Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7032 del 24/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 24/03/2010, (ud. 13/01/2010, dep. 24/03/2010), n.7032

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 73, presso lo studio dell’avvocato NANNI NICOLA,

rappresentato e difeso dagli avvocati SCOZZARI GIUSEPPE, DANILE

GIUSEPPE, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GRANOZZI GAETANO, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 685/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 29/06/2005 R.G.N. 844/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

13/01/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI NUBILA;

udito l’Avvocato DANILE GIUSEPPE;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato in data 29.8.2001, C.A., già dipendente della spa Poste Italiane, impugnava il licenziamento intimatogli in data 12.12.2000. Deduceva l’attore che la società, senza attendere l’esito di un giudizio penale ed “erigendosi ad autorità giudicante”, lo aveva ritenuto responsabile di gravi reati.

Il comportamento del datore di lavoro traeva origine da un provvedimento restrittivo della libertà personale, di per sè non comportante il licenziamento, ma al più la sospensione cautelare.

Previa costituzione ed opposizione di Poste Italiane, il Tribunale di Agrigento respingeva la domanda attrice.

2. Proponeva appello il C. e la Corte di Appello di Palermo, sempre in contraddittorio con Poste Italiane, confermava la sentenza di primo grado. Questa in sintesi la motivazione della sentenza di appello:

– l’ordinanza di custodia cautelare indica il C. come componente del consiglio della famiglia mafiosa di Favara;

– la descrizione della condotta contenuta nella citata ordinanza ed il richiamo alle acquisizioni probatorie costituiscono una valida base per l’applicazione dell’art. 34 del CCNL, trattandosi di fatti che impediscono la prosecuzione anche provvisoria del rapporto;

– la presunzione di non-colpevolezza opera sul piano penale ma non osta a che il datore di lavoro proceda al licenziamento;

– viene diffusamente riportato il contenuto di diverse intercettazioni telefoniche dalle quali risulta confermato il ruolo del C. nella famiglia;

– in definitiva, anche il comportamento extralavorativo del dipendente può integrare gli estremi della giusta causa;

– sussiste un fatto di gravità tale da giustificare il licenziamento.

3. Ha proposto ricorso per Cassazione C.A., deducendo nove motivi. Resiste con controricorso la spa Poste Italiane.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 2119 c.c.: non sussiste alcun sostegno probatorio in ordine ai fatti che avrebbero impedito la prosecuzione del rapporto, la motivazione della sentenza di appello si limita a richiamare il contenuto di alcune intercettazioni telefoniche.

5. Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione della L. n. 604 del 1966, art. 3, perchè nella specie non si è in presenza di una violazione di obblighi contrattuali, ma al più di ragioni inerenti all’organizzazione dell’attività produttiva; quindi il licenziamento doveva se del caso essere preceduto da preavviso.

6. Con il terzo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 1372 c.c., artt. 32, 33, 24, 79 del CCNL 26.11.1994, art. 53 del CCNL 11.1.2001, sotto il profilo che in caso di custodia cautelare in carcere il lavoratore deve essere sospeso, quanto meno sino alla pronuncia di primo grado.

7. Con il quarto motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, posto che la violazione ascritta al lavoratore non rientra tra alcuna delle condotte previste dalle fonti disciplinari contrattuali.

8. Il quinto motivo prospetta violazione dell’art. 270 c.p.p., in quanto le intercettazioni telefoniche non possono essere utilizzate nel processo civile prima di essere sottoposte al vaglio dibattimentale.

9. Il sesto motivo denuncia violazione dell’art. 2729 c.c., sotto il profilo che le citate intercettazioni potrebbero al più assumere valore di indizi.

10. Col settimo motivo del ricorso per Cassazione, viene prospettata violazione dell’art. 2697 c.c., perchè la sentenza di merito è stata resa in assenza di prove.

11. Ulteriore vizio di motivazione viene denunciato con l’ottavo motivo, nel quale il ricorrente si duole dell’assenza di idonea motivazione in ordine ai presupposti della giusta causa.

12. Gli otto motivi del ricorso sopra riassunti possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi.

Essi risultano in parte inammissibili, in parte infondati.

13. In materia di licenziamento per giusta causa, va anzitutto affermato che anche comportamenti extralavorativi possono costituire i presupposti per il recesso, in quanto volontari e tali da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Se i comportamenti stessi costituiscono fatti-reato, sussiste per il datore di lavoro la potestà di recedere dal rapporto, anche senza attendere l’esito del procedimento penale, semprechè i fatti stessi possano essere adeguatamente provati in sede civile. L’apprezzamento del giudice circa la sussistenza dei fatti e la loro gravità, tale da non consentire la prosecuzione del rapporto, neppure in via provvisoria, costituiscono accertamenti di fatto, suscettibili di verifica in Cassazione soltanto per difetto intrinseco di motivazione della sentenza di merito. Va soggiunto come non sia censurabile l’interpretazione del CCNL adottata dal giudice di merito, secondo la quale non è imprescindibile la mera sospensione del rapporto in caso di ordinanza di custodia cautelare, potendo il datore di lavoro procedere a licenziamento quando il fatto è talmente grave da impedire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto di lavoro.

14. Quanto precede si riscontra puntualmente nel caso in esame, nel quale i fatti addebitati in sede penale al dipendente son stati ritenuti di tale gravità da impedire la prosecuzione del rapporto di lavoro e provati sufficientemente dalle acquisizioni in sede di indagini. Per i principi in tema di valutazione della gravità della condotta del lavoratore di veda “ex multis” Cass. n. 4369 del 23/02/2009: “La valutazione della gravità delle infrazioni e della loro idoneità ad integrare una giusta causa di licenziamento si risolve in un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato, a meno che i giudizi formulati si pongano in contrasto con i principi dell’ordinamento espressi dalla giurisdizione di legittimità e con quegli “standard” valutativi esistenti nella realtà sociale (riassumibili nella nozione di civiltà del lavoro, riguardo alla disciplina del lavoro subordinato) che concorrono con detti principi a comporre il diritto vivente. Ed ancora Cass. 144 del 08/01/2008:

“In tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo, la sanzione disciplinare deve essere proporzionale alla gravità dei fatti contestati sia in sede di irrogazione della sanzione da parte del datore nell’esercizio del suo potere disciplinare, avuto riguardo alle ragioni che lo hanno indotto a ritenere grave il comportamento del dipendente, sia da parte del giudice del merito, il cui apprezzamento della legittimità e congruità della sanzione applicata, se sorretto da adeguata e logica motivazione, si sottrae a censure in sede di legittimità”.

15. Il nono motivo attiene al regolamento delle spese. Le statuizioni sul punto vanno confermate, dato che è stato correttamente applicato il criterio della soccombenza; criterio il quale va applicato anche per il presente giudizio di legittimità. Il ricorso deve, per i suesposti motivi, essere rigettato.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna C.A. a rifondere a Poste Italiane spa le spese del grado, che liquida in Euro 14,00 oltre Euro tremila/00 per onorari, spese generali, Iva e Cpa nelle misure di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 13 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2010

 

 

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