Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7034 del 28/03/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/03/2011, (ud. 14/12/2010, dep. 28/03/2011), n.7034

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RICASOLI N.

7, presso lo studio dell’avvocato MUGGIA ROBERTO, che la rappresenta

e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ERGIFE S.P.A., (già Ergife s.r.l.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FLAMINIA 79, presso lo studio dell’avvocato CIOCIOLA ROBERTO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

contro

COOPERATIVA GLOBO SERVICE S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3100/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/09/2006 R.G.N. 5342/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2010 dal Consigliere Dott. FILIPPO CURCURUTO;

udito l’Avvocato MUGGIA ROBERTO;

udito l’Avvocato CIOCIOLA ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FEDELI Massimo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La Corte d’Appello di Roma, confermando la sentenza del Tribunale, ha rigettato e domande proposte da C.A. contro la Ergife S.p.A. e la società cooperativa Globo Service a r.l. dirette all’accertamento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 13 agosto 1996 alle dipendenze della società Ergife, ai sensi della L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1, in relazione all’attività svolta nell’albergo da questa gestito, e dell’illegittimità o inefficacia dell’allontanamento dal rapporto di lavoro, equivalente a licenziamento, comunicato alla C. con telegramma del 21 novembre 1996.

La Corte d’Appello, per quanto interessa, premesso che le doglianze dell’appellante riguardavano la mancata considerazione di testimonianze a essa favorevoli, la mancata audizione di un teste di riferimento come persona informata dei fatti nonchè la difformità tra l’oggetto dell’appalto stipulato tra l’Ergile e la Globo Service e l’effettivo svolgimento dello stesso, ha ritenuto infondato il gravame con la seguente motivazione.

La Corte di merito riferisce anzitutto come pacifica la circostanza la circostanza che le lavoratrici della Globo Service fossero impiegate anche nel rifacimento dei letti dell’hotel, mansione espressamente esclusa dal contratto di appalto, avente ad oggetto la pulizia degli ambienti ed eventualmente anche delle camere ai piani, ma ritiene che ciò configuri inadempimento del contratto di appalto, non idoneo da solo a determinare l’ipotesi di interposizione illecita della manodopera.

Il giudice il merito richiama quindi i principi affermati da questa Corte in tema di appalto vietato di manodopera, osservando che tale ipotesi è configurarle in presenza di elementi presuntivi considerati dalla L. n. 1369 del 1960, art. 1, comma 3, ossia nel caso di capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appellante, come pure nel caso di attività esplicate all’interno dell’azienda appaltante, salvo che l’appaltatore non dia vita in tale ambito ad un’organizzazione lavorativa autonoma e non assuma, con la gestione dell’esecuzione e la responsabilità del risultato, il rischio d’impresa relativo al servizio fornito.

Ciò premesso, la Corte territoriale ritiene necessario verificare se nel caso di specie sia stata data la prova dell’inesistenza di un’effettiva autonoma struttura organizzativa facente capo alla Globo Service. In proposito essa richiama i contenuti dell’audizione del teste di riferimento, ed osserva che da questa testimonianza risulta confermato quanto già emerso nel giudizio di primo grado ossia che il lavoro delle socie della cooperativa presso l’hotel Ergife era organizzato, diretto e controllato dai dipendenti della stessa cooperativa, benchè la società appaltante controllasse mediante i suoi responsabili l’esecuzione del servizio di pulizia appaltato.

Questa conclusione non poteva considerarsi contraddetta dall’affermazione resa dal legale rappresentante della società Ergife, secondo cui presso l’hotel ogni mattina era presente una rappresentante della cooperativa che rilevava la presenza dei dipendenti della stessa, gli specifici compiti dei quali venivano determinati in base alle esigenze della giornata e prima del loro ingresso al posto di lavoro da una governante delle Ergife. ma previa intesa con la suddetta rappresentante.

La Corte riferisce inoltre che dalle dichiarazioni dei testimoni risultava che macchine, attrezzi e altro materiale necessario per le pulizie erano di proprietà della cooperativa e che questa era dotata inoltre di una propria organizzazione amministrativa. In conclusione risultava che la Globo Service, cooperativa con un’effettiva struttura aziendale, quotidianamente dirigeva attraverso propri responsabili l’attività lavorativa della ricorrente e delle altre socie lavoratrici alle quali procurava gli strumenti di lavoro nell’ambito dell’esecuzione di un appalto effettivo.

Infine, la corte di merito aggiunge che, pur dando rilievo a dichiarazioni contrastanti con tale quadro, quali in particolare quelle di una teste richiamata dall’appellante, non si sarebbe mai potuto ritenere che la non univocità delle acquisizioni istruttorie equivalesse a prova dell’inesistenza di un’effettiva autonoma struttura organizzativa facente capo alla cooperativa, prova in assenza della quale non poteva ritenersi violato la L. n. 1369 del 1960, art. 1.

Contro questa sentenza C.A. propone ricorso sulla base di un unico motivo, illustrato anche da memoria. La Ergife s.p.a resiste con controricorso. La Globo Service s.c.a.r.l. è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

L’unico motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 1369 del 1960, artt. 1 e 3 e dell’art. 2094 c.c., nonchè motivazione carente e contraddittoria.

Si addebita alla sentenza impugnata di aver considerato rilevante nei soli rapporti interni fra appaltarne e appaltatore la circostanza che il servizio di pulizia delle stanze fosse estraneo a contratto di appalto, trascurando che tale servizio costituiva elemento essenziale del ciclo produttivo relativo alla gestione dell’albergo, tanto da esser svolto anche da dipendenti della Ergife. Si addebita inoltre alla sentenza di aver trascurato le risultanze istruttorie che rendevano evidente il ruolo di direzione nei confronti dei lavoratori della cooperativa svolto da dipendenti dell’Ergife, e di aver valorizzato la sola esistenza astratta di una struttura organizzativa della Globo Service non considerando invece la mancanza effettiva di una sua diretta gestione del lavoro presso la struttura alberghiera.

Il motivo è infondato.

La L. 23 ottobre 1960, n. 1369, espressamente abrogata dal D.Lgs. n. 276 del 2003, ma applicabile alla controversia ratione temporis, nell’art. 1, comma 1, vieta all’imprenditore “di affidare in appalto o in subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a società cooperative, l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro mediante impiego di mano d’opera assunta e retribuita dall’appaltatore o dall’intermediario, qualunque sia la natura dell’opera o del servizio cui le prestazioni si riferiscono” e nel comma 3 stabilisce che: è considerato appalto di mere prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o subappalto, anche per esecuzione di opere o di servizi, ove, l’appaltatore impieghi capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante, quand’anche per il loro uso venga corrisposto un compenso all’appaltante”.

L’art. 1, comma 5 e u.c. dispone infine che “I prestatori di lavoro, occupati in violazione dei divieti posti dal presente articolo, sono considerati, a tutti gli effetti, alle dipendenze dell’imprenditore che effettivamente abbia utilizzato le loro prestazioni”.

Il successivo art. 3 della legge in esame prevede poi che “gli imprenditori che appaltano opere o servizi, compresi i lavori di facchinaggio, di pulizia e di manutenzione ordinaria degli impianti, da eseguirsi nell’interno delle aziende con organizzazione e gestione propria dell’appaltatore, sono tenuti in solido con quest’ultimo a corrispondere ai lavoratori da esso dipendenti un trattamento minimo inderogabile retributivo e ad assicurare un trattamento normativo, non inferiori a quelli spettanti ai lavoratori da loro dipendenti”.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro (L. 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1), in riferimento agli appalti “endoaziendali”, caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attività, ancorchè strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore – datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo. (Cass. 2002/14302 che nel caso di specie, relativo a due lavoratori che avevano svolto compiti di fattorino e di commesso, rientranti nel ciclo produttivo dell’azienda Ferrovie dello Stato, ma inseriti nella organizzazione della cooperativa di servizi della quale erano soci, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso l’illiceità dell’appalto, disponendo ulteriori accertamenti di merito al fine di verificare se nella fattispecie vi sia stato un lecito appalto di servizi o una ipotesi vietata di mera fornitura di mano d’opera;

Cass. 2008/9264).

Sono leciti in altri termini gli appalti di opere e servizi che, pur espletatali con mere prestazioni di manodopera, costituiscano un servizio in sè, svolto con organizzazione e gestione autonoma dell’appaltatore, senza diretti interventi dispositivi e di controllo dell’appaltante sulle persone dipendenti dall’altro soggetto (Cass. 8643/2001, che nella specie ha confermato la decisione di merito che aveva escluso l’illiceità di un appalto avente ad oggetto il facchinaggio in un caso in cui il lavoratore non era sottoposto al potere direttivo del committente e aveva messo a disposizione di questo le sue energie lavorative per il compimento di attività richiesta nell’ambito della struttura organizzativa e produttiva dell’appaltante; Cass. 15693/2009 che ha confermato la decisione di.

merito che aveva escluso la illiceità dell’appalto avente ad oggetto la prestazione di servizi di pulizia svolti dai soci lavoratori di una cooperativa a favore di una società alberghiera, senza che fossero , sottoposti al potere direttivo della committente che si era limitata a fornire le direttive generali).

In tale ordine di idee è stato peraltro precisato che in tema di divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro in riferimento agli appalti endoaziendali. non è sufficiente verificare che l’appalto venga concluso con un soggetto dotato di una propria ed effettiva organizzazione, occorrendo accertare, in primo luogo, se, a termini di contratto, la prestazione lavorativa debba essere resa nell’ambito di un’organizzazione e gestione propria dell’appaltatore, in quanto finalizzata ad un autonomo risultato produttivo e, all’esito positivo di tale indagine, la concreta esecuzione del contratto e, quindi, l’esistenza, anche in fatto, dell’autonomia gestionale dell’appaltatore esplicata nella conduzione aziendale, nella direzione del personale, nella scelta delle modalità e dei tempi di lavoro. (Cass. 2009/5648 che nella specie ha cassato la decisione della corte territoriale, che aveva valorizzato elementi privi di rilievo dirimente, quali la permanenza dei poteri di gestione amministrativa in capo alla cooperativa, connaturale, invece, alle ipotesi di intermediazione vietata, valutato in modo inidoneo, sotto il profilo logico giuridico, la rilevanza degli ordini di servizio impartiti dai capistazione delle Ferrovie dello Stato agli addetti alla vigilanza dei passaggi a livello e i controlli sul loro operato, ascrivendoli ad un mero coordinamento tecnico e funzionale del servizio assunto dalla società appaltatrice, senza distinguerlo dalla direzione del servizio, intesa come ingerenza tecnica nella prestazione lavorativa).

In sostanza, è decisiva la considerazione degli aspetti specifici della vicenda.

Il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro di cui alla L. n. 1369 del 1960, art. 1, diretto a proteggere i lavoratori da forme di sfruttamento conseguenti alla dissociazione tra la titolarità formale del rapporto e la sua effettiva destinazione, cioè fra l’autore dell’assunzione e l’effettivo beneficiario delle prestazioni lavorative – che opera oggettivamente.

prescindendo dall’intento fraudolento o simulatorio della parti ed anche in un momento successivo alla costituzione del rapporto – può infatti esser violato anche da soggetti titolari di una propria organizzazione autonoma, che professionalmente abbiano assunto appalti regolari di opere e servizi, se essi in concreto abbiano posto in essere un contratto di fornitura di manodopera, di modo che la situazione effettiva della prestazione di lavoro a favore e sotto il potere direttivo dell’interponente è sufficiente a realizzare la fattispecie legale della violazione del divieto ed a giustificare la conseguenza che i lavoratori siano considerati – a tutti gli effetti – alle dipendenze del soggetto che ne aveva effettivamente utilizzato le prestazioni lavorative. (Cass. 2008/3861 che ha ritenuto sussistere un’ipotesi di intermediazione anche se il datore di lavoro interposto aveva adottato un modello organizzativo nuovo del lavoro dei dipendenti attraverso l’introduzione della figura di un responsabile, posto che detto modello si era innestato sul rapporto di lavoro precedente tra ‘ lavoratore ed interposto già connotato dai caratteri dell’interposizione).

La Corte di merito non si è affatto discostata da tali principi.

Anzitutto la eventuale diversità fra il contenuto originario del contratto di appalto e la sua applicazione concreta a servizi ivi non previsti, qualora questi vengano resi dall’appaltatore senza violazione del divieto posto dall’art. 1 della legge resta, come ritenuto dal giudice di merito, irrilevante, in quanto circostanza che di per se non incide sulla dissociazione fra titolarità formale ed effettiva destinazione dei rapporto.

La Corte territoriale ha poi accertato, sulla base delle dichiarazioni di un teste da essa esaminato quale teste di riferimento a sua volta conformi a quelle di altro teste valorizzate dalla sentenza di primo grado, che alla organizzazione, direzione e controllo del lavoro delle socie della cooperativa, provvedevano dipendenti della stessa e che alla cooperativa appartenevano anche gli strumenti e il materiale necessario per l’esecuzione dell’appalto. La Corte ha dato atto anche della esistenza di dichiarazioni testimoniali divergenti, ma ha ritenuto che ciò non equivalesse a prova dell’inesistenza di una effettiva autonoma struttura organizzativa in capo alla Globo Service s.r.l., nè si comprende come tale valutazione, che conclude una più che puntuale analisi delle testimonianze, possa esser considerata, come sostiene la ricorrente, viziata da genericità e perciò inidonea a fornire adeguata motivazione.

La conclusione è che nella decisione impugnata non vi è alcuna violazione di legge e che il motivo di ricorso si risolve sostanzialmente nella, qui inammissibile, richiesta di nuova valutazione dell’istruttoria.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite nei confronti della parte resistente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese in favore della resistente, in Euro 25,00 per esborsi ed in Euro 2500,00 per onorari, nonchè IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2011

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