Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7047 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. I, 03/03/2022, (ud. 21/10/2021, dep. 03/03/2022), n.7047

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22792-2020 proposto da:

D.D., rappresentato e difeso dall’avv. DANIELE METAFUNE,

e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto n. 4234/2020 del TRIBUNALE di TORINO, depositata

il 30/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/10/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con il decreto impugnato, il Tribunale di Torino rigettava il ricorso proposto da D.D. avverso il provvedimento della Commissione territoriale con il quale era stata respinta la sua domanda di riconoscimento della protezione, internazionale ed umanitaria.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione D.D., affidandosi a cinque motivi.

Il Ministero dell’Interno ha depositato memoria per la partecipazione all’udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la contraddittorietà, perplessità ed incomprensibilità della motivazione, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perché il Tribunale avrebbe escluso il pericolo di essere arruolato nell’esercito (OMISSIS) sulla base di considerazioni non coerenti e contraddetti dalle specifiche informazioni desumibili dalle C.O.I. disponibili, secondo le quali, dall’inizio del conflitto interessante la regione del (OMISSIS), oltre 26.000 cittadini (OMISSIS) sarebbero stati sottoposti ad azione giudiziaria per aver evitato, in vario modo, il servizio militare.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il giudice di merito avrebbe erroneamente ritenuto non credibile il suo racconto, senza considerare che il richiedere asilo aveva dichiarato di essere obiettore di coscienza, e si era spontaneamente presentato presso la Questura subito dopo il suo ingresso in Italia, invocando protezione proprio in quanto obiettore.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1 della Convenzione di Ginevra, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3, 5 e 7 ed D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, nonché l’apparenza della motivazione, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perché il Tribunale avrebbe erroneamente sottovalutato il rischio, per il richiedente asilo, di essere costretto a servire nell’esercito (OMISSIS), in quanto soggetto in età utile per la leva, con conseguente pericolo di essere coinvolto, suo malgrado, in azioni di guerra e di essere costretto a commettere crimini di guerra o contro l’umanità.

Le tre censure, suscettibili di esame congiunto, sono fondate.

In materia di protezione internazionale, deve essere riconosciuto lo status di rifugiato politico all’obiettore di coscienza che rifiuti di prestare il servizio militare nello Stato di origine, ove l’arruolamento comporti il rischio di un coinvolgimento, anche solo indiretto, in un conflitto caratterizzato dalla commissione, o dall’alta probabilità di essa, di crimini di guerra e contro l’umanità. La sanzione penale prevista dall’ordinamento straniero per il rifiuto di prestare il servizio di leva, a prescindere dalla sua proporzionalità, costituisce atto di persecuzione ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 7, comma 2, lett. e), e dell’art. 9, par. 2, lett. e), della Direttiva n. 2004/83/CE, come interpretato dalla C.G.U.E., 26 febbraio 2015, (causa C-472/13, Sheperd contro Germania), che ha esteso la tutela non soltanto alle unità cd. operative, ma anche al personale militare logistico e di sostegno. La giurisprudenza di questa Corte ha recepito le indicazioni della C.G.U.E. (cfr. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 30031 del 19/11/2019, Rv. 656354 e Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 13461 del 18/05/2021, Rv. 661447, entrambe riferite proprio ad obiettori di coscienza richiedenti asilo provenienti dall'(OMISSIS), ove la renitenza alla leva è punita con la reclusione da 1 a 5 anni). Nell’ordinanza n. 30031 del 2020, in particolare, questa Corte ha ritenuto, all’esito di una articolata disamina del contesto locale (OMISSIS), che era stata sostanzialmente omessa dal giudice di merito:

1) che tutte le fonti internazionali concordano sull’esistenza, in (OMISSIS), di un conflitto armato, nel cui ambito le parti non hanno rispettato gli accordi del 2015-2016 sul cessate il fuoco ed hanno continuato a combattere nonostante la tregua;

2) che le stesse fonti evidenziano la presenza di gravi violazioni e di crimini di guerra, commessi da ambo le parti in conflitto;

3) che “… in data 7 settembre 2019 si è concluso tra le parti uno scambio di prigionieri, che costituisce notoriamente e chiaramente atto tipico degli scenari di conflitto armato.

4) che l’istituto dell’obiezione di coscienza – definita, in base alle Linee Guida UNHCR in materia di protezione internazionale, come “obiezione al servizio militare derivante da principi e motivi di coscienza, tra cui convinzioni profonde derivanti da motivi religiosi, morali, etici, umanitari o simili” – rileva sia come obiezione assoluta (cd. obiettori pacifisti) che sotto forma di obiezione parziale, ed in quest’ultimo caso tanto con riguardo al rifiuto dell’uso illegale della forza (ius ad bellum) che sotto l’aspetto del rifiuto dell’uso di mezzi e metodi di guerra non consentiti o non conformi al diritto internazionale o al diritto internazionale umanitario (ius in bello);

5) che l’istituto dell’obiezione di coscienza è previsto nella legislazione (OMISSIS) soltanto per motivi religiosi, i quali tuttavia vengono solitamente ignorati, con avvio all’arruolamento, in forma indiscriminata, di tutti i soggetti richiamati alle armi, a prescindere dalla loro professione religiosa;

6) che “… appare plausibile, quindi, alla luce di tutte le considerazioni sopra riportate, la commissione di crimini di guerra in caso di prestazione da parte del ricorrente del servizio richiesto; ricorrono quindi tutti i presupposti di legge per il riconoscimento dello status di rifugiato a favore del ricorrente, diversamente da quanto erroneamente ritenuto dal giudice dell’appello; è infatti chiaramente fondato il timore di costui di essere arruolato, ed inviato al fronte nella guerra in corso in (OMISSIS), nonostante la sua opposizione all’uso delle armi, rischiando pene gravi e sproporzionate in caso di espresso rifiuto all’arruolamento, per evitare il quale è fuggito dall'(OMISSIS)”.

Sempre con riferimento alla problematica dell’obiezione di

coscienza in (OMISSIS), questa Corte ha in seguito affermato il principio per cui “L’obiezione di coscienza – definita, in base alle Linee Guida UNHCR in materia di protezione internazionale, come “obiezione al servizio militare derivante da principi e motivi di coscienza, tra cui convinzioni profonde derivanti da motivi religiosi, morali, etici, umanitari o simili” – rileva sia come obiezione assoluta (cd. obiettori pacifisti) che sotto forma di obiezione parziale, ed in quest’ultimo caso tanto con riguardo al rifiuto dell’uso illegale della forza (ius ad bellum) che sotto l’aspetto del rifiuto dell’uso di mezzi e metodi di guerra non consentiti o non conformi al diritto internazionale o al diritto internazionale umanitario (ius in bello). Il rischio di coinvolgimento in atti idonei ad integrare crimini di guerra o contro l’umanità va apprezzato, in base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea (sentenza C.G.U.E., 26 febbraio 2015, nella causa C-472/13, Sheperd contro Germania), secondo il criterio della “ragionevole plausibilità”, in base al quale anche il personale ausiliario, di supporto e logistico può avvalersi dell’obiezione di coscienza, risultando comunque l’attività dallo stesso assicurata funzionale a consentire, o ad agevolare, lo svolgimento delle azioni militari. In presenza del predetto requisito di “ragionevole plausibilità” va riconosciuta la protezione internazionale al soggetto che rischi, in ragione della sua obiezione di coscienza, di essere assoggettato in patria ad una sanzione per renitenza alla leva, senza che possa attribuirsi rilevanza alla proporzionalità di quest’ultima” (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 102 dell’08/01/2021, non massimata). Ai sensi di quest’ultimo precedente, si configura come “ragionevole plausibilità” in ogni caso in cui, in ragione delle caratteristiche del conflitto, sussista il rischio che possano essere commessi, dal personale militare, crimini di guerra o contro l’umanità. Proprio in funzione dell’adozione di tale criterio, è stata estesa la tutela dell’obiezione di coscienza anche al personale logistico e di supporto, sul presupposto che l’attività da quest’ultimo assicurata sia funzionalmente diretta a rendere possibile, o comunque ad agevolare, lo svolgimento delle operazioni militari, a prescindere dal fatto che l’obiettore sia assegnato unità operative, ovvero a servizi ausiliari.

Alla luce dell’insegnamento di questa Corte, appare dunque irrilevante la circostanza – valorizzata invece dal Tribunale per escludere il riconoscimento dell’invocata protezione internazionale – che il ricorrente non abbia esibito la cartolina-precetto, da un lato in quanto non v’e’ certezza che, secondo il diritto interno (OMISSIS), le modalità di chiamata alle armi di una determinata classe di leva corrispondano a quelle a suo tempo in vigore in Italia, prima dell’abolizione della leva obbligatoria; e, dall’altro lato, in quanto il pregiudizio derivante dalla chiamata obbligatoria non è legato alla ricezione dell’avviso di arruolamento, ma al fatto che il soggetto, in quanto anagraficamente appartenente ad un determinato scaglione, sia inserito negli elenchi di chiamata. Ne’ assume rilevanza alcuna la circostanza che in (OMISSIS) siano impegnati militari professionali, in quanto ciò non esclude la contemporanea utilizzazione di militari di leva, ancorché per lo svolgimento di servizi ancillari e strumentali rispetto al vero e proprio svolgimento di azioni di guerra. Del pari, irrilevante risulta il fatto che le autorità (OMISSIS) abbiano sospeso a tempo indefinito la chiamata alle armi dal 2016, poiché la sospensione costituisce misura temporanea, che non preclude la possibilità di una successiva chiamata per l’adempimento della leva obbligatoria. Sotto quest’ultimo profilo, il Tribunale non considera che, una volta effettuata, la chiamata obbligatoria alla leva implica l’arruolamento ed alla conseguente mobilitazione, in caso di conflitto.

Per altro verso, il giudice di merito dà atto delle sanzioni penali previste per la renitenza alla leva, non contesta la condizione di obiettore di coscienza del richiedente, la cui credibilità non è chiaramente esclusa (indicativa, al riguardo, l’uso della formula ipotetica “anche volendo ritenere credibili le dichiarazioni del richiedente” contenuta a pag. 4 del decreto impugnato), e dà atto che il conflitto è in corso nella zona est del Paese, ove si registrano ripetute violazioni del cessate il fuoco, stabilito dagli accordi di Minsk del 2015.

L’impianto motivazionale del provvedimento impugnato appare fortemente carente, soprattutto nella misura in cui il Tribunale, dopo aver ritenuto sostanzialmente credibile il ricorrente, non tiene conto che questi appartiene ad un anno (il 1997) per il quale la chiamata – in base alle informazioni acquisite dallo stesso Tribunale: cfr. pag. 3 del ricorso- era attuale nel 2017, allorquando il richiedente asilo è giunto in Italia. La decisione, peraltro, si pone in aperta contraddizione con il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 7 e art. 9, par. 2, lett. e), della Direttiva n. 2004/83/CE, poiché il Giudice di merito afferma che in molti casi le pene per i renitenti alla leva sono state sospese in (OMISSIS), senza tener conto che – anche in base all’insegnamento di questa Corte – la stessa esistenza, nel diritto straniero, di una sanzione penale per il rifiuto di prestare il servizio di leva obbligatorio, a prescindere dalla sua adeguatezza, costituisce atto di persecuzione.

Da quanto precede deriva l’accoglimento dei primi tre motivi di censura proposti dal ricorrente. Restano invece assorbiti il quarto e quinto motivo di ricorso, con i quali il ricorrente lamenta, rispettivamente, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il Tribunale avrebbe erroneamente escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria (quarto motivo) e la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, egualmente in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché il giudice di merito avrebbe erroneamente escluso la sussistenza dei requisiti per il riconiscimento della tutela umanitaria (quinto motivo).

In definitiva, vanno accolti il primo, secondo e terzo motive di ricorso, mentre vanno dichiarati assorbiti il quarto ed il quinto motivo. Il decreto impugnato va di conseguenza cassato, in relazione alle censure accolte e la causa rinviata al Tribunale di Torino, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità. Il giudice del rinvio esaminerà la domanda di protezione internazionale conformandosi ai precedenti di questa Corte ed ai principi indicati in motivazione.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo, secondo e terzo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il quarto e quinto motivo; cassa la decisione impugnata nei limiti delle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Torino, in differente composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 21 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

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