Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7050 del 03/03/2022
Cassazione civile sez. lav., 03/03/2022, (ud. 09/02/2021, dep. 03/03/2022), n.7050
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente –
Dott. DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 21145-2015 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati
LANZETTA ELISABETTA, CARUSO SEBASTIANO, CIRIELLO CHERUBINA;
– ricorrente –
contro
R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI
RIENZO 180, presso lo studio dell’avvocato BOUCHE’ FRANCO, che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1123/2014 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,
depositata il 28/10/2014 R.G.N. 1307/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/02/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO.
Fatto
RILEVATO
che la Corte territoriale di Salerno, con la sentenza n. 1123/2014, pubblicata in data 28.10.2014, ha respinto il gravame interposto dall’INPS, nei confronti di R.A., avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede n. 3584/2012, resa il 2.7.2012, con cui, in parziale accoglimento del ricorso del Razzino, l’INPS era stato condannato al pagamento, in favore di quest’ultimo, della somma complessiva di Euro 105.441,72 a titolo di differenze retributive per le mansioni superiori svolte dal 6.7.2001 al 31.7.2007, oltre accessori come per legge;
che i giudici di secondo grado, per quanto ancora di interesse in questa sede, hanno osservato che “l’INPS non contesta l’accertamento in fatto, da parte del primo giudice (accertamento comunque pienamente condiviso dal Collegio), delle attività lavorative in concreto svolte dal dipendente in esecuzione dell’ordine di servizio n. 14 del 6.7.2001, con il quale era stata affidata al Razzino “la responsabilità di tutta l’area vigilanza di sede con particolare riguardo alla programmazione, gestione e verifica del comportamento ispettivo”, come confermato dalla “copiosa documentazione in atti concernente l’attività svolta dal dipendente in esecuzione dell’incarico in oggetto (coordinamento e assegnazione di incarichi agli ispettori, lettere di istruzione agli stessi, documenti relativi alla gestione del budget, convalida di nota-spese, autorizzazioni alle assenze del personale ispettivo)” e dalle “dichiarazioni testimoniali assunte”, evidenzianti l’effettività delle predette funzioni, in totale autonomia rispetto al Direttore di Sede anche sotto i profili della programmazione, della gestione del budget, della autorizzazione alle ferie”; ed altresì che “Sotto i restanti profili, il Tribunale ha ritenuto, del pari condivisibilmente, che le mansioni in questione avevano natura dirigenziale e quindi superiore a quelle di inquadramento del lavoratore, con le dovute conseguenze economiche”;
che per la cassazione della sentenza ricorre l’INPS articolando un motivo contenente più censure, cui resiste R.A. con controricorso;
che sono state depositate memorie sia nell’interesse dell’INPS che del dipendente;
che il P.G. non ha formulato richieste.
Diritto
CONSIDERATO
che, con l’unico motivo di ricorso articolato, si deduce, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la “violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione al c.c.N. I. INPS per l’anno 2001, sottoscritto il 25.7.2001. Violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 e seguenti c.c. con riferimento alla circolare INPS n. 131/2001. Violazione o falsa applicazione della L. n. 88 del 1989, art. 15, comma 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 17 nonché del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3”, per non avere la Corte di merito considerato che la posizione ricoperta dal Razzino non aveva avuto e neanche avrebbe potuto avere natura dirigenziale e che le mansioni svolte dal medesimo erano “del tutto corrispondenti alle previsioni regolanti l’attività dell’Ispettore Generale, quale lo stesso era”; ed inoltre, perché “la Corte territoriale non sembra aver correttamente interpretato la portata del CCNI 2001 e della circolare applicativa n. 131/2001, avendo affermato: “Tale disposto, però, va correlato anzitutto, al precedente capoverso, secondo cui l’Area de qua può essere affidata esclusivamente ad un dirigente o, in mancanza, assunta ad interim dal direttore; inoltre, ferma tale previsione, il presupposto affinché le suddette funzioni dirigenziali possano essere attribuite “anche” ad un ispettore generale, è costituito dalla preposizione all’Area di un dirigente e, quindi, dall’affidamento della stessa a quest’ultimo, nel senso che, pur essendo preposto all’Area un dirigente, la relativa funzione può essere, anziché svolta da questo, attribuita ad un ispettore generale; infine, non a caso nel capoverso successivo si fa espresso riferimento al dirigente dell’Area, sottolineando che siamo in presenza di un settore importante, la vigilanza, di natura dirigenziale, la cui responsabilità di direzione deve essere riservata, anche nelle Sedi provinciali, ad un dirigente (salvo l’assunzione ad interim del direttore)””;
che il motivo non è fondato; è da premettere – come, peraltro, in più occasioni, sottolineato dalla costante giurisprudenza di legittimità nella materia (cfr. Cass., SS.UU. n. 16038/2010; ed inoltre, ex plurimis, Cass. nn. 27395/2019; 29827/2008; 20079/2008) – che, nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, le qualifiche funzionali previste dal D.P.R. n. 285 del 1988 per il personale degli enti pubblici non economici sono divenute inapplicabili a seguito della stipulazione (in attuazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 72, successivamente trasfuso nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69) del CCNL 16.2.1999 di comparto, “le cui disposizioni, unitamente a quelle del contratto collettivo integrativo degli enti, hanno individuato i nuovi equivalenti profili professionali e ridefinito e ricollocato quelli preesistenti nell’ambito delle nuove aree di inquadramento, costituendo la fonte esclusiva per valutare se un dipendente abbia, o meno, svolto mansioni diverse dalla qualifica”,
che i giudici di seconda istanza sono pervenuti alla decisione oggetto del giudizio di legittimità, uniformandosi ai consolidati arresti giurisprudenziali di questa Corte, alla stregua dei quali il procedimento logico-giuridico che determina il corretto inquadramento di un lavoratore subordinato si compone di tre fasi (cfr., ex plurimis, Cass. n. 17163/2016): l’accertamento in fatto dell’attività lavorativa svolta in concreto; l’individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal CCNL di categoria; il raffronto dei risultati delle suddette fasi; ed in tal modo, attraverso un iter argomentativo del tutto corretto dal punto di vista logico-giuridico ed ancorato ai dati documentali, hanno affermato che le mansioni in questione avevano natura dirigenziale e quindi superiore a quella di inquadramento del lavoratore, con le dovute conseguenze economiche, avendo il Razzino dimostrato con ampia documentazione, ed altresì, attraverso i testi addotti, di avere svolto esclusivamente le funzioni descritte nel D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 4 e 17, “quale responsabile dell’Area vigilanza della Sede sub provinciale di Battipaglia, senza l’interferenza del Direttore o di altri dirigenti della Sede”;
che, pertanto, nella fattispecie, trova applicazione il citato D.Lgs. art. 52, ai sensi del quale, qualora il dipendente abbia svolto in via prevalente mansioni superiori, allo stesso spetta il diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore, con un limite di durata di sei mesi prorogabile ad un anno (cfr. art. 52, commi 3, 4 e 5);
che, inoltre, i giudici di appello hanno correttamente sottolineato che, quanto alle Sedi provinciali e sub provinciali, il CCNI del 2001 stabilisce che “Presso ciascuna Direzione l’Area di vigilanza è affidata ad un Dirigente, senza che ciò comporti la ridefinizione della relativa pianta organica, o, in carenza, è assunta ad interim dal Direttore. La funzione, pur in presenza di un Dirigente, può essere attribuita anche ad un funzionario con qualifica di Ispettore generale/Direttore di divisione”; dalla qual cosa, si evince che le predette Aree di vigilanza delle Sedi provinciali e subprovinciali sono strutture dirigenziali e, pertanto, al Razzino deve riconoscersi il diritto alla retribuzione dirigenziale D.Lgs. n. 165 del 2001, ex art. 52, comma 5, avendo appunto diretto, in via esclusiva, come innanzi sottolineato, l’Area di vigilanza della Sede subprovinciale di Battipaglia, svolgendo interamente le funzioni dirigenziali;
che, infatti, dall’esegesi della dichiarazione negoziale, si comprende, all’evidenza, che il fatto che, per le predette sedi, il CCNI del 2001 e la circolare INPS n. 131 dello stesso anno consentissero che l’Area vigilanza fosse affidata anche ad un Ispettore generale/Direttore di divisione va riferita all’ipotesi in cui in alcune Sedi provinciali e subprovinciali si fosse verificata carenza di dirigenti ai quali affidare l’intera Area o un eccesso di carico di lavoro delle Aree dirette da dirigenti;
che, comunque, come sottolineato dalla Corte distrettuale, l’INPS non ha contestato l’accertamento in fatto, da parte del primo giudice “(accertamento comunque pienamente condiviso dal Collegio)”, delle attività lavorative in concreto svolte dal dipendente in esecuzione dell’ordine di servizio n. 14 del 6.7.2001, con il quale era stata affidata al medesimo “la responsabilità di tutta l’area vigilanza di sede con particolare riguardo alla programmazione, gestione e verifica del comportamento ispettivo, come confermato dalla copiosa documentazione in atti concernente l’attività svolta dal dipendente in esecuzione dell’incarico in oggetto (coordinamento e assegnazione di incarichi agli ispettori, lettere di istruzione agli stessi, documenti relativi alla gestione del budget, convalida di nota-spese, autorizzazioni alle assenze del personale ispettivo)….”;
che, infine, l’INPS, come riferito in narrativa, ha, invece, contestato la sentenza impugnata, perché “la Corte territoriale non sembra aver correttamente interpretato la portata del CCNI 2001 e della circolare applicativa n. 131/2001, avendo affermato: “Tale disposto, però, va correlato anzitutto, al precedente capoverso, secondo cui l’Area de qua può essere affidata esclusivamente ad un dirigente o, in mancanza, assunta ad interim dal direttore; inoltre, ferma tale previsione, il presupposto affinché le suddette funzioni dirigenziali possano essere attribuite “anche” ad un ispettore generale, è costituito dalla preposizione all’Area di un dirigente e, quindi, dall’affidamento della stessa a quest’ultimo, nel senso che, pur essendo preposto all’Area un dirigente, la relativa funzione può essere, anziché svolta da questo, attribuita ad un ispettore generale; infine, non a caso nel capoverso successivo si fa espresso riferimento al dirigente dell’Area, sottolineando che siamo in presenza di un settore importante, la vigilanza, di natura dirigenziale, la cui responsabilità di direzione deve essere riservata, anche nelle Sedi provinciali, ad un dirigente (salvo l’assunzione ad interim del direttore)””; affermazioni, tutte, che non si riscontrano nella sentenza oggetto del presente giudizio;
che per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va rigettato; che le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, secondo quanto precisato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022