Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 704 del 13/01/2011

Cassazione civile sez. II, 13/01/2011, (ud. 07/10/2010, dep. 13/01/2011), n.704

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

ENEL DISTRIBUZIONE s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-

tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Lecce Reginaldo e

Manzi Luigi, dai quali è rappresentata e difesa per procura speciale

in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in Roma, via F.

Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’Avvocato Manzi;

– ricorrente –

contro

P.C.F.A.; P.G.T.;

– intimate –

avverso la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme n. 274 del 2006,

depositata in data 8 giugno 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7

ottobre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per il ricorrente, l’Avvocato Federica Manzi, con delega;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Leccisi Giampaolo, il quale nulla ha osservato sulla relazione.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che ENEL Distribuzione s.p.a. ha impugnato per cassazione la sentenza del Tribunale di Lamezia Terme n. 274/06, depositata in data 8 giugno 2006, che ha dichiarato inammissibile l’appello da essa proposto avverso la sentenza n. 286 del 1 agosto 2002, l’ordinanza emessa in pari data e la sentenza n. 68 del 26 febbraio 2003, con le quali il Giudice di Pace di Nocera Terinese – investito da P. C.F.A. e P.G.T. di una domanda di risarcimento danni contro essa ricorrente, in relazione all’illegittimo impianto in un fondo di loro proprietà di dieci pali di sostegno per un elettrodotto ed alle sue conseguenze dannose, nonchè della domanda riconvenzionale proposta dall’Enel per ottenere l’accertamento dell’intervenuta usucapione della servitù di tenere i pali di sostegno sul fondo o la costituzione coattiva del relativo diritto, con consequenziale richiesta di rimessione dell’intera controversia al tribunale, competente per materia sulla riconvenzionale – aveva dichiarato la propria incompetenza sulla domanda riconvenzionale (sentenza n. 286 del 2002), aveva dichiarato l’inammissibilità della domanda riconvenzionale perchè non connessa con la principale (ordinanza del 1 agosto 2002), e, in accoglimento della domanda principale, aveva condannato l’Enel al risarcimento dei danni nella misura di Euro 1.032,91;

che, avviata la procedura di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ., il precedente consigliere designato, rilevata la nullità della notificazione, tentata senza esito al difensore delle parti nel giudizio di appello e alle parti personalmente, riteneva che dovesse essere ordinata alla ricorrente la rinnovazione della notificazione presso il domicilio reale del difensore delle parti intimate;

che, con ordinanza emessa all’udienza del 29 febbraio 2008, la Corte ha disposto la rinnovazione della notificazione del ricorso nei confronti delle intimate P.C.F.A. e P.G.;

che, eseguita la rinnovazione, le parti intimate non hanno svolto attività difensiva;

che, con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce violazione dell’art. 83 cod. proc. civ., sostenendo che la costituzione delle intimate in appello sarebbe stata nulla con la conseguenza che la notificazione del ricorso doveva essere effettuata alle parti personalmente;

che, con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, nullità del procedimento per falsa applicazione del previgente art. 339 c.p.c., comma 3, alla diversa fattispecie prevista dall’art. 339 c.p.c., comma 1.

che la censura si sostanzia in ciò che il Tribunale avrebbe valutato l’ammissibilità dell’appello tenendo conto di una riduzione della domanda, limitata a lire 2.000.000, laddove la domanda originaria era di risarcimento del danno nella misura di Euro 2.582,28, sicchè l’eventuale limitazione era del tutto irrilevante;

che, a conclusione del motivo, la ricorrente formula il seguente quesito di diritto: “se la riduzione della domanda, in corso di causa, da parte dell’attore, sia idonea a far rientrare tra le cause che il giudice di pace decide secondo equità, ex art. 113 c.p.c., comma 2, quella introdotta con una domanda che in base al petitum originario ne era esclusa”;

che, con il terzo motivo, di ricorso, la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 339 cod. proc. civ. (ante D.Lgs. n. 40 del 2006) in relazione all’art. 113 c.p.c., comma 2, nonchè degli artt. 7, 36 e 40 cod. proc. civ..

che la ricorrente si duole del fatto che il Tribunale abbia ritenuto precluso l’esame della propria doglianza concernente la connessione, negata dal giudice di pace, tra la domanda principale e quella riconvenzionale, e formula il seguente quesito di diritto: “se sia l’appello il mezzo di impugnazione appropriato avverso la sentenza del giudice di pace che, in presenza di una domanda principale di equità e di una domanda riconvenzionale connessa ma esclusa dalla sua competenza per materia, abbia deciso la domanda principale e abbia rimesso la sola riconvenzionale al tribunale competente per materia”;

che, all’esito del rinnovato esame preliminare, il consigliere designato ha ritenuto sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ., e ha redatto relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.

Considerato che il relatore designato, nella relazione depositata il 17 giugno 2010, ha formulato la seguente proposta di decisione:

“(…) L’intervenuta statuizione di rinnovazione della notificazione del ricorso al domicilio reale del difensore delle intimate nel giudizio di appello e l’avvenuta rinnovazione di detta notificazione da parte della ricorrente, rende il motivo inammissibile per difetto di interesse.

(,..) Il (secondo) motivo appare manifestamente fondato, trovando applicazione il principio secondo cui “la riduzione della domanda, in corso di causa, da parte dell’attore, come non può ricondurre nell’ambito della competenza del giudice adito una domanda che originariamente eccedeva la sua competenza per valore, cosi non è idonea a far rientrare tra le cause che il giudice di pace decide secondo equità, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, quella introdotta con una domanda che in base al peti tura originario ne era esclusa. Ne consegue che, proposta dinanzi al giudice di pace domanda risarcitoria senza determinazione del quantum, il valore della causa si presume rientrante nella competenza del giudice adito e, superando il valore di 1032 Euro e novantuno centesimi, comporta l’appellabilità della sentenza” (Cass., n. 9250 del 2006; Cass., n. 19060 del 2006).

(…) Il (terzo) motivo appare manifestamente fondato alla luce del principio, affermato in fattispecie analoga alla presente, secondo cui “quando in un giudizio dinanzi al giudice di pace avente ad oggetto una domanda sottoposta come tale a regola di decisione secondo equità viene proposta una domanda riconvenzionale di competenza del tribunale, la regola di giudizio – indipendentemente dalla concreta soluzione che possa avere la questione sulla sussistenza o meno della connessione ai sensi dell’art. 36 cod. proc. civ. – diventa quella di diritto, con la conseguenza che, nel regime anteriore all’attuale art. 339 cod. proc. civ. (come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 1, comma 1), la sentenza resa dal giudice di pace su entrambe le domande, cosi come la decisione parziale resa separatamente sulla riconvenzionale per negare la connessione (con irrituale declaratoria di inammissibilità per tale ragione o con rituale rimessione al tribunale della riconvenzionale) e la successiva sentenza definitiva sulla principale (anche nel caso in cui non sia stata fatta riserva avverso la parziale ed essa sia divenuta definitiva), sono da intendere pronunciate secondo diritto, con la conseguenza della loro appellabilità. Questo regime impugnatorio può escludersi, con la derivante assoggettabilità della relativa statuizione a ricorso per cassazione, solo nell’ipotesi in cui il giudice di pace abbia risolto espressamente la questione del modo della decisione pronunciandosi sul punto ed affermando che la regola di decisione sulla domanda è quella secondo equità” (Cass., n. 7676 del 2009).

Sussistono pertanto le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”;

che il Collegio condivide la richiamata proposta di decisione, alla quale non sono state rivolte critiche di sorta;

che il ricorso deve quindi essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e con rinvio al Tribunale di Lamezia Terme, che deciderà in persona di un diverso magistrato, il quale procederà a nuovo esame sulla base dei richiamati principi di diritto;

che al Giudice di rinvio è rimessa la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo e il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Lamezia Terme in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2011

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