Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7047 del 11/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 7047 Anno 2016
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: FALABELLA MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso 22291-2011 proposto da:
CONDOMINIO VIA DEL CASTAGNETO N3 SAN POLO DEI
CAVALIERI 94000310584, IN PERSONA DELL’AMM.RE P.T.,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANICI°
GALLO 194, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO
LA GATTUTA, che lo rappresenta e difende unitamente
2016

all’avvocato FRANCO DI MEO;
– ricorrente –

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Nonché da:
BALZOTTI ARMANDO BLZRND32C181125B,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DI VILLA PEPOLI 4, presso

Data pubblicazione: 11/04/2016

lo studio dell’avvocato ALESSANDRO COLUZZI, che lo
rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

CONDOMINIO VIA DEL CASTAGNETO N3 SAN POLO DEI

elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE ANICI° (3ALLO
194, pro
GATTUTA, che

l Ludio delliavvnrntn FRANCFSM LA
lo

rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FRANCO DI MEO;
– controricorrente al ricorso all’incidentale –

avverso la sentenza n. 3214/2010 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/01/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO
FALABELLA;
udito l’Avvocato Di Meo Franco difensore del
Condominio che si riporta a quanto già esposto nel
ricorso e al controricorso del ricorso incidentale;
udito l’Avv. Coluzzi Alessandro difensore di
Balzotti Armando che ha chiesto il rigetto del
ricorso principale l’accoglimento del ricorso
incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per
l’inammíssibilità o comunque il rigetto sia del

CAVALIERI 94000310584, IN PERSONA DELL’AMM.RE P.T.,

e

ricorso principale che del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso per denuncia di danno temuto Balzotti
Armando, proprietario di un terreno posto a monte

Paolo dei Cavalieri, via del Castagneto, lamentava il
pericolo derivato al suo fondo dal cedimento del muro
di contenimento posto a protezione dello stesso e
confinante con la proprietà del Condominio di via del
Castagneto 3.
La fase cautelare si concludeva con la pronuncia
del provvedimento con cui il Tribunale di Tivoli
disponeva l’esecuzione delle opere atte ad assicurare
il contenimento del terreno.
Seguiva l’instaurazione del giudizio di merito in
cui Balzotti, che lamentava il mancato utilizzo del
proprio fondo, adibito a frutteto, domandava anche la
condanna del Condominio convenuto al risarcimento del
danno.
Ti Tribunale di Tivoli confermava il provvedimento
reso in sede cautelare e rigettava la domanda
risarcitoria.
Proponeva appello Balzotti e la Corte di appello
di Roma, con sentenza depositata il 21 luglio 2010, in
parziale accoglimento del gravame, condannava
l’appellato Condominio al risarcimento del danno
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dell’edificio destinato a civile abitazione sito in San

liquidato in

3.500,00, oltre interessi legali dalla

data della pronuncia. La corte di Roma rilevava che
l’intervento posto in atto dal Condominio aveva

termini la pronuncia del tribunale, reputava infondata
la doglianza dell’appellante circa la mancata
realizzazione di interventi che l’appellato avrebbe
dovuto porre in atto in via definitiva: in aggiunta,
cioè, a quelli, urgenti e provvisori, ordinati nella
fase cautelare. Con riguardo alla pretesa risarcitoria
osservava, poi, che Balzotti non aveva potuto godere
pienamente del terreno in proprietà e, osservato che il
conseguente pregiudizio andava liquidato in via
equitativa, lo determinava nella somma sopra indicata,
comprensiva del lucro cessante per il ritardato
conseguimento dell’importo stesso.
La sentenza è oggetto del ricorso per cassazione
proposto dal Condominio, che si basa su due motivi.
Armando Balzotti resiste con controricorso, in cui è
stata proposta una impugnazione incidentale fondata su
un unico motivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo di ricorso il Condominio denuncia
violazione e falsa applicazione del combinato disposto
degli artt. 1226, 2056 e 2697 c.c., nonché
5

carattere di completezza, sicché, integrata nei detti

insufficiente motivazione della sentenza impugnata
circa un fatto controverso e decisivo, consistente nel
preteso danno asseritamente sofferto dalla controparte.

subito da Balzotti consistesse nel mancato pieno
godimento del terreno e lo aveva poi riconosciuto sulla
base di mere presunzioni, in assenza di elementi
probatori. Così facendo, aveva postulato l’esistenza di
un danno in re ipsa, nonostante l’art. 1226 c.c. non la
abilitasse a supplire alle carenze probatorie della
parte e imponesse, per contro, all’appellante di
offrire gli elementi di riscontro del danno in
questione.
Il motivo non è fondato.
La limitazione del godimento sofferta sia dal
proprietario che dal possessore del bene si traduce in
un danno

in re ipsa

(in tema si lesione di diritti

reali, cfr. Cass. 9 giugno 2008, n. 15238, nonché Cass.
3 ottobre 1974, n. 2576, con specifico riguardo al
diritto di proprietà; in tema di violazione della
situazione possessoria, cfr. Cass. 3 aprile 2012, n.
5334). Discende da ciò che il danneggiato non è onerato
di provare il danno sofferto e che il detto
pregiudizio, a fronte dell’obiettiva difficoltà di
determinazione del

quantum,
6

possa essere anche

La corte distrettuale aveva ritenuto che il danno

liquidato in via equitativa (Cass. 3 aprile 2012, n.
5334 cit.).
L’accesso alla liquidazione equitativa non era

elementi probatori del danno. Il pregiudizio era per
certo sussistente, venendo in questione una lesione del
bene che ne implicava il ridotto godimento. La concreta
determinazione di un tale pregiudizio prospetta, però,
una notevole difficoltà, giacché, non si traduce, di
regola – e non si è tradotta, in concreto – in un
esborso monetario o nella perdita di una favorevole
occasione di guadagno, ma esige che si attribuisca un
valore economico all’impossibilità di fruizione di una
parte del fondo (e cioè alla menomazione delle facoltà
potenziali con cui si esercita il dominio sullo
stesso): di qui il legittimo ricorso al criterio
fissato dall’art. 1226 c.c..
Col secondo motivo il ricorrente ha lamentato la
contraddittorietà della motivazione su un punto
decisivo della controversia, avendo riguardo alla
liquidazione del danno operata nonostante l’inesistenza
dell’asserita attività di coltivazione del terreno. La
corte capitolina aveva infatti liquidato il danno nella
misura di C 3.500,00 sebbene avesse evidenziato che il
consulente non aveva rilevato la presenza di alberi da
7

quindi precluso dalla prospettata mancata offerta di

frutto all’atto dell’ispezione e sebbene l’appellante
non avesse indicato, nemmeno in via approssimativa, la
produttività delle piante suddette. Così operando, la

contraddittorio, al riconoscimento dei presunti danni,
ignorando che dalle consulenze disposte nel corso del
giudizio e dalla documentazione fotografica allegata
alle medesime si desumeva il totale stato di incuria e
di degrado del terreno, che non era coltivato.
Nemmeno tale censura merita accoglimento.
La sentenza impugnata ha valorizzato, sul piano
risarcitorio, la circostanza per cui Armando Balzotti
“non aveva potuto godere del terreno in proprietà,
stante la pericolosità per lo smottamento e la rovina a
valle, che era poi la voce sostanziante la domanda
oggetto della citazione”. In tal modo essa ha conferito
rilievo al danno

in re ipsa

concretatosi nella

limitazione delle facoltà che competono al proprietario
o al possessore del bene: e un tale danno, per sua
natura, non poteva essere escluso dall’assenza, nella
porzione di terreno divenuta inutilizzabile, di alberi
da frutto, e, più in genere, dalla mancata coltivazione
di quell’area da parte dell’odierno controricorrente.
Infatti, il proprietario e il possessore sono
danneggiati, per ciò solo, dall’indisponibilità, totale

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sentenza impugnata era pervenuta, in modo erroneo e

o parziale, permanente o temporanea, del bene oggetto
del diritto dominicale o del potere di fatto
corrispondente: indipendentemente – quindi – dalle

Con l’unico motivo di ricorso incidentale Balzotti
prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 832
c.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione della sentenza impugnata circa un fatto
decisivo della controversia, consistente nel non aver
ordinato la corte capitolina la realizzazione di un
muro verticale quale opera definitiva, con conseguente
violazione della linea di confine della proprietà.
Assume che con il crollo del muro era franata anche una
porzione del terreno del controricorrente e si era
creata una scarpata naturale obliqua che era
inutilizzabile dallo stesso Balzotti. Non poteva quindi
essere apprezzato come soluzione definitiva
l’intervento attuato su di una parete obliqua, con
linea di confine posta alla base della parete, perché
ciò comportava in concreto lo spostamento della linea
di confine a svantaggio del ricorrente in via
incidentale e, quindi, una violazione stabile e
permanente del diritto di proprietà, pieno ed
esclusivo, che faceva capo a Balzotti per una
superficie di circa 60 mq.. In tal senso, l’intervento
9

modalità di impiego del medesimo.

pyk‘
04. 1-94

da attuarsi in via definitiva consisteva nella
realizzazione di un muro verticale, con la creazione di
un terrapieno dalla parte del manufatto verso la

consulente tecnico nominato nella fase cautelare aveva
evidenziato che alle opere provvisionali, atte a
prevenire pericoli immediati, dovevano seguire
interventi radicali, quali la realizzazione di un muro
di sostegno in cemento armato, ovvero di una
palificata, e che il perito nominato nel corso del
giudizio di merito era incorso in evidente errore, nel
confondere i lavori descritti nell’ordinanza
interdittale con quelli definitivi, reputando tali
quelli eseguiti sulla parete obliqua e inducendo così
in errore il tribunale.
Il motivo va disatteso.
La corte di Roma ha maturato il convincimento che
l’intervento posto in atto fosse completo e definitivo:
ciò, sulla base del complessivo apprezzamento delle
opere realizzate e della mancata rilevazione, nella
seconda relazione del consulente tecnico, della
precarietà dell’intervento.
Delle questioni poste dal ricorrente in via
incidentale la sentenza impugnata non fa cenno, né
emerge, dal controricorso, che esse siano state
lo

proprietà Balzotti. Ha sottolineato quest’ultimo che il

prospettate dall’appellante Balzotti nel corso del
giudizio di merito. Ove, con il ricorso per cassazione
siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno
nella sentenza impugnata, è onere della parte

inammissibilità per novità della censura, non solo di
allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice
di merito, ma anche, in ossequio al principio di
autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in
quale specifico atto del giudizio precedente esso
ricorrente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema
Corte di controllare ex

actis la veridicità di tale

asserzione prima di esaminare il merito della suddetta
questione (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; Cass. 11
gennaio 2007, n. 324; Cass. 21 febbraio 2006, n. 3664).
Sia il ricorso principale che quello incidentale
vanno dunque respinti.
La soccombenza reciproca delle parti rende ragione
della compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso principale e rigetta quello
incidentale; compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio
della 2^ Sezione Civile, in data 19 gennaio 2016.

ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di

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