contratto del
1961.
Si rileva, anzitutto, che guanto dedotto a
supporto del secondo motivo difetta di autosufficienza,
in guanto parte ricorrente si limita a riportare un
breve stralcio della scrittura privata del 15 febbraio
1961, impedendo così di apprezzarne compiutamente il
contenuto.
Ma, a ben vedere, sul tema in esame si impongono
ulteriori considerazioni.
Con il secondo motivo di appello le appellanti
avevano lamentato che il giudice di prime cure non
avesse motivato in ordine alla ritenuta validità della
scrittura privata del 15 febbraio 1961: si legge, nella
sentenza impugnata nella presente sede, che le odierne
ricorrenti avevano dedotto, in proposito, che la
scrittura “era priva dei caratteri di definitività e
9

avere alcun effetto traslativo e che il negozio di

4A111,

W”-

‘t11″4:45P

non era stata adempiuta”.
La corte genovese ha però preso in esame la
scrittura privata del 31 gennaio 1975 con cui gli eredi

piena proprietà dei coniugi Pasquali e Coscia su tutti
gli immobili individuati nella scrittura privata del 15
febbraio 1961: scrittura, che, come si legge nella
sentenza impugnata, rappresentava una conferma di
guanto desumibile dagli atti precedenti.
Con riferimento alla questione relativa alla
mancata produzione dell’originale della dichiarazione
del 1975 è sufficiente osservare che, a fronte della
produzione di un documento in copia, la parte che
intenda contestarne la conformità all’originale deve
farlo attraverso un tempestivo disconoscimento (per
tutte: Cass. 13 giugno 2014, n. 13425): ciò che non è
stato dedotto sia avvenuto.
Va poi osservato che con la scrittura privata del
31 gennaio 1975 venne operato un accertamento circa gli
affetti del contratto concluso il 15 febbraio 1961,
riconoscendone, in buona sostanza, la portata
traslativa. Come evidenziato dal giudice di appello con
affermazione che si sottrae a censura, il tenore del
documento è infatti inequivoco, avendo riguardo alle
espressioni contenute nella seconda parte della
10

di Aldo Prato e Andrea Eugenio Strumia riconoscevano la

dichiarazione (in cui le parti “riconoscono […] senza
eccezione o riserva la piena proprietà dei coniugi
Pasquali-Coscia su tutti gli immobili indicati nel

Non è corretto assumere che l’atto in questione
fosse privo di efficacia in quanto posto in essere a
seguito della trascrizione della dichiarazione di
rilascio da parte degli eredi di Aldo Prato e Andrea
Eugenio Strumia, i quali avevano accettato con
beneficio di inventario.
La questione della portata della dichiarazione
rispetto al precedente contratto si pone, in realtà,
solo per gli eredi di Prato, posto che era stato
quest’ultimo, non anche Strumia, a sottoscrivere il
documento richiamato nella scrittura privata del 1975.
Ciò posto, anche a voler prescindere dal rilievo
per cui detta scrittura privata non documenta un
negozio dispositivo, quanto semmai un negozio di
accertamento, va osservato che a norma del 3 0 co.
dell’art. 507 c.c., gli atti di disposizione dei beni
ereditari compiuti dagli eredi dopo la trascrizione
della dichiarazione di rilascio

“sono

senza effetto

rispetto ai creditori e ai legatari”. Infatti, come é
pacifico sia in dottrina che in giurisprudenza (Cass.
14 giugno 2013, n. 15038; Cass. 9 gennaio 1999, n.
11

contesto della scrittura privata 15 febbraio 1961″).

123), il rilascio non costituisce atto dispositivo
della proprietà dei beni ereditari: si osserva, in
proposito, che, sintomaticamente, le attività che

all’erede (art. 508, 3 0 co. c.c.). La trascrizione
presso gli uffici dei registri immobiliari e dei mobili
registrati ha quindi l’effetto di costituire un vincolo
di indisponibilità a favore dei creditori ereditari e
dei legatari, cui infatti sono inopponibili gli atti di
disposizione trascritti successivamente alla
trascrizione della dichiarazione. L’art. 507, 3 0 co.
c.c. contempla, infatti, un caso di inopponibilità
dell’atto dispositivo rispetto a speciali categorie di
soggetti. L’atto dispositivo posto in essere dall’erede
beneficiato dopo la trascrizione della dichiarazione di
rilascio è, quindi, pienamente valido e produttivo di
effetti, anche se il creditore ereditario e il
legatario possono farne valere l’inopponibilità nei
loro confronti. Non vi è allora ragione per ritenere
che agli eredi beneficiati che avevano provveduto al
rilascio dei beni fosse precluso, in ragione di detta
qualità, di porre in essere un negozio diretto ad
accertare il contenuto traslativo del contratto del 15
febbraio 1961.
Quanto, poi, al rilievo per cui il negozio di
12

residuano a seguito della liquidazione spettano

accertamento può solo fissare il contenuto di un
rapporto giuridico preesistente e non costituire esso
stesso fonte autonoma di effetti giuridici, deve

allo

portata

alcuna

stesso

costitutiva

sottolineandone, anzi, la valenza “ricognitiva” (pag.
12 della sentenza impugnata) – e che, del resto, le
stesse ricorrenti nemmeno deducono che il contratto del
1961 prevedesse che dovesse farsi luogo alla successiva
stipula di un contratto definitivo

(circostanza,

questa, da cui sarebbe possibile desumere che tale
negozio presentasse il contenuto proprio di un
contratto

preliminare).

Sotto

altro

profilo,

è

senz’altro vero che il negozio di accertamento è volto
all’eliminazione delle incertezze della situazione
giuridica preesistente, presupponendo l’esistenza di un
rapporto giuridico tra le parti, in mancanza del quale
il negozio di accertamento difetta di causa ed è nullo;
ma nella fattispecie l’esistenza di quel rapporto è del
tutto pacifica, ponendosi solo la questione dell’esatta
definizione del suo contenuto: definizione cui ha
provveduto, per l’appunto, il negozio del 1975.
Col
motivazione

terzo

le

motivo

insufficiente

relazione all’art.

ricorrenti
e

1352 c.c.
13

lamentano

contraddittoria
in
.t.
e violazione falsa

rimarcarsi che il giudice del gravame non ha attribuito

applicazione degli artt. 1352 c.c., in relazione agli
artt. 2932 e 1362 c.c.. La scrittura privata del 1961
non poteva infatti costituire titolo idoneo a

riconducibili a Strumia Eugenio Antonio, attesa la
mancanza del conferimento di idonea procura diretta a
consentire a Prato Aldo il trasferimento della
medesima. Nel caso di preliminare di vendita di un bene
oggetto di comproprietà indivisa si deve ritenere che i
promittenti venditori si pongano congiuntamente come
un’unica parte contrattuale complessa e, dunque, le
singole manifestazioni di volontà provenienti da
ciascuno di essi sono prive di specifica autonomia e
destinate a fondersi in un’unica manifestazione
negoziale. Qualora una di dette manifestazioni manchi o
risulti viziata da invalidità originaria, come nella
specie, si determinerebbe una situazione che impedisce
non soltanto la prestazione del consenso negoziale
della parte complessa alla stipulazione del contratto
definitivo, ma anche la possibilità che quella
prestazione possa essere sostituita dalla pronuncia
giudiziale ex art. 2932 c.c., restando escluso che il
promissario acquirente possa conseguire la sentenza ai
sensi di detta norma nei confronti di quelli tra i
comproprietari promittenti dei quali esista o persista
14

trasferire la quota del 50% dei beni in contesya,

l’efficacia della relativa manifestazione negoziale
preliminare.
Il motivo è inammissibile.

questione che costituisce oggetto del motivo. Qualora
con il ricorso per cassazione siano prospettate
questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza
impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di
evitarne una statuizione di inammissibilità per novità
della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro
deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in
ossequio al principio di autosufficienza del ricorso
stesso, di indicare in quale specifico atto del
giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla
Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di
tale asserzione prima di esaminare il merito della
suddetta questione (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675;
cfr. pure: Cass. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. 26
febbraio 2007,

n.

4391; Cass. 12 luglio 2006, n. 14599;

Cass. 2 febbraio 2006, n. 2270).
Il quarto motivo di ricorso denuncia motivazione
insufficiente e contraddittoria in relazione agli artt.
1351, 1141, 1158, 1164 e 1165 c.c., nonché violazione e
falsa applicazione degli artt. 1351, 1141 e 1158 c.c..
La corte di merito aveva ritenuto che non ì
15

La sentenza di appello non fa menzione della

/4jAttt,t.
,

A1■W
Alt,
7(■;’,.-tAtíz,

corrisponderebbe al vero che i coniugi Pasquali e
Coscia avessero ammesso di non essere nel possesso dei
beni: aveva errato, pertanto, la stessa corte nel

1973 sarebbe risultato, invece, che essi avessero preso
in consegna i locali fin dal 1964. Di contro, dall’atto
introduttivo del procedimento in questione emergeva che
gli stessi non avevano la disponibilità dei locali e
per tutto il periodo in cui il giudizio si era
protratto essi non potevano vantare una posizione
possessoria meritevole di tutela. In realtà Pasquali e
Coscia non avevano nemmeno acquisito la detenzione dei
locali, di cui avevano richiesto la consegna per tutto
il corso del giudizio.
La censura va disattesa.
La sentenza impugnata ha affermato che dagli atti
del giudizio conclusosi nel 1973 – e non dalla sola
citazione che lo aveva introdotto – risulta che
coniugi Pasquali e Coscia abbiano preso in consegna i
locali fin dal 1964. Tale asserzione si basa su di un
accertamento di fatto, che non è sindacabile nella
presente sede. Non vale infatti ad inficiarla, sul
punto della congruità e sufficienza argomentativa,
guanto risulterebbe essere stato dedotto nel corpo
dell’atto di citazione da parte degli attori: e ciò
16

ritenere che dagli atti del processo conclusosi nel

proprio in quanto la corte di Genova, ai fini che qui
interessano, ha richiamato, in modo più ampio, gli atti
del giudizio sopra richiamato. D’altro canto, gli

fanno riferimento a fatti e situazioni occorsi fino
luglio del 1964, ma non contengono indicazioni con
riferimento al periodo successivo.
Col sesto mezzo di impugnazione si censura la
sentenza della corte di merito per motivazione
insufficiente e contraddittoria in relazione agli artt.
1140, 1141, 1158, 1164 e 1165 c.c., nonché degli artt.
115 e 116 c.p.c. e, infine, violazione e falsa
applicazione dell’art. 1158 c.c.. Secondo le
ricorrenti, il giudice di primo grado aveva omesso di
operare una valutazione ragionevole del contenuto e
dell’efficacia delle fonti del convincimento da lui
espresso. La corte di appello, in contrasto col
principio per cui

onere della controparte

era

dimostrare l’interversione della detenzione in
possesso, aveva sottolineato che dagli elementi
acquisiti risultava che il detentore avesse compiuto
atti che manifestavano inequivocabilmente il mutamento
del suo

animus:

ma ciò erroneamente. In particolare,

uno dei testi escussi aveva dichiarato di essere stato
amministratore dal 1976 e pertanto la sua deposizione
17

stralci riprodotti della citazione di Pasquali e Coscia

tuit’to.

yor gi
lgNdig
,

non poteva comprovare il possesso ventennale opposto
dalla controparte; inoltre, erano stati prodotti
documenti afferenti la gestione condominiale che

risultavano essere gli eredi Prato e Strumia;
ininfluenti risultavano essere le altre deposizioni
raccolte nel corso del giudizio. Aveva errato pertanto
la corte di legittimità nel ritenere che le prove orali
in tema di disponibilità del bene fossero del tutto
univoche: nessuna delle testimonianze rese aveva
infatti riferito di una situazione possessoria
antecedente al 1973 e quindi idonea a fondare la
domanda di usucapione. Hanno precisato le ricorrenti
che, per quanto la valutazione delle risultanze
istruttorie involga apprezzamenti di fatto riservati al
giudice di merito, il quale nel porre a fondamento
della decisione una fonte di prova, con esclusione di
altre, non incontra alcun limite se non quello di
indicare le ragioni del proprio convincimento, questo
deve comunque concretizzarsi attraverso l’apprezzamento
di tutti gli elementi probatori acquisiti, considerati
nel loro complesso.
Nemmeno sul punto il ricorso {fondato.
Ha sottolineato la corte ligure che non solo le
prove orali risultavano essere convergenti nel senso

18

dimostravano come tra il 1972 e il 1973 condomini

dell’esercizio del possesso ultraventennale, ma che con
la notifica della domanda di verificazione della
scrittura privata di vendita i coniugi Pasquali e

considerarsi pieni proprietari e che, inoltre,
l’appellante Prato Ornella si era limitata a sostenere
che la disponibilità degli immobili da parte dei
coniugi predetti integrasse una forma di detenzione, e
non già di possesso.
Ora, per un verso il dato della detenzione degli
immobili, da parte dei coniugi Pasquali e Coscia, è
estraneo al contenuto della sentenza; è evidente,
peraltro, che, anche a voler ipotizzare la detenzione,
una interversione in possesso si sarebbe comunque
attuata con la proposizione della domanda del 1964, con
cui venne manifestata dagli acquirenti degli immobili
la volontà di considerarsi pieni proprietari di essi
(art. 1141, 2 ° co. c.c.): e infatti la corte di merito
ritiene che proprio con tale domanda Pasquali e Coscia
abbiano manifestato la loro volontà di considerarsi
pieni proprietari. Per altro verso, qualora il
ricorrente in sede di legittimità denunci l’omessa
valutazione di un documento ovvero di una prova
testimoniale, il vizio di motivazione può ritenersi
sussistente soltanto nel caso di totale obliterazione
19

Coscia avevano manifestato la loro volontà di

del documento o di elementi deducibili dal documento,
oppure dalla deposizione, che si palesino idonei a
condurre – secondo una valutazione che la Corte di

criteri di verosimiglianza – ad una decisione diversa
da quella adottata dal giudice di merito. Nella
denuncia di questo vizio, il ricorrente ha dunque
l’onere, per il principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione, di riprodurre il tenore esatto
del documento, ovvero della prova testimoniale, il cui
omesso esame è denunciato, riportandone il contenuto
nella sua integrità, in modo da permettere siffatta
valutazione di decisività, essendo insufficienti i
richiami per relationem agli atti della precedente fase
del giudizio, inammissibili in sede di legittimità
(Cass. 28 febbraio 2006, n. 4405; in senso
sostanzialmente conforme, tra le tante: Cass. 28 giugno
2006, n. 14973; Cass. 8 settembre 2006, n. 19305;
Cass. 20 febbraio 2007, n. 3920; Cass. 16 febbraio
2007, n. 3651; Cass. 11 giugno 2007, n. 13619; Cass.
30 luglio 2010, n. 17915; Cass. 31 luglio 2012, n.
13677; Cass. 3 gennaio 2014, n. 48). L’onere in
questione non è stato assolto, sicché non può essere
richiesto alla Corte il riesame del materiale
probatorio indicato.
20

cassazione esprime sul piano astratto e in base a

In conclusione, il ricorso va respinto.
Resta

assorbito

il

ricorso

incidentale

condizionato di Maurizio Marrone.

seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso, dichiara assorbito il ricorso
incidentale condizionato; condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese, liquidate per ciascuno dei
contro ricorrenti in e 5.200,00, di cui C 200,00 per
esborsi.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio
della 2″ Sezione Civile, in data 27 gennaio 2016.

Le spese di lite, liquidate in dispositivo,

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