Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7032 del 17/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 17/03/2017, (ud. 08/02/2017, dep.17/03/2017),  n. 7032

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1903/2014 proposto da:

D.G.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

SALVATORE CASTRO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROLLA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e

difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati MAURO RICCI,

EMANUELA CAPANNOLO e CLEMENTINA PULLI;

– controricorrenti –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, C.F. (OMISSIS), in persona

del, Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 777/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 10/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’8/02/2017 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. la Corte di appello di Potenza, con sentenza del 10 luglio 2013, ha accolto parzialmente il gravame svolto dall’attuale ricorrente, riconoscendo il predetto portatore di handicap in situazione di gravità con decorrenza dalla domanda amministrativa del 15.6.2006, rigettata ogni altra domanda (la pensione di invalidità, ex lege n. 118 del 1971, con decorrenza dalla predetta data);

2. di questa sentenza D.G.S. domanda la cassazione sulla base di tre motivi con i quali denuncia: violazione e falsa applicazione degli artt. 326 e 325, 416 c.p.c., art. 2909 c.c. e omesso esame di un fatto decisivo, dolendosi che la Corte di appello non abbia ritenuto inammissibile l’appello incidentale dell’I.N.P.S., tardivo rispetto al decorso termine breve decorrente dalla notifica della sentenza di primo grado ed inerente ad un capo della sentenza diverso da quello gravato da appello principale, il che rendeva insuperabile l’eccezione di giudicato formulata (primo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 416 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo, per avere la Corte territoriale dato ingresso all’eccezione tardivamente proposta, in grado di appello, dall’INPS, contumace in primo grado, in ordine alla mancata certificazione del requisito socio-economico, dovendo ritenersi incontestato, in primo grado, il predetto requisito, non compreso nel novero dei fatti costitutivi (secondo motivo); violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per avere la Corte territoriale disposto la compensazione delle spese di lite nonostante il riconoscimento di un’invalidità nella misura del 100 per cento (terzo motivo);

3. resiste l’I.N.P.S. con controricorso;

4. il Ministero dell’economia e delle finanze ha depositato procura speciale al solo fine di partecipare alla discussione orale;

5 il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

6. il primo motivo è manifestamente infondato sulla base del consolidato orientamento di questa Corte cui va data continuità (da ultimo ribadito da Cass. sez. sesta-L 3085/2015);

7. “in base al combinato disposto degli artt. 334, 343 e 371 c.p.c., è ammessa l’impugnazione incidentale tardiva (da proporsi con l’atto di costituzione dell’appellato o con il controricorso nel giudizio di cassazione) anche quando sia scaduto il termine per l’impugnazione principale, e persino se la parte abbia prestato acquiescenza alla sentenza, indipendentemente dal fatto che si tratti di un capo autonomo della sentenza stessa e che, quindi, l’interesse ad impugnare fosse preesistente, dato che nessuna distinzione in proposito è contenuta nelle citate disposizioni; l’unica conseguenza sfavorevole dell’impugnazione cosiddetta tardiva è che essa perde efficacia se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile” (così Cass. 11 giugno 2008, n. 15483);

8. “l’art. 334 c.p.c., che consente alle parti, contro le quali sia stata proposta impugnazione (o chiamate ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 c.p.c.), di proporre impugnazione incidentale, anche quando per esse sia decorso il termine ordinario o abbiano fatto acquiescenza, è rivolto a rendere possibile l’accettazione della sentenza, in situazione di reciproca soccombenza, solo quando anche l’avversario tenga analogo comportamento, e, pertanto, in difetto di limitazioni oggettive, trova applicazione con riguardo a qualsiasi capo della sentenza medesima, ancorchè autonomo rispetto a quello investito dall’impugnazione principale” (così Cass. 24 aprile 2012, n. 6470 ed in senso conforme Cass. 31 gennaio 2006, n. 2126);

9. del pari infondato è il secondo motivo alla stregua della costante giurisprudenza di questa Corte, per la quale i requisiti socio-economici delle provvidenze azionate in giudizio rappresentano elementi costitutivi del diritto alla prestazione assistenziale, la cui allegazione, e prova, è a carico del soggetto richiedente, non potendo qualificarsi gli stessi come mere condizioni di erogazione del beneficio, accertabili in sede extragiudiziale (cfr., fra le tante, Cass., nn. 4067/2002; 13967/2002; 14035/2002; 13046/2003; 13279/03; 13966/2003; 14696/2007; 22899/2011); con la conseguente inapplicabilità della regola della mancata contestazione e la rilevabilità anche d’ufficio, in ogni grado, con il solo limite del giudicato;

10. è invece fondato il motivo che avversa la regolazione delle spese di lite;

11. al procedimento si applica, ratione temporis, l’art. 92 c.p.c., nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009, a mente del quale se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi esplicitamente indicati nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti, con statuizione censurabile, in sede di legittimità, soltanto se illogica e contraddittoria e tale da inficiare, per inconsistenza o erroneità, il processo decisionale (v. per tutte, Cass. nn. 316/2012, 24531/10 e, per le ipotesi esemplificative, Cass. S.U. n. 20598/08 e successive conformi);

12. l’individuazione, nello specifico caso, del giusto motivo di compensazione è attività che compete al giudice di merito e che, se congruamente e logicamente motivata, si sottrae al sindacato di legittimità;

13. inoltre, ai fini del regolamento delle spese del processo civile, la “soccombenza” costituisce un’applicazione del principio di causalità, che vuole non esente da onere delle spese la parte che, col suo comportamento antigiuridico (per la trasgressione delle norme di diritto sostanziale) abbia provocato la necessità del processo; pertanto, con riferimento alle controversie in materia di assistenza e previdenza obbligatoria, sussiste parziale soccombenza della parte privata, idonea a giustificare la compensazione delle spese, sia nell’ipotesi in cui il requisito sanitario sia sopravvenuto alla domanda giudiziale, sia nell’ipotesi in cui, ancorchè esso sia risultato sussistente da epoca anteriore a tale domanda, questa abbia avuto ad oggetto il conseguimento della prestazione da data anteriore a quella in cui l’anzidetto requisito risulta essersi perfezionato (ai sensi dell’art. 149 disp. att. c.p.c.) per effetto di aggravamento successivo alla domanda amministrativa, ma anteriore al procedimento giudiziale (così Cass. n. 7716/2003; Cass. n. 19343/2004; Cass. n. 7307/2011);

14. nella fattispecie, la Corte territoriale, premessa la motivata inapplicabilità dell’esonero dalle spese di lite per motivi reddituali, supporta la disposta compensazione con motivazione riferita all’esito complessivo della lite ma la condizione di portatore di handicap in situazione di gravità è stata riconosciuta dalla data della domanda amministrativa, non è sopravvenuta alla domanda giudiziale, e tanto basta per affermare che il potere discrezionale del Giudice nel ravvisare elementi per la compensazione delle spese dei gradi di giudizio non si sottrae alle censure svolte dalla parte ricorrente;

15. all’accoglimento del terzo motivo del ricorso, respinti gli altri, segue la cassazione in parte qua della sentenza impugnata e la decisione nel merito sulla regolazione delle spese tenuto conto della soccombenza dell’Inps quanto al riconoscimento dello stato di handicap grave, compensando il residuo;

16. le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la parziale soccombenza, compensandosi il residuo; nulla spese in favore del Ministero dell’economia e delle finanze che non ha svolto attività difensiva.

PQM

La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna l’INPS al pagamento di un mezzo delle spese processuali, compensando il residuo, liquidate complessivamente, per il primo grado, in Euro 700,00 di cui Euro 600,00 per compensi professionali; per l’appello, in Euro 950,00 di cui Euro 850,00 per compensi professionali; condanna l’INPS al pagamento di un terzo delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in complessive Euro 1.600,00 di cui Euro 1.400,00 per compensi professionali oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento, compensato il residuo.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2017

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