Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7031 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 03/03/2022, (ud. 26/11/2021, dep. 03/03/2022), n.7031

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. MARCHEIS BESSO Chiara – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4946-2021 proposto da:

F.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO

CESI, 21, presso lo studio dell’avvocato PIERRO ANTONELLO,

rappresentato e difeso dall’avvocato RALLO ARIANNA ROSARIA;

– ricorrente –

contro

S.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1825/2020 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata l’11/12/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. BESSO MARCHEIS CHIARA.

 

Fatto

PREMESSO

Che:

F.V. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo 11 dicembre 2020, n. 1825, che, in parziale riforma della pronuncia di primo grado del Tribunale di Marsala, ha rigettato le domande del ricorrente di cessazione in capo a S.V. del diritto di usufrutto ex art. 1015 c.c. e di risarcimento del danno. Il Tribunale di Marsala, rigettata la domanda riconvenzionale di S.V. di accertamento della natura simulata della compravendita intercorsa con il ricorrente, aveva accolto la domanda di quest’ultimo, dichiarando cessato il diritto di usufrutto e condannando Sutera al risarcimento del danno, quantificato in Euro 9.600.

L’intimato S.V. non ha proposto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi.

A) Il primo e il secondo motivo sono tra loro strettamente connessi e vanno pertanto congiuntamente esaminati.

1) Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1015 c.c.: la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che non vi fossero nel caso in esame i presupposti oggettivi e soggettivi necessari e sufficienti per configurare un abuso del diritto da parte dell’usufruttuario, con le conseguenze sanzionatorie ivi previste; nel caso di specie l’usufruttuario ha infatti peggiorato ovvero ridotto in cattivo stato il bene, il quale ha perso inevitabilmente valore con la conseguenza che al termine dell’usufrutto il ricorrente si vedrà restituire il bene inutilizzabile o gravemente danneggiato.

2) Il secondo motivo contesta violazione o falsa applicazione degli artt. 1015,1005 e 1004 c.c.: la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto l’usufruttuario non responsabile della situazione precaria in cui versa l’immobile, pur non avendo lo stesso provato che tale situazione fosse già presente al momento della costituzione del diritto di usufrutto ovvero che le riparazioni straordinarie non siano dipese dall’omessa manutenzione ordinaria.

I motivi sono inammissibili. La Corte d’appello ha fatto applicazione dei precedenti di questa Corte secondo i quali “l’art. 1015 c.c., conforme all’art. 516 c.c. 1865, prevede tre distinte ipotesi in presenza delle quali l’usufruttuario può essere dichiarato decaduto dall’usufrutto; tali ipotesi ricorrono quando l’usufruttuario alieni i beni o li deteriori o li lasci andare in perimento per mancanza di ordinarie riparazioni; la decadenza, peraltro, non può riguardare che i casi più gravi, in quanto, per gli abusi di minore gravità, la legge stessa prevede, nell’art. 1015 c.c., comma 2, rimedi meno rigorosi, di carattere non repressivo e sanzionatorio, ma semplicemente cautelari a tutela preventiva del diritto del nudo proprietario” (così Cass. 1878/1971, v. anche Cass. 699/1976). La Corte d’appello ha stabilito, con accertamento in fatto insindacabile da parte di questa Corte di legittimità, che la necessità dell’esecuzione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria risultava ragionevole per la manutenzione dell’immobile e che non è stato dimostrato l’effettivo rapporto di causa-effetto tra le condizioni riscontrate all’interno dell’appartamento e la necessità di eseguire interventi di riparazione straordinaria e che, sulla base della consulenza tecnica d’ufficio, non risultava alcuna grave compromissione alla stabilità dell’immobile o all’agibilità dello stesso, trovandosi l’immobile in uno stato di media trascuratezza.

B) Il terzo motivo fa valere nullità della sentenza per “motivazione meramente apparente e comunque al disotto del c.d. minimo costituzionale”: la Corte d’appello ha escluso il risarcimento del danno in favore del ricorrente, erroneamente ritenendo che l’accoglimento del primo motivo di gravame escludesse la necessità di scrutinare il secondo motivo, appunto inerente alla condanna di Sutera a risarcire il danno.

Il motivo è inammissibile, in quanto il rigetto della domanda di condanna di Sutera al risarcimento del danno trova il suo fondamento negli argomenti che hanno portato la Corte d’appello ad accogliere il primo motivo di gravame. La Corte d’appello, nell’escludere la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 1015 c.c., ha infatti affermato la mancanza di prova del rapporto di causa-effetto tra le condizioni dell’appartamento (condizioni comunque qualificate di media trascuratezza) e la necessità di eseguire interventi straordinari di riparazione, così escludendo la sussistenza dei presupposti per la condanna a un risarcimento del danno.

II. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Non vi è provvedimento sulle spese, non essendosi l’intimato difeso nel presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta/seconda sezione civile, il 26 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

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