Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 705 del 19/01/2010

Cassazione civile sez. III, 19/01/2010, (ud. 23/11/2009, dep. 19/01/2010), n.705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17347/2005 proposto da:

COMUNE DI CINISI (OMISSIS) in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI ANTONELLI 50, presso

lo studio dell’avvocato COSENZA FRANCO, rappresentato e difeso

dall’avvocato ODDO Antonello Alberto giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

SORI RICERCHE IDRICHE SPA (OMISSIS) in persona del suo

Amministratore unico e legale rappresentante Sig. R.

S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 37,

presso lo studio dell’avvocato FURITANO MARCELLO E CECILIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato ALGOZINI Alessandro giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 939/2004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

Sezione Seconda Civile, emessa il 2/7/2004, depositata il 30/07/2004,

R.G.N. 1057/2000;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

23/11/2009 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato FRANCO COSENZA per delega dell’avvocato ANTONELLO

ALBERTO ODDO;

udito l’Avvocato ALESSANDRO ALGOZINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 3 dicembre 1990 il Tribunale di Palermo, in parziale accoglimento della domanda proposta dalla Società Ricerche Idriche – SO.R.I. S.p.A., condannava il Comune di Cinisi a pagarle L. 79.539.210 a titolo d’indennità di requisizione della condotta idrica.

La Corte d’Appello di Palermo (sentenza n. 333/1997), accogliendo un’eccezione del Comune, rigettava la domanda, ma questa sentenza veniva annullata da questa Corte (Cass. n. 11865 del 1999).

Con sentenza in data 2-30 luglio 2004 la Corte d’Appello di Palermo, giudicando in sede di rinvio, elevava ad Euro 526.538,90 la somma dovuta alla SO.R.I..

La Corte Territoriale osservava per quanto interessa: con riferimento alla dedotta illegittimità dei provvedimenti di requisizione del 5 luglio 1984 e del 5 luglio 1985, il nuovo orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione consentiva la proposizione avanti al giudice ordinario della domanda di risarcimento danni ex art. 2043 c.c., per esercizio illegittimo della funzione pubblica; era questione di merito stabilire la riconducibilità nel paradigma dell’art. 2043 c.c., della responsabilità della P.A. per atti o provvedimenti illegittimi; in mancanza di un precedente accertamento del giudice amministrativo, spettava al giudice ordinario verificare l’illegittimità dell’azione amministrativa; i due provvedimenti di requisizione sopra indicati apparivano giustificati dall’evidente necessità di ripristinare con celerità l’acqua potabile; alla scadenza del secondo provvedimento l’occupazione delle condutture era divenuta arbitraria; non vi era stata un’irreversibile trasformazione fisica dell’impianto, per cui non si era verificata l’espropriazione del bene; tuttavia spettava alla SO.R.I. il risarcimento del danno per la perdurante occupazione; esso andava liquidato utilizzando il criterio già adottato dal Tribunale.

Avverso la suddetta sentenza il Comune di Cinisi ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

La SO.R.I ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno presentato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 345 c.p.c., con riferimento all’avversa domanda di risarcimento danni, che assume essere stata proposta solo in grado di appello. Spiega che in primo grado la SO.R.I. aveva chiesto, con riferimento al periodo successivo alle due ordinanze sindacali di requisizione, una mera pronunzia di declaratoria della cessazione del titolo dell’occupazione senza formulare ulteriori pretese restitutorie o risarcitorie e che solo con l’atto d’appello aveva chiesto la condanna al risarcimento dei danni dalla scadenza della requisizione alla data della restituzione.

Con il secondo motivo il Comune di Cinisi lamenta violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, con riferimento all’omesso esame dell’eccezione sull’ammissibilità della domanda sopra esaminata.

Le due censure, che risultano connesse e, quindi, si prestano a trattazione congiunta, si rivelano infondate.

L’interpretazione della domanda rientra nell’attività riservata al giudice di merito. Risulta dal testo della sentenza impugnata che in primo grado la SO.R.I. aveva chiesto la disapplicazione dei provvedimenti amministrativi con i quali era stata requisita la condotta idrica di sua proprietà e la condanna del Comune al risarcimento provocati con l’arbitraria requisizione, con l’uso illegittimo dell’impianto, con l’irreversibile asservimento delle condotte all’acquedotto comunale e, in subordine, il pagamento dell’indennità di requisizione e il rilascio dell’impianto al termine della medesima. Il Tribunale riteneva che non ricorressero i presupposti per disapplicare gli atti di requisizione, che non vi fosse stata espropriazione di fatto degli impianti e che l’attrice non avesse chiesto nè il risarcimento per occupazione dopo la scadenza della requisizione, nè il rilascio dell’impianto, per cui condannava il convenuto al pagamento della sola indennità di requisizione.

Con l’originario atto d’appello, replicato nell’atto di riassunzione dopo la prima pronuncia di questa Corte, la SO.R.I. ha lamentato, tra l’altro, il rigetto della domanda risarcitoria con riferimento al periodo successivo alla scadenza della requisizione.

Rebus sic stantibus, è di tutta evidenza che la Corte d’Appello ha ritenuto tale domanda compresa in quella di risarcimento del danno per l’uso dell’impianto.

Si osserva in ogni caso che l’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado risale al 30 novembre 1985, mentre la Corte territoriale ha ritenuto illegittima l’occupazione a far data dal 10 luglio 1986, cioè dalla scadenza del secondo provvedimento di requisizione. L’art. 345 c.p.c. (sia nella dizione vigente all’epoca, sia in quella attuale) consente di chiedere nel giudizio d’appello il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza di primo grado.

Quindi anche se la SO.R.I. avesse chiesto al Tribunale solo di dichiarare la cessazione del titolo dell’occupazione alla data del 10 luglio 1986, non essendo essa illegittima all’epoca della citazione, non le sarebbe stato precluso di chiedere in appello il risarcimento dei danni subiti solo in seguito al mancato rispetto della scadenza indicata.

Viene conseguentemente a cadere anche la seconda censura per carenza d’interesse processuale. Infatti (Cass. n. 13373 del 2008) l’interesse all’impugnazione, che costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire – sancito, quanto alla proposizione della domanda e alla contraddizione alla stessa, dall’art. 100 c.p.c. – va apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata; sicchè è inammissibile, per difetto d’interesse, un’impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico.

Pertanto il ricorso va rigettato. La natura della causa e delle questioni trattate consiglia di compensare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Spese del giudizio di cassazione compensate.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2010

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