Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7030 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. VI, 25/03/2011, (ud. 27/01/2011, dep. 25/03/2011), n.7030

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA A. BAIAMONTI 4, presso lo studio dell’avvocato INTERNULLO

ROSARIA, rappresentato e difeso dall’avvocato TROMBETTA SALVATORE

AUGUSTO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSESSORATO AGRICOLTURA E FORESTE DELLA REGIONE SICILIANA, AZIENDA

DELLE FORESTE DEMANIALI DELLA REGIONE SICILIANA, in persona dei

legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

li rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 538/2009 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del

20/07/09, depositata il 23/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE SALVAGO; è

presente il P.G. in persona del Dott. CARMELO SGROI.

La Corte:

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. – E’ stata depositata in cancelleria il 26.5.2010 la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380 bis cod. proc. civ.:

1. E’ impugnata la sentenza della Corte di appello di Messina 23 luglio 2009.

Il caso deciso dalla stessa presenta questi tratti.

B.P. aveva chiesto al Tribunale di Messina la determinazione dell’indennità di espropriazione di un terreno di sua proprietà nell’isola di Salina: valutato dalla Corte di appello (per quanto ancora interessa) con il criterio del valore agricolo tabellare di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 16, all’epoca del decreto ablativo (maggio 1984) in Euro 183,76 (pari a L. 355.800) in base ai seguenti presupposti: a) il terreno aveva natura pacificamente agricola,anche perchè ubicato in zona destinata da un decreto assessoriale del 1984 a riserva naturale con preclusione assoluta all’edificazione; b) il fondo era incolto, per cui dovevano essere applicati i valori calcolati dalla Commissione provinciale per il pascolo cespugliato (L. 600.000 Ha).

2. La B. ha proposto ricorso per cassazione deducendo: a) che la decisione impugnata viola l’art. 1 della Convenzione Edu nonchè la giurisprudenza della Corte europea (vedi sent. 29 marzo 2006 della Grande Chambre della Corte) laddove ha ritenuto che la valutazione del terreno in oggetto potesse essere compiuta in base alla sua destinazione agricola e con il criterio dei valori agricoli medi di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 16: piuttosto che tenendo conto del suo effettivo valore venale; b) che detto valore dalla consulenza tecnica espletata in primo grado con riguardo ai terreni vicini impiantati a vitigno malvasia era di mq. 8000 mq.; c) che conseguentemente la Corte di appello avrebbe dovuto disapplicare il menzionato criterio riduttivo per applicare i precetti postulati dalla Corte Edu; ed in subordine sollevare questione di costituzionalità della normativa suddetta per contrasto con l’art. 117 Cost.

3. Il ricorso può essere esaminato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5, ed essere respinto se sono condivise le considerazioni che seguono: 1) le decisioni della Corte di Strasburgo relative ai criteri di calcolo riduttivi dell’indennità di espropriazione hanno riguardato, tutte, i fondi con destinazione edificatoria: come dimostra proprio la decisione della Grande Chambre 26 marzo 2006 citata dalla ricorrente che ha ritenuto incompatibile con i precetti dell’art. 1 dell’Allegato 1 alla Convenzione il meccanismo riduttivo di calcolo stabilito dai primi due commi del dichiarato art. 5 bis: e proprio per tale ragione dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla nota decisione 348/2007 della Corte Costituzionale; 2) D’altra parte il valore del terreno pari a L. 8.000 mq.,più elevato di quello accertato dalla Corte di appello ed invocato dalla ricorrente,è stato ottenuto dal ct. nominato dal Tribunale in violazione del criterio di calcolo cd.

sintetico-comparativo che si risolve nell’attribuire al bene da stimare il prezzo di mercato di immobili omogenei, con riferimento tanto agli elementi materiali – quali la natura, la posizione, la consistenza morfologica e simili – quanto alla condizione giuridica:

poichè lo stesso presuppone il preventivo motivato riscontro della rappresentatività dei dati utilizzati per la comparazione, e cioè l’accertamento che essi riguardino immobili con caratteristiche analoghe, tanto con riferimento alla loro obiettiva natura ed ubicazione, quanto in relazione alla disciplina urbanistica cui sono soggetti (Cass. 3175/2008; 13958/2006, – 4583/1990).

Laddove nel caso è pacifico e non contestato dalla ricorrente che il terreno espropriato era incolto e non coltivato a “vitigno malvasia” (come quelli oggetto di comparazione);

3) Infine, la Corte Costituzionale con sentenza 261 del 1997 ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità dell’art. 5 bis, comma 4, laddove per il calcolo dell’indennizzo delle aree non legalmente edificabili rinvia al criterio tabellare di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 16, ritenendo non irrazionale e neppure arbitraria – e quindi non in contrasto con gli art. 3 e 42 Cost. – la scelta del legislatore di suddividere le aree in due sole categorie,costituite la prima da quelle edificabili, e l’altra da tutte le rimanenti; E che anche nell’ambito di quest’ultima categoria in cui l’indennità di espropriazione è commisurata al valore agricolo tabellare, in quanto non rientranti tra quelle edificabili, operano meccanismi differenziati che a loro volta tengono conto di una serie di elementi (Titolo 2^ L. 22 ottobre 1971, n. 865, per la parte ancora in vigore),le cui applicazioni non restano comunque sottratte al sindacato giurisdizionale sugli atti dell’amministrazione e al potere di disapplicazione del giudice ordinario;

4. Resta assorbito il ricorso incidentale dell’Assessorato espressamente subordinato alla condizione non verificatasi dell’accoglimento di quello principale.

2. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte mentre le parti non hanno presentato memorie.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. – Il collegio, discussi gli atti delle parti, la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l’accompagnano ha condiviso gli uni e l’altra.

4. – Il ricorso principale va conseguentemente respinto con assorbimento di quello incidentale condizionato e condanna della soccombente B. al pagamento delle spese processuali,liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte,pronunciando sui ricorsi rigetta il principale dichiara assorbito l’incidentale e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore dell’Assessorato in complessivi Euro 2.000 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

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