Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7048 del 11/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 7048 Anno 2016
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso 25743-2011 proposto da:
DE SIO ANNUNZIATA DSENNZ62E62A717I, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DI BOCCEA 86, presso lo
studio dell’avvocato NICOLA FALVELLA, rappresentata e
difesa dall’avvocato PIETRO GIULIO SCARABINO;
– ricorrente contro

2016
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DE SIO DOMENICO DSEDNC48M09A717U, BATTIPEDE ANNA
BTTNNA53A58C349L, DE SIO UMBERTO DSEMRT53M10A7170,
MASTRANGELO

RITA

MSTRTI56C51L399K,

elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEL CORSO n. 300, presso lo

Data pubblicazione: 11/04/2016

studio dell’avvocato GIUSEPPE ANDREOTTA, che li
rappresenta e difende;
– con troricorrenti –

avverso la sentenza n. 1024/2010 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 04/11/2010;

udienza del 26/01/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO
ORILIA;
udito l’Avvocato PIETRO GIULIO SCARABINO, difensore
della ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito l’Avvocato GIUSEPPE ANDREOTTA, difensore dei
resistenti, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto del 10.3.1994 i germani Domenico e Umberto De Sio
(insieme alle rispettive mogli) convennero la sorella Annunziata
davanti al Tribunale di Salerno domandando la divisione di

alcuni terreni siti nel comune di Capaccio (località Paestum)
nonché di un locale terraneo in Battipaglia, e chiesero
l’attribuzione per intero di detti immobili, con previsione di
conguagli in danaro in favore della sorella (titolare di una
quota di comproprietà pari a 2/18).
Annunziata De Sio aderì allo scioglimento della comunione,
ma si oppose alla richiesta di attribuzione per intero avanzata
dagli attori domandando a sua volta che il terreno di Capaccio da lei posseduto da anni – le fosse assegnato in via esclusiva.
L’adito Tribunale, con sentenza 1023/05, formò due
porzioni assegnando l’appartamento agli attori e il terreno di
Capaccio alla convenuta con conguaglio a suo carico di C.
19.786,00 oltre rivalutazione monetaria.
La sentenza venne impugnata dagli attori e la Corte
d’Appello di Salerno, con sentenza 4.11.2010, in accoglimento
del gravame, per quanto ancora interessa, dichiarò indivisibili
i cespiti assegnandoli tutti ai quattro appellanti in comunione
e pro indiviso con obbligo di versare ad Annunziata un
conguaglio di C. 7.445,00 da rivalutarsi.
La Corte di merito, per giungere a tale conclusione e
sempre per quanto di stretto interesse in questa sede, rilevo:
3

- che l’istanza di sospensione del giudizio (proposta
dall’appellata Annunziata De Sio in comparsa di costituzione)
non poteva essere accolta parche non vi era alcun rapporto di
pregiudizialità rispetto al giudizio di simulazione e riduzione
delle disposizioni lesive della quota spettante ai legittimari

(giudizio promosso da Annunziata in relazione alla vendita dei
diritti di nuda proprietà fatta dal padre ai figli maschi e alle
rispettive mogli);
– che i beni non erano comodamente divisibili mentre il
possesso del terreno di Capaccio non risultava neppure provato
da Annunziata;
che

l’ipotesi

alternativa

di

divisibilità

non

contemperava le opposte aspettative, ma premiava solo la minore
quotista.
Contro tale decisione ha proposto ricorso Annunziata De
Sio sulla base di cinque motivi.
Resistono con controricorso gli altri condividenti.
Domenico De Sio ha depositato una memoria ex art. 378 cpc.

MOTIVI DELLA DECISIONE
l

Col primo mot ivo viene dedotte le violeziàftc

fal2a

applicazione degli artt. 295 opc e 560 e 561 cc. Omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione – Errore di dirittoViolazione del principio del favor divisionis.
La ricorrente si duole del rigetto dell’istanza di
sospensione del giudizio in relazione a quello di simulazione e

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riduzione ritenuto pregiudiziale perché riguardante la vendita
della nuda proprietà di tutti i beni da parte del genitore Ezio
nei limiti della quota di 12/18, vendita che, secondo la tesi
della ricorrente, nascondeva una donazione. Rileva di avere
riproposto l’istanza in sede di costituzione nel giudizio di

appello e ritiene che un eventuale accoglimento di quella
domanda porterebbe ad un aumento dei 2/9 della sua
partecipazione alla comunione.
Il motivo è infondato perché

come ripetutamente

affermato da questa Corte – la sospensione del processo
presuppone che il rapporto di pregiudizialità tra le due cause
di cui si tratta sia non solo concreto, ma anche attuale, nel
senso che la causa ritenuta pregiudiziale sia tuttora pendente,
non avendo altrimenti il provvedimento alcuna ragion d’essere, e
traducendosi anzi in un inutile intralcio all’esercizio della
giurisdizione. Ne consegue che, ove una sentenza venga censurata
in cassazione per non essere stato il giudizio di merito sospeso
in presenza di altra causa pregiudiziale, incombe al ricorrente
l’onere di dimostrare che quest’altra causa è tuttora pendente,
e che presumibilmente lo sarà anche nel momento in cui il
ricorso verrà accolto, dovendosi ritenere, in difetto, che
manchi la prova dell’interesse concreto ed attuale che deve
sorreggere il ricorso, non potendo né la Corte di cassazione, né
un eventuale giudice di rinvio disporre la sospensione del
giudizio, in attesa della definizione di un’altra causa che non
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risulti più effettivamente in corso

(v.

Sez. 3, Sentenza n.

22878 del 10/11/2015 Rv. 638037 Sez. L, Sentenza n. 18026 del
19/10/2012 Rv. 623875; Sez. l, Sentenza n. 16992 del 01/08/2007
Rv. 600279).

Nel caso in esame la ricorrente ha omesso di fornire la
benché minima prova dell’attuale pendenza del procedimento che
reputa pregiudiziale e pertanto la censura non coglie nel segno.
2-3 Col secondo motivo si denunzia la violazione e falsa

applicazione degli artt. 727 e 729 cc. Omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione – Errore di diritto- Violazione
dell’art. 112 cpc. Dolendosi dell’assegnazione dell’intero
compendio ai resistenti, la ricorrente lamenta di aver subito un
pregiudizio del suo diritto avendo interesse all’assegnazione
del terreno di Capaccio, posseduto da tempo e confinante con
altro lotto di sua proprietà. Rimprovera alla Corte di Appello
di avere escluso tale diritto all’assegnazione esclusiva in base
ad una mera petizione di principio. Secondo la ricorrente, la
decisione appare lesiva tanto del principio sancito dall’art.
112 cpc guanto viziata da motivazione erronea in guanto
ingiustificatamente recessiva rispetto al principio della
prevalenza da attribuirsi, in sede di divisione, al collegamento
economico del bene da dividere con altro bene appartenente ad
uno dei condividenti.
Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa
applicazione degli artt. 718 e 720 cc. Omessa, insufficiente e
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contraddittoria motivazione – Errore di diritto.
La ricorrente critica la ritenuta indivisibilità del
terreno di Capaccio, richiamando in proposito l’ipotesi
divisoria predisposta dal CTU ing. Dell’Acqua; rimprovera alla

Corte d’Appello di essersi basata ancora una volta su una
petizione di principio più che su un iter logico giuridico ed
osserva che la constatazione della certa divisibilità del
terreno per cui è causa, clamorosamente ignorata, avrebbe dovuto
indurre la Corte di merito a valutazioni difformi da quelle
operate, quanto meno attraverso la conferma, sul punto, della
sentenza di primo grado.
Queste due censure – che ben si prestano a trattazione
congiunta – sono prive di fondamento.
La critica della ricorrente si appunta in sostanza sul
tessuto motivazionale della sentenza in ordine al possesso del
fondo di Capaccio, al dedotto collegamento con altro fondo
confinante e, infine, alla ritenuta indivisibilità degli
immobili.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, anche a
sezioni unite la deduzione di un vizio di motivazione della
sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al
giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito
della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì
la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza
giuridica e della coerenza logico formale, delle
7

argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta,
in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le
complessive risultanze del processo, quelle ritenute

maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse
sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro
dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente
previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di
motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza,
contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi
sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito,
sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente)

esame di punti decisivi della controversia, prospettato dalle
parti o rilevabile di ufficio, ovvero quando esista insanabile
contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale
da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione (v. tra le tante, Sez. 3,
Sentenza n. 17477 del 09/08/2007 Rv. 598953; Sez. U, Sentenza n.
13015 del 27/12/1997 Rv. 511208; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 91 del
09/01/2014 Rv. 629382).
Ebbene, nel caso di specie, dalla sentenza impugnata

non

emerge alcun evidente ed insanabile contrasto tra le
argomentazioni adottate, tale da non consentire
l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a
8

base della decisione. Anzi, si è in presenza di un ragionamento
estremamente lineare perchè i giudici di appello (v. pagg. 14 e
15) hanno rilevato, attraverso tipici accertamenti in fatto, che
il possesso esclusivo del terreno (di Capaccio, ndr) è privo di

valida prova, aggiungendo che – a parte ogni questione sul tempo
in cui tale circostanza andrebbe riscontrata – alla De Sio è
stato ordinato in corso di causa di reintegrare i germani
Domenico e Umberto mentre la successiva sostituzione delle
chiavi non rappresenta alcuna univoca interversione nel possesso
da parte dei lei (che pure aveva offerto le chiavi ai fratelli,
i quali così avevano mantenuto il compossesso sia pure solo

animo).

La Corte di merito ha preso in esame la dedotta

esistenza di un fondo finitimo di proprietà della ricorrente, ma
ha reputato irrilevante la circostanza sia perché si trattava di
acquisto di gran lunga successivo alla instaurazione della
controversia, sia perché la condotta volontaria del condividente
non era idonea a fondare alcun diritto a proprio favore nella
pendenza del giudizio e nella consapevolezza della sussistenza
di una controversia sulle sue pretese.
La Corte salernitana si è fatta poi carico di confrontarsi
con la dedotta divisibilità dei beni rilevando, ancora una
volta, sulla base di tipici accertamenti in fatto, che la comoda
divisibilità del terreno andava esclusa tenuto conto della
necessità di realizzare manufatti e servitù, come pure ritenuto
dai primi giudici (v. pag. 11 sentenza impugnata).
9

Come si vede, il vizio motivazionale non sussiste affatto
e neppure si riscontrano le denunziate violazioni di legge,
peraltro solo dedotte in ricorso ma non sorrette da alcuna
valida argomentazione. La sentenza impugnata resiste pertanto,

anche in relazione tali punti, alle censure sollevate dalla
ricorrente, che invece, si risolvono in una alternativa
ricostruzione di elementi fattuali, attività preclusa nel
giudizio di legittimità.
4.5 Con il quarto motivo la De Sio deduce la violazione e

falsa applicazione dell’art. 17 coma l della legge 1985 n. 47
(oggi abrogato e sostituito dall’analogo art. 46 DPR 2001 n.
380) e dell’art. 40 legge
questione di

diritto

n.

47/1985. La difesa introduce la

della nullità dell’atto di divisione del

fabbricato – che secondo la consulenza tecnica – era abusivo.
Con il quinto ed ultimo motivo, deducendo violazione e
falsa applicazione dell’art. 18 della legge 1985 n. 97 (oggi
abrogato e sostituito dall’analogo art. 30 DPR 2001 n. 380), la
ricorrente introduce la questione di diritto della nullità
dell’atto di assegnazione del terreno in mancanza di allegazione
del certificato di destinazione urbanistica.
Queste due ultime censure, che si prestano anch’esse a
trattazione unitaria, sono inammissibili perché con esse il
nuovo difensore introduce per la prima volta questioni di
diritto che la De Sio non ha mai posto nel giudizio di merito.
Secondo la giurisprudenza di legittimità qualora una
10

determinata questione giuridica – che implichi un accertamento
di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza
impugnata né indicata nelle conclusioni ivi epigrafate, il
ricorrente che riproponga la questione in sede di legittimità,
al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per

novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta
deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche
di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio
precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di
cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale
asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa
(tra le varie, v. Sez. l, Sentenza n. 25546 del 30/11/2006 Rv.
593077; Sez. 3, Sentenza n. 5070 del 03/03/2009 Rv. 606945 non
massimata; Sez. 3, Sentenza n. 15422 del 22/07/2005 Rv. 584872).
Ebbene, nella fattispecie che ci occupa, dal ricorso non
si trae alcuna indicazione in tal senso, né assume rilievo la
precisazione che si tratta di nullità “rilevabili di ufficio in
ogni stato e grado” (v.

pagg. 30 e 34 ricorso): infatti, una

questione sollevata per la prima volta nel giudizio di
cassazione, sebbene abbia ad oggetto una nullità rilevabile
d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, non può essere
oggetto di esame allorquando comporti accertamenti di fatto
(Sez. l, Sentenza n. 8820 del 12/04/2009

Rv.

596480; Sez. 1,

Sentenza n. 19164 del 13/09/2007 Rv. 599047). E nel caso di
specie non vi è dubbio che le tematiche oggi per la prima volta
11

devolute alla Corte implicano accertamenti in fatto sulla
legittimità urbanistica di manufatti e sulla documentazione da
allegare all’assegnazione, tutti preclusi al giudice di
legittimità.

per il principio della soccombenza, va condannata al pagamento
delle spese di questo grado di giudizio.
P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle
spese del giudizio che liquida in e. 3.200,00, di cui C. 200,00
per esborsi oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 26.1.2016.

In conclusione l’impugnazione va respinta e la ricorrente,

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