Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7033 del 21/03/2018


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Cassazione civile, sez. trib., 21/03/2018, (ud. 31/01/2018, dep.21/03/2018),  n. 7033

Fatto

Con sentenza del 16.6.2010 la Commissione Tributaria Regionale della Campania respingeva l’appello avverso la sentenza n. 43/26/2008 della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, confermando, il rigetto del ricorso proposto dalla R.C. Gas. S.r.L avverso avviso di accertamento a fini IRPEG, IRAP e IVA per l’anno 2002, con cui era stata contestata l’omessa auto.-fatturazione da parte della società Covermax S.r.l., in qualità di cessionario, di litri 4.149.904 di acqua ragia minerale, acquistata solo fittiziamente dalla prima società e destinata in realtà, esente da accise, alla società ricorrente.

Avverso la sentenza della CTR ha proposto ricorso per cassazione la società indicata in epigrafe, affidato a sei motivi.

Con un primo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa pronunzia della CTR in merito ai seguenti motivi di appello, già proposti dalla ricorrente: primo, secondo, quarto, sesto ed ottavo.

Con un secondo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, che la C.T.R. avrebbe omesso di illustrare le ragioni poste a fondamento dell’adottata decisione di conferma della pronuncia di primo grado.

Con un terzo motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, lamentando carenza di motivazione, nella sentenza impugnata, circa la condivisione della sentenza primo grado.

Con un quarto motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.L. n. 546 del 1994, art. 2 quater, comma 1 bis e 1 quinquies, nonchè D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, art. 41 bis e art. 67, ed “motivazione omessa o insufficiente su un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, lamentando carenza di motivazione circa l’accertamento dell’illegittimità dell’atto di revoca in autotutela, da parte dell’Ufficio, del primo avviso di accertamento notificato alla ricorrente, sostituito con quello oggetto del presente giudizio, con conseguente violazione delle norme indicate in premessa per carenza di potere dell’Ufficio di agire in autotutela senza i necessari presupposti e per violazione del divieto di doppia imposizione.

Con un quinto motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 51, “omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, lamentando carenza di motivazione, nella sentenza impugnata, circa l’esistenza o meno del processo verbale di constatazione posto a base dell’accertamento.

Con un sesto motivo ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, “omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio” e violazione degli artt. 2727 e 2697 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, lamentando che la CTR avrebbe omesso di indicare gli elementi di fatto, ritenuti fonti di presunzione a favore dell’Ufficio, e di valutare gli elementi di prova forniti dalla ricorrente per superare le presunzioni dell’Ufficio.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso, deducendo l’infondatezza del ricorso principale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Il primo motivo di ricorso è parzialmente fondato.

1.2. La ricorrente deduce la violazione, da parte della Commissione Regionale, dell’art. 112 c.p.c., perchè avrebbe omesso di pronunciarsi sul primo motivo di appello, con cui era stato eccepito l'”intervenuto giudicato penale sui fatti oggetto della presente controversia” in relazione alla sentenza n. 1336/2008, emessa dal Tribunale Penale di Nola, che aveva assolto, per insussistenza del fatto, il legale rappresentante della RC Gas S.r.l., dall’accusa di aver destinato ad uso diverso (autotrazione-soggetto ad accisa) il prodotto petrolifero esente (acquaragia minerale), estratto dal deposito fiscale dell’ENI Spa di (OMISSIS), e originariamente destinato ad uso diverso dalla carburazione e combustione (esente da accise), negli anni 2002 e 2003.

1.3. Il motivo di ricorso, sul punto, è fondato, in quanto la CTR avrebbe dovuto esaminare in sentenza le suddette doglianze della ricorrente considerato anche che, sebbene nel processo tributario, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perchè il fatto non sussiste”, non spieghi automaticamente efficacia di giudicato, ancorchè i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, essa può tuttavia essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal Giudice tributario, il quale nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta sentenza è destinata ad operare (cfr. Cass. n. 10578/2015).

1.4. Tale questione, invece, è stata totalmente omessa dalla sentenza impugnata.

1.5. La ricorrente lamenta, inoltre, la violazione da parte della CTR dell’art. 112 c.p.c. per aver omesso di pronunciarsi sul sesto motivo di appello, con cui era stata lamentata l’errata determinazione, da parte dell’Ufficio, nel calcolo dei ricavi che si assumevano evasi, della percentuale di ricarico e la sua equiparazione all’accisa evasa.

1.6. Tale censura è parimenti fondata, avendo la CTR del tutto omesso di pronunciarsi sulla domanda in questione.

1.7. Non trovano, invece, fondamento le censure relative al secondo motivo di appello (omesso esame da parte della CTR della “questione relativa alla presunta illegittimità dell’atto oggetto di revoca in autotutela”), al quarto motivo di appello, con cui era stata denunciata la “nullità derivata dell’atto impugnato per nullità degli atti presupposto”, ed in particolare del p.v.c. datato 3.9.2004 della Polizia Tributaria di Napoli, che si assumeva mai notificato alla ricorrente, ed all’ottavo motivo di appello (circa l’insussistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti a favore della tesi dell’Ufficio), atteso che il rapporto tra le istanze delle parti e la pronuncia del Giudice può dare luogo a due diversi tipi di vizi: se il Giudice omette del tutto di pronunciarsi su una domanda od un’eccezione, ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per errpr in procedendo, censurabile in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4; se, invece, il Giudice si pronuncia sulla domanda o sull’eccezione, ma senza prendere in esame una o più delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell’ambito di quella domanda o di quell’eccezione, ricorrerà un vizio di motivazione, censurabile in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

1.8 Nel caso di specie la CTR risulta, in realtà, aver preso in esame le questioni oggetto di doglianza, laddove ha affermato testualmente che il “P.V.C. redatto dalla Guardia di Finanza…(era stato)… regolarmente consegnato all’amministratore della società RC Gas S.r.L.”, ha richiamato anche l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in merito alla sostituzione di precedenti atti viziati da parte dell’Amministrazione, in autotutela, ed ha affermato, seppure laconicamente, la sussistenza di presunzioni gravi, precise e concordanti alla base del metodo di accertamento adottato dall’Ufficio.

1.9. Ogni doglianza della ricorrente circa la soluzione delle suddette questioni da parte della CTR in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione, andava quindi denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

2.1. E’ altresì infondata la censura – dedotta con il secondo motivo di ricorso – di nullità della sentenza per mancanza di motivazione; non può infatti dubitarsi che una motivazione esista e che non sia meramente apparente, consentendo la stessa di comprendere quali siano le ragioni della decisione adottata (legittimità dell’atto di revoca in autotutela del precedente avviso di accertamento nei confronti della ricorrente e sussistenza di idonei elementi presuntivi a supporto del metodo di accertamento adottato dall’Ufficio).

2.2. L’omessa pronuncia, quale vizio della sentenza, può essere quindi utilmente prospettata esclusivamente in riferimento alla mancanza di qualsiasi decisione da parte del Giudice in ordine ad una domanda che gli è stata ritualmente proposta sì da dar luogo all’inesistenza di una decisione sul punto per la mancanza di un provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto; nella specie, come si è detto, seppur succintamente, la CTR ha emesso una pronuncia sulle domande svolte dall’appellante, al che consegue il rigetto del secondo motivo di ricorso.

3.1. E’ infondato anche il terzo motivo di ricorso, con cui è stato denunciato il vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata.

3.2. Si sostiene, invero, che la CTR avrebbe del tutto disatteso l’onere motivazionale mediante generico rinvio, per relationem, alla motivazione della CTP, senza in alcun modo esplicitare le ragioni del rigetto dei motivi di impugnazione articolati dall’appellante; il mezzo è inammissibile in quanto la questione avrebbe dovuto essere dedotta sub specie di omissione di pronuncia da parte della CTR nella pronuncia impugnata (insussistente, nel caso in esame, come illustrato con riguardo al secondo motivo di ricorso), non già come omessa motivazione.

3.3. L’omessa motivazione attiene, invero, al giudizio di fatto concretamente operato; donde non è pertinente richiamarla ove si deduca l’omesso esame di una domanda o di una censura.

4.1. Con riguardo al quarto motivo di ricorso, le censure sia di omessa motivazione, sia di violazione e falsa applicazione di legge, da parte della CTR in merito alla legittimità dell’atto di revoca, in autotutela, con emissione di nuovo atto impositivo, devono essere egualmente ritenute infondate.

4.2. Laddove è stata censurata l’omessa ed insufficiente motivazione, si osserva infatti che il ricorrente non si duole in realtà della ricostruzione dei fatti controversi, ma della congruenza delle argomentazioni giuridiche in merito alla legittimità dell’atto di revoca in autotutela solo “in presenza di una causa di nullità formale dell’atto”, in relazione alla quale non è predicabile il vizio di motivazione.

4.3. Il ricorrente deduce, altresì, l’erronea interpretazione nella sentenza impugnata del D.L. n. 546 del 1994, art. 2 quater, comma 1 bis e 1 quinquies, nonchè del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, artt. 41 bis e 67 avere la CTR omesso di rilevare che l’atto oggetto di revoca da parte dell’Ufficio, in autotutela, era esente da vizio di “nullità formale”.

4.4. Il motivo è infondato alla luce del principio costantemente affermato da questa Corte, da ultimo ribadito con sentenza n. 22827/2013, secondo cui in materia tributaria il potere della pubblica amministrazione di provvedere in via di autotutela all’annullamento di Ufficio o alla revoca, anche in pendenza di giudizio o di non impugnabilità, degli atti illegittimi od infondati è espressamente riconosciuto dal D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2 quater, comma 1, convertito, con modifiche, in L. 30 novembre 1994, n. 656; nell’ambito di tale potere va ricompreso anche il, potere di rinuncia all’imposizione illegittima o infondata in caso di autoaccertamento (D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, art. 1, recante il regolamento di attuazione emanato ai sensi del predetto D.L. n. 564 del 1994, art. 2 quater).

4.5. Alla stregua degli indicati principi deve essere risolta la questione sottoposta all’esame del Collegio concernente la legittimità dell’atto di annullamento di un atto impositivo, disposto in via di autotutela.

4.6. Nella specie, infatti, è pacifico che l’Amministrazione finanziaria, ritenendo il precedente atto (avviso di accertamento in materia IVA, IRPEG ed IRAP per l’anno 2002) illegittimamente adottato (è espressamente indicato nell’avviso di accertamento, trascritto puntualmente in ricorso, che il precedente atto impositivo doveva essere annullato ìn quanto lo stesso “a seguito di esame della complessa posizione fiscale (della R.C.Gas) è da ritenersi carente di motivazione ed inadeguato ad una valida difesa della Società in sede giurisdizionale, per cui detto accertamento, in forza della normativa teste citata in tema di Autotutela, è a ritenersi annullato e sostituito dal presente atto”), si è limitata, con atto notificato alla contribuente, a disporne l’annullamento ed a sostituirlo con l’avviso di accertamento impugnato nel giudizio in oggetto.

4.7. Questi i termini fattuali della vicenda processuale, non appare allora revocabile in dubbio che vada esente da censure il mancato annullamento, da parte della CTR, dell’atto da ultimo notificato alla Società, atteso che, come dianzi illustrato, in tema di accertamento tributario, è legittimo il comportamento dell’amministrazione finanziaria che annulli un avviso di accertamento, già notificato al contribuente e, nell’esercizio del potere generale di autotutela, diverso dal potere previsto da D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, lo sostituisca con un nuovo avviso, nel rispetto del presupposto temporale, da un lato, della mancata formazione del giudicato sull’accertamento emesso dall’amministrazione (D.P.R. 27 marzo 1992, n. 287), e dall’altro, della mancata scadenza del termine decadenziale fissato per l’esercizio del potere di accertamento tributario dalle singole leggi d’imposta (cfr. Cass. n. 2531/2002 cit.), ipotesi neppure dedotte dalla ricorrente.

5.1. Il quinto motivo risulta infondato, ancorchè la motivazione sul punto della sentenza impugnata vada corretta ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c.

5.2. Nella specie, la mancata motivazione, da parte della CTR, circa l’eccepita mancata notifica alla ricorrente del processo verbale di constatazione, posto a base dell’impugnato avviso di accertamento, non assume rilievo ai fini della decisione della controversia, non avendo affatto determinato la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una decisione diversa da quella adottata, e non avendo quindi viziato la stessa sentenza sul piano della correttezza giuridica.

5.3. Occorre richiamare, invero, la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui la L. n. 212 del 2000, art. 12 (c.d. Statuto del contribuente) – che al comma 7 sancisce l’invalidità dell’avviso di accertamento emesso prima dei 60 giorni dalla notifica del p.v.c.; cfr. Cass. S.U. n. 18184/2013 – trova applicazione, come da espressa previsione legislativa, solo nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria proceda ad accessi, ispezioni, verifiche fiscali “nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali” (cfr. Cass. ord. n. 3408/2017, sent. n. 3142/2014; id n.13588/2014 la quale, peraltro, richiama sul punto il tenore testuale della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 18184/2013).

5.4. La normativa dianzi citata non poteva ritenersi quindi applicabile nel caso in cui, come nella specie, l’accertamento non abbia richiesto alcun tipo di accesso nei locali della contribuente, essendo pacifico che il processo verbale di constatazione sia stato redatto dall’Agenzia delle Entrate sulla base dei risultati di una verifica effettuata da ufficiali di Polizia Giudiziaria nell’ambito di un procedimento penale a carico della contribuente e non nell’ambito di una verifica fiscale condotta nei locali dell’impresa, come espressamente previsto al comma 1 della disposizione in esame.

5.5. Ne consegue che la mancata notifica del processo verbale di constatazione costituiva, in ogni caso, un elemento inidoneo a determinare una decisione diversa da quella adottata, sul punto, dalla CTR nel respingere le doglianze dell’appellante.

6.1. Il sesto motivo di ricorso, con il quale la ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2697 c.c., D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 nonchè vizio di motivazione, per non avere la CTR, nella sentenza impugnata, indicato nè le presunzioni gravi, precise e concordanti poste alla base dei metodo di accertamento adottato dall’Ufficio, nè esaminato la prova contraria fornita dalla contribuente, trova invece fondamento.

6.2. Manca difatti nella sentenza impugnata l’esplicitazione delle ragioni in base alle quali il Giudice d’appello ha respinto sul punto l’appello della contribuente; del tutto insufficienti a giustificare la decisione sono le apodittiche affermazioni secondo cui “il metodo di accertamento adottato, il cd. metodo analitico-induttivo, è legittimo sussistendo alla sua base presunzioni gravi, precise e concordanti, così come previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, che lasciano ritenere, senza dubbio alcuno, che le quantità di acqua ragia prelevate nell’anno 2002 siano state acquistate dalla R.C. Gas S.r.L. per il tramite della società Covermax S.r.L. che simulava l’acquisto di merce realmente destinata alla società” contribuente.

6.3. Nel caso di specie la sentenza impugnata risulta quindi decisamente insufficiente quanto alle motivazioni esposte a sostegno della ritenuta esistenza degli elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, addotti dall’Ufficio a sostegno dell’atto impositivo, avendo la CTR omesso di esaminare, in modo analitico e attraverso una ponderazione complessiva, le ragioni prospettate dall’Agenzia e dalla contribuente, che aveva prodotto copiosa documentazione a supporto delle sue difese (elencata analiticamente alle pagg. 69-72 ricorso).

6.4. Sussiste anche la denunciata violazione di norme di diritto, atteso che in tema di presunzioni, qualora il Giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri individuatori della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all’art. 360 c.p.c., n. 3, (e non già alla stregua dello stesso art. 360, n. 5), competendo alla Corte di Cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’art. 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta (cfr. Cass. n. 19485/2017).

7. Sulla base di tutte le considerazioni che precedono vanno accolti la prima e la sesta censura del primo motivo, nonchè il sesto motivo di ricorso, rigettati gli altri motivi, con rinvio alla competente CTR, in diversa composizione, per nuovo esame e per la regolamentazione anche delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso in relazione all’omessa pronuncia del primo e del sesto motivo di appello, accoglie altresì il sesto motivo di ricorso, respinte tutte le altre censure, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, il 31 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2018

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