Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7035 del 28/03/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/03/2011, (ud. 14/12/2010, dep. 28/03/2011), n.7035

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

INTESA SAN PAOLO S.P.A., (già BANCA INTESA S.P.A.), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA LEONE IV 99, presso lo studio dell’avvocato FERZI CARLO, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati POZZOLI CESARE,

CHIELLO ANGELO GIUSEPPE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

S.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DI VILLA

PAMPHILI 25, presso lo studio dell’avvocato LONGO PIERALFONSO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GRANDINETTI GIANCARLO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

e contro

G.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1014/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 26/06/2008 r.g.n. 1985/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2010 dal Consigliere Dott. FILIPPO CURCURUTO;

udito l’Avvocato FERZI CARLO;

udito l’Avvocato GIANCARLO GRANDINETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo, che ha concluso per l’accoglimento del quarto motivo

di ricorso assorbiti gli altri.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Corte d’Appello di Catanzaro ha rigettato l’appello di Banca Intesa s.p.a. contro la sentenza del Tribunale di Cosenza che, quale giudice di rinvio, a seguito di sentenza 16 luglio 1991 n. 7855 con cui questa Corte aveva cassato la sentenza del medesimo tribunale resa nel giudizio di opposizione di terzo promosso da S. C., aveva riconosciuto a quest’ultimo il diritto di esser collocato al sesto posto della graduatoria relativa a concorso indetto nel 1977 dalla Cassa di risparmio di Calabria e Lucania (CARICAL, successivamente fusa per incorporazione nella CARIPLO, a sua volta fusa per incorporazione in Banca Intesa) e poi espletato nel 1981, e ad essere promosso dirigente di secondo grado dal dicembre 1977.

La Corte territoriale ha ritenuto anzitutto che la fusione per incorporazione della CARIPLO in BANCA INTESA successivamente alla notifica dell’atto di riassunzione ed anteriormente all’udienza di comparizione delle parti non determinava l’interruzione del processo, a norma dell’art. 299 c.p.c., perchè, in base alle clausole del contratto di fusione, Banca Intesa era subentrata automaticamente in tutti rapporti, attivi e passivi, della CARIPLO e doveva considerarsi già evocata in giudizio mediante la notifica del ricorso in riassunzione a quest’ultima ed il successivo subentro nei rapporti facenti capo a detto Istituto.

La Corte di merito ha osservato, poi, che, avendo questa Corte con la sentenza rescindente rinviato la causa al Tribunale di Catanzaro quale giudice d’appello, i requisiti dell’atto di riassunzione dovevano essere valutati con riguardo al giudizio dinanzi al Tribunale e non già con riferimento alla successiva riassunzione dinanzi al Pretore di Cosenza, al quale il Tribunale, in osservanza di una specifica indicazione di questa Corte, aveva rimesso il giudizio di opposizione di terzo.

La Corte d’Appello ha poi escluso che vi fosse divergenza fra le conclusioni dell’atto di riassunzione davanti al Pretore di Cosenza e quelle dell’originario ricorso di opposizione di terzo, dove trovavano spazio sia la richiesta di annullamento, per violazione del principio del contraddittorio, della precedente sentenza del tribunale di Cosenza resa nel 1983 sia la statuizione, ivi contenuta, del riconoscimento all’avvocato G.P., altro concorrente, della promozione a dirigente a seguito dell’attribuzione di un ulteriore punteggio che lo collocava in posizione utile alla nomina.

La Corte territoriale ha osservato in proposito che non avendo la sentenza rescindente pronunziato sulla posizione dell’avvocato G., per assorbimento della relativa censura, la questione era stata correttamente sottoposta al giudice dell’opposizione di terzo, non essendosi formato giudicato sulla domanda di riconoscimento della qualifica dirigenziale da parte del S..

Secondo il giudice di merito, inoltre, non vi era stata violazione del contraddittorio nei riguardi di soggetti diversi dall’avvocato G. fra i quali era stata resa la sentenza del 1983 del Tribunale di Cosenza, perchè per taluni era venuto meno l’interesse alla partecipazione al giudizio in quanto collocati in graduatoria, per effetto della pronunzia rescindente, in posizione prioritaria rispetto al Sommaria, per altri non vi era legittimazione alla partecipazione al concorso rinnovato, per altri ancora sul diniego del diritto alla qualifica di dirigente si era formato il giudicato.

Non era fondata poi la contestazione da parte di Banca Intesa del diritto del S. alla promozione a dirigente, per erronea valutazione della posizione di altri concorrenti ( S., R. e S.) non potendo questi avanzare pretese di attribuzione alla nomina di dirigenti perchè collocati in quiescenza o perchè avevano omesso di impugnare la statuizione, contenuta nelle sentenze del 1983/20 ( R.) e 1986/659 ( S.).

Del pari infondata era la censura concernente l’erronea esclusione dell’attribuzione all’avvocato G. dell’ulteriore punteggio di 0,60 per attività forense. Doveva anzitutto escludersi che la questione relativa all’attribuzione di tale punteggio fosse oggetto di pronuncia definitiva. Il riconoscimento di tale punteggio trovava infatti riferimenti in diverse pronunzie, ma in nessuna di queste era dato riscontrare una statuizione sulla sua effettiva spettanza, non riconosciuta nella graduatoria approvata dalla CARICAL, dove il G. era collocato al posto n. 10 con punti 50,95, dopo il S., classificato al posto n. 9 con punti 51. In proposito la Corte di merito ha dichiarato di condividere la motivazione del primo giudice, osservando in particolare che l’attribuzione del maggior punteggio per l’attività professionale non poteva rinvenirsi nella prima decisione del Pretore di Cosenza in data 30 novembre 1997, nella quale il giudicante usando l’avverbio “probabilmente” aveva prospettato una mera ipotesi sulla valutazione della posizione dell’avvocato G. senza procedere a verificare nè la conformità della richiesta alle prescrizioni del bando, nè la tempestiva presentazione della domanda nè infine la ricorrenza effettiva delle condizioni per attribuzione del maggior punteggio. Nè una tale verifica era stata compiuta dalle successive decisioni richiamate nella sentenza del Tribunale oggetto dell’appello, le quali si erano limitate in sostanza a fare mero richiamo alla prima decisione, che a sua volta non conteneva alcuna positiva valutazione sulla sussistenza dei requisiti per il riconoscimento del maggiore punteggio.

Pertanto, secondo la Corte, doveva convenirsi con il Tribunale sia sulla mancanza di giudicato che sull’assenza di prova della corretta attribuzione all’avvocato G. di ulteriori punti di 0,60 rispetto a quanto riconosciuto nella graduatoria formata dalla CARICAL. In conseguenza il G. doveva essere collocato in graduatoria al settimo posto, e perciò in posizione non utile per il conferimento della nomina a dirigente. In luogo dell’avvocato G., al sesto posto, ultimo utile per tale nomina, doveva invece essere collocato il S., che aveva pertanto diritto alla qualifica di dirigente di secondo livello a decorrere dal 19 dicembre 1977.

Di questa sentenza INTASA San Paolo S.p.A. già Banca Intesa S.p.A. chiede la cassazione sulla base di otto motivi di ricorso.

S.C. resiste con controricorso. G.P. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 299 c.p.c. e dell’art. 2504 bis c.c. nel testo anteriore alla modifica apportatavi dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, Insufficiente motivazione.

Si sostiene che nel vigore dell’art. 2504 bis. c.c. prima della modifica al primo comma introdotta dal decreto legislativo in epigrafe, il giudizio riassunto con atto notificato a società successivamente incorporata, prima dell’udienza di comparizione, in altra società è automaticamente interrotto a norma dell’art. 299 c.p.c..

Il motivo è infondato.

In tema di fusione, l’art. 2504 bis cod. civ. introdotto dalla riforma del diritto societario (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) ha natura innovativa e non interpretativa e, pertanto, il principio, da esso desumibile, per cui la fusione tra società si risolve in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo, non vale per le fusioni (per unione od incorporazione) anteriori all’entrata in vigore della nuova disciplina (1 gennaio 2004), le quali tuttavia pur dando luogo ad un fenomeno successorio, si diversificano dalla successione “mortis causa” perchè la modificazione dell’organizzazione societaria dipende esclusivamente dalla volontà delle società partecipanti, con la conseguenza che quella che viene meno non è pregiudicata dalla continuazione di un processo del quale era perfettamente a conoscenza, così come nessun pregiudizio subisce la incorporante (o risultante dalla fusione), che può intervenire nel processo ed impugnare la decisione sfavorevole.

Ad esse, di conseguenza non si applica la disciplina dell’interruzione di cui agli artt. 299 e segg., c.p.c. (Cass. Sez. un. 19698/2010).

Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 392, 354 c.p.c. e art. 125 disp. att. c.p.c..

Insufficiente motivazione.

Si addebita alla sentenza impugnata di aver rigettato l’eccezione di nullità e/o inammissibilità dell’atto di riassunzione dinanzi al Pretore del lavoro di Cosenza per l’assenza di ogni richiamo dell’originario atto introduttivo del giudizio di fronte a quel giudice, senza considerare che l’art. 125 disp. att. c.p.c., trova applicazione in ogni singolo atto di riassunzione e che la sentenza rescindente 7855/1991 di questa Corte aveva chiaramente indicato la necessità per il Tribunale, designato come giudice di rinvio, di una separazione delle cause con ulteriore rimessione di una di esse al Pretore.

Il motivo è infondato.

La sentenza rescindente ha designato come giudice di rinvio il Tribunale sicchè la valutazione dell’ammissibilità della riassunzione doveva esser fatta con riferimento al giudizio celebratosi dinanzi a quel giudice, la rimessione al Pretore, previa separazione delle cause, dovendo considerarsi evento successivo condizionato alla solo ammissibilità della riassunzione dinanzi al giudice che quella rimessione avrebbe dovuto in seguito disporre.

Il terzo motivo di ricorso denunzia vizio di motivazione.

La censura riguarda la diversità fra le conclusioni originali e quelle dell’atto di riassunzione, diversità che sarebbe stata esclusa dal giudice di merito con motivazione della quale venne denunziata l’insufficienza.

Il motivo è infondato.

Come risulta dalla lettura delle conclusioni del ricorso in opposizione di terzo e di quelle del ricorso in riassunzione, riportate nel ricorso ora in esame, il nucleo comune ad entrambe gli atti è la richiesta del S. di accertamento del proprio diritto all’inquadramento come dirigente di grado secondo dal 19 dicembre 1977. Per contro la richiesta di accertamento del punteggio da attribuire al concorrente G., contenuta specificamente nell’atto di riassunzione, ha carattere strumentale rispetto alla detta declaratoria, sicchè non illogicamente la Corte di merito ha ritenuto che essa trovasse spazio anche nel ricorso in opposizione di terzo, visto che in esso era stata comunque dedotta l’erroneità del punteggio attribuito al G..

Il quarto motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 102 e 404 c.p.c. Insufficiente motivazione.

Si addebita alla sentenza impugnata di avere,in violazione delle norme in epigrafe, e con motivazione inconsistente, rigettato l’eccezione di nullità della sentenza resa dal Tribunale di Cosenza, fondata sulla mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti coloro che avevano partecipato al giudizio di legittimità conclusosi con la sentenza rescindente 7855/1991.

Il motivo è fondato.

Nel giudizio definito con la cit. sentenza rescindente n. 7855/1991 di questa Corte, oltre alla Carical ed a G.P., erano stati intimati, P.B., F.F., M.V., P.R., S.I., N.A. e R. L..

In sede di rinvio il giudizio è stato riassunto nei soli confronti della Carical e del G..

In caso di cassazione con rinvio fra “iudicium rescindens” e “iudicium rescissorium” vi è perfetta correlazione quanto al rapporto processuale, che pertanto non può legittimamente costituirsi davanti al giudice di rinvio se non vengono chiamate in giudizio tutte le parti nei cui confronti è stata emessa la pronuncia rescindente e quella cassata, configurandosi la citazione in riassunzione davanti al detto giudice non quale atto di impugnazione, ma come atto di impulso processuale in forza del quale la controversia per i caratteri ed i limiti del giudizio di rinvio da luogo a litisconsorzio necessario processuale fra gli stessi soggetti che furono parti nel processo di cassazione. Ne consegue che nel caso in cui il giudizio di rinvio sia stato tempestivamente instaurato, con la citazione nel termine di legge di una sola o di alcune soltanto di dette parti, il giudice adito deve disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre parti alle quali non sia stata effettuata la notificazione dell’atto introduttivo, (Cass. 538/2000; conf. 10322/2004; Cass. 6829/1998;

nello stesso ordine di idee v. altresì, fra le molte, Cass. 13083/2004; 371 7/2010).

La valutazione della mancanza di interesse da parte degli intimati a partecipare al giudizio posta dalla Corte d’appello a base della sua statuizione di rigetto dell’eccezione di nullità avrebbe potuto esser quindi resa solo dopo la rituale costituzione del contraddittorio nei confronti di dette parti.

In accoglimento di tale motivo la sentenza va quindi cassata con rinvio ad altra Corte d’Appello, mentre gli ulteriori motivi restano assorbiti.

P.Q.M.

Rigetta i primi tre motivi del ricorso, accoglie il quarto motivo, assorbiti gli ulteriori motivi; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’Appello di Reggio Calabria.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2011

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