Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7048 del 12/03/2021

Cassazione civile sez. II, 12/03/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 12/03/2021), n.7048

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25836/2019 proposto da:

K.H., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI

30, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e

difeso dell’avvocato NAZZARENA ZORZELLA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso, AVVOCATURA GENERALE DELLO che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il

08/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/11/0 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da K.H., cittadino (OMISSIS) il decreto n. cronol. 3591/2019 del Tribunale di Bologna.

Il ricorso è fondato su due motivi ed è resistito con controricorso.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente formulava istanza, di cui in atti, alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento dello stato di rifugiato politico.

La Commissione rigettava l’istanza.

L’odierno ricorrente impugnava, quindi, detto rigetto con ricorso innanzi al Tribunale di Bologna.

Quest’ultimo respingeva il ricorso con la decisione oggetto del ricorso in esame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 5, la violazione di norme di legge (D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,7,8 e 14, nonchè D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27).

Il motivo non può essere accolto.

Il Tribunale di prima istanza, con la sentenza oggetto del ricorso in esame, non ha violato le norme in epigrafe invocate dal ricorrente.

Anzi il provvedimento impugnato ha svolto la dovuta valutazione della situazione di fatto facendo buon governo delle norme e dei principi ermeneutici applicabili nella fattispecie.

Nella parte motiva del medesimo provvedimento si valutano, in particolare, le informazioni rese in tempi successivi.

L’essenza della svolta doglianza appare, quindi, finalizzata alla deduzione strumentale di vizi di violazione di legge al fine di conseguire una revisione del ragionamento decisorio del Giudice del merito.

Il motivo è, quindi, inammissibile.

2.- Con il secondo motivo, ex art. 360, nn. 3 e 5, si censura l’impugnata sentenza sotto i profili della violazione di legge (artt. 112 e 132 c.p.c. e T.U. n. 286 del 1998, art. 5), nonchè dell’omesso esame e dell’omessa motivazione.

La parte del motivo relativa alla pretesa violazione di legge non può essere accolta.

Con il provvedimento oggetto del ricorso in esame viene dato ampio conto delle ragioni in base alle quali non si è aderita ad alcuna delle istanza svolte dall’odierno ricorrente.

Innanzitutto vi è congrua e corretta motivazione, secondo legge, del motivo ostativo identificato “in ragione inattendibilità ricorrente”.

Più in particolare, ancora (e per ciò che attiene alla protezione umanitaria), viene correttamente evidenziato l’assenza di una situazione di vulnerabilità.

La prospettazione di pretese violazioni di legge si sostanzia, quindi (e specie nella mancato rapportarsi del ricorso alla ratio decidendi del provvedimento impugnato) in una impropria istanza di revisione del ragionamento decisorio del Giudice del merito, svolta – per di più – in base generiche affermazioni.

Quanto alla dedotta carenza motivazionale non può che ribadirsi come le censure di carenza motivazionale, fra l’altro e conformemente alla disciplina oggi in vigore, consentono la ricorribilità per Cassazione esclusivamente nelle ipotesi di “irriducibile contrasto motivazionale fra affermazioni inconciliabili” alla stregua di quanto oggi previsto dall’ordinamento (per effetto delle modifiche alle norme processuali di cui alla L. n. 134 del 2012) e del retrostante intento, legislativo di “riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione” (Cass. civ., SU. n. 8053/2014, cit., nonchè Cass. n.ri 24148/2013, 25608/2013, 7983/2014, 13928/2015).

Il motivo è, pertanto, inammissibile.

3.- Il ricorso deve, pertanto, dichiarato inammissibile.

4.- Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si determinano come indispositivo.

5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto, non risultando -allo stato – il ricorrente ammesso in via definitiva al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.

PQM

La Corte;

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione controricorrente, delle spese del giudizio determinate i Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2021

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