Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7024 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. VI, 03/03/2022, (ud. 19/10/2021, dep. 03/03/2022), n.7024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16909-2020 proposto da:

S.C.D., elettivamente domiciliata in ROMA,

V.LE MARESCIALLO PILSUDSKI 118, presso lo studio dell’avvocato

ANTONIO STANIZZI, rappresentata e difesa dall’avvocato NICOLA

INDOLFI;

– ricorrente –

contro

C.M., C.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2266/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 19/10/2021 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA

SCRIMA.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

S.C.D. ha proposto ricorso per cassazione, basato su due motivi, nei confronti di C.M. e C.A. e avverso la sentenza n. 2266/2020 della Corte di appello di Napoli, pubblicata il 10.6.2020, che ha dichiarato inammissibile perché intempestivo – con compensazione integrale delle spese di quel grado – l’appello principale proposto da C.M. e C.A., avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 7654/2019, pubblicata in data 1.8.2019, con la quale, pronunciando sul ricorso per sfratto per morosità promossa dalla S.C. nei confronti del C. e del C. così aveva deciso “… Non accoglie la domanda dell’intimante circa l’intimazione di sfratto richiesto, in quanto infondata; – Accoglie per quanto di ragione la domanda dei conduttori C.M. e C.A. circa la richiesta di restituzione di somme pagate in più del dovuto e per l’effetto condanna la parte intimante al pagamento della somma di Euro 6.230,08 a titolo compensativo con interessi legali a far data dalla richiesta fino all’effettivo saldo; Condanna parte intimante alla rifusione del/e spese del presente giudizio in favore degli intimati, che in virtù della compensazione operata vengono liquidate in…, con attribuzione”;

gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede;

la proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo, la ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione degli atti-. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per aver disposto (la Corte di merito) la integrale compensazione delle spese di giudizio, in assenza di qualsiasi giustificazione”; sostiene che la Corte territoriale nel ritenere che, “tenuto conto della definizione in mero rito, sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese del grado” abbia supportato tale statuizione con una motivazione solo apparente; che, in ogni caso, la definizione “in mero rito” non può, nel modo più assoluto, integrare i gravi ed eccezionali motivi imposti dalla legge per disporre la compensazione delle spese del giudizio e che tale compensazione, possibile ove il giudice configuri le “gravi ed eccezionali ragioni” di cui all’art. 92 c.p.c., comma 2, va esclusa quando la formula utilizzata, per la sua genericità, non è idonea ad esprimere alcun profilo di eccezionalità e gravità delle ragioni che la giustificano e neppure dà contezza, con specifico richiamo agli elementi fattuali e giuridici della concreta vicenda processuale, dei motivi per cui la valutazione in fatto o in diritto di una determinata vicenda processuale presentava, nel caso concreto, anomalie di difficoltà e complessità, sotto il profilo della ricostruzione fattuale o dell’interpretazione della disciplina di riferimento, tali da giustificare la deroga al fondamentale criterio della soccombenza (a tale riguardo la ricorrente richiama espressamente Cass. 22/06/2019, n. 26956);

il motivo in scrutinio e’:

a) infondato quanto alla dedotta violazione dell’art. 91 c.p.c., configurandosi la violazione del precetto di cui a tale norma – che impone di condannare la parte soccombente al pagamento totale delle spese giudiziali, salvi i casi di compensazione totale o parziale delle stesse, come consentito dal successivo art. 92 c.p.c. – qualora il giudice ponga, anche parzialmente, le spese di lite a carico della parte risultata totalmente vittoriosa (Cass. 4/06/2007, n. 12963), il che non è avvenuto nella specie;

b) fondato quanto alla dedotta violazione dell’art. 92 c.p.c.; va evidenziato che l’atto introduttivo in primo grado è stato notificato in data 28 aprile 2014 (v. ricorso p. 2) quindi deve applicarsi l’art. 92, nella formulazione (che richiede “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate in motivazione” e che si applica ai procedimenti iniziati dopo il 5 luglio 2009 sino al 10 novembre 2014) anteriore alle modifiche apportate con il D.L. n. 132 del 2014, applicabili ai giudizi iniziati dopo l’11.11.2014 e a questa formulazione – non applicabile nella specie, contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente (v. p. 4 del ricorso) – si riferisce la sentenza della Corte Cost. n. 77/18;

questa Corte con l’ordinanza n. 12484 del 24/06/2020 così ufficialmente massimata: “La pronuncia di inammissibilità dell’appello configura una situazione di soccombenza, dovendo escludersi che essa integri un grave ed eccezionale motivo di compensazione, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione vigente “ratione temporis”, introdotta dalla L. n. 69 del 2009″ – ha affermato, in motivazione, del tutto condivisibilmente che: “La censura non propone di contestare l’opportunità di disporre la compensazione delle spese, che è profilo rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, ma è volt(a) a negare che i motivi addotti dalla pronuncia impugnata siano tali da integrare i presupposti applicativi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009 (applicabile in relazione alla data di instaurazione del giudizio di primo grado).

La norma, nella parte in cui permette la compensazione delle spese di lite allorché concorrano gravi ed eccezionali ragioni, costituisce – difatti – una clausola generale da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, le cui conclusioni sono censurabili in sede di legittimità in quanto fondate su norme giuridiche (Cass. s.u. n. 2572 del 2012).

Ciò posto, è anzitutto da escludere che il fatto che l’appello fosse stato definito con pronuncia di inammissibilità giustificasse la pronuncia di compensazione.

La soccombenza dei convenuti si configura in ogni ipotesi di accoglimento della domanda all’esito del giudizio, quale che ne siano le ragioni (se pertinenti a questioni di merito o di mero rito), e pertanto è errato sostenere che l’eventuale adozione di una pronuncia di inammissibilità dell’appello integri, per ciò solo, un grave ed eccezionale motivo di compensazione (Cass. n. 10911 del 2001; Cass. n. 9512 del 1999; Cass. n. 7389 del 1996).

A tale nozione è estranea anche l’eventualità che l’appellante risultato soccombente si sia limitato a proporre l’impugnazione senza svolgere ulteriori difese, circostanza quest’ultima che potrebbe incidere sulla sola quantificazione delle spese, sempre che abbia a sua volta influito sulle attività difensive poste in essere dalla parte vincitrice.

Occorre precisare che la Corte costituzionale, con sentenza 77/2018, ha dichiarato illegittimo l’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dal D.L. n. 132 del 2014, convertito con L. n. 162 del 2014 (ove non prevedeva la possibilità di compensare le spese processuali anche in presenza di altre gravi ed eccezionali ragioni, diverse dall’assoluta novità della questione o dal mutamento di giurisprudenza), ritenendo lesivo del canone di ragionevolezza “l’aver il legislatore del 2014 tenuto fuori dalle fattispecie nominate, che facoltizzano il giudice a compensare le spese di lite in caso di soccombenza totale, le analoghe ipotesi di sopravvenienze relative a questioni dirimenti e a quelle di assoluta incertezza, che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità di quelle tipiche espressamente previste dalla disposizione censurata”.

Secondo il Giudice delle leggi, “la rigidità di tale tassatività ridonda anche in violazione del canone del giusto processo (art. 111 Cost., comma 1) e del diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost., comma 1) perché la prospettiva della condanna al pagamento delle spese di lite anche in qualsiasi situazione del tutto imprevista ed imprevedibile per la parte che agisce o resiste in giudizio, può costituire una remora ingiustificata a far valere i propri diritti”.

La compensazione può quindi esser attualmente disposta, oltre che nelle ipotesi di soccombenza reciproca, di assoluta novità, delle questioni trattate e di mutamento della giurisprudenza su questioni dirimenti, solo quando le specifiche circostanze prese in considerazione dal giudice di merito (abbiano) connotazioni tali (da) renderle assimilabili alle altre ipotesi previste dall’art. 92 c.p.c., comma 2.

Difatti, come ha chiarito la Corte costituzionale, “le ipotesi illegittimamente non considerate dalla disposizione censurata possono identificarsi in quelle che siano riconducibili a tale clausola generale e che siano analoghe a quelle tipizzate nominativamente nella norma, nel senso che devono essere di pari, o maggiore, gravità ed eccezionalità. Le quali ultime quindi – l'”assoluta novità della questione trattata” ed il “mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti” – hanno carattere paradigmatico e svolgono una funzione parametrica ed esplicativa della clausola generale” (cfr. Corte Cost. 77/2018)”;

peraltro questa medesima Corte, con la sentenza n. 10911 del 7/08/2001, ha da tempo precisato che in relazione al concetto di “sentenza che chiude il processo”, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., non è richiesta esclusivamente una soccombenza di merito, assumendo rilievo anche quella avvenuta per ragioni di ordine processuale, purché la pronuncia che la dichiari, in forma di sentenza, chiuda il processo davanti al giudice, cioè sia almeno conclusiva di una fase del giudizio;

a quanto precede va pure aggiunto che è stato precisato dalla giurisprudenza di legittimità che, in tema di spese giudiziali, le “gravi ed eccezionali ragioni”, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, non potendosi ritenere sufficiente il mero riferimento alla “natura processuale della pronuncia”, che, in quanto tale, può trovare applicazione in qualunque lite che venga risolta sul piano delle regole del procedimento (Cass., ord., 11/07/2014, n. 16037) e che ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione vigente ratione temporis, introdotta dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 11, può essere disposta la compensazione delle spese in assenza di reciproca soccombenza soltanto in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni”, la cui configurabilità è esclusa, peraltro, dalla mera “peculiare natura” della declaratoria di improcedibilità dell’appello (Cass., ord., 19/11/2014, n. 24634);

la Corte di merito, nell’affermare che, “tenuto conto della definizione in mero rito, sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese del grado”, non risulta aver fatto corretta applicazione dei principi appena ricordati;

con il secondo motivo la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 96 e 112 c.p.c., per aver totalmente omesso di pronunciarsi sulla domanda di risarcimento dei danni per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”;

precisa la ricorrente di aver proposto tale domanda in sede di comparsa di costituzione in appello “per aver agito (gli appellanti principali) con evidente malafede, ovvero con colpa grave, laddove hanno proposto appello tardivamente dichiarando falsamente che la sentenza di primo grado non era stata notificata”;

il motivo è infondato, in quanto la Corte territoriale non ha omesso di pronunciarsi su tale domanda ma l’ha ritenuta espressamente assorbita, ricomprendendola evidentemente in “ogni altra questione” di cui a p. 4 della sentenza impugnata (v. Cass., ord., 3/02/2020, n. 2334 e Cass., ord, 2/07/2021, n. 18832); né la ricorrente ha censurato la sola decisione sulla questione giudicata di carattere assorbente o la stessa statuizione di assorbimento (Cass. 12/07/2016, n. 14190; v. anche Cass., ord., 12/11/2018, n. 28995);

va peraltro evidenziato che la condanna al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità per lite temeraria in sede di appello presuppone la totale soccombenza della parte in relazione all’esito del singolo grado di giudizio, aggiungendosi essa, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 1, alla condanna alle spese, la quale e’, invece, correlata all’esito finale della lite (Cass. 26/03/2013, n. 7620; Cass. 27/08/2013, n. 19583) laddove, nella specie, le spese del secondo grado sono state compensate.

Ritenuto che:

alla luce di quanto sopra evidenziato, debba essere accolto solo in parte e nei sensi sopra precisati il primo motivo mentre il ricorso debba essere rigettato nel resto; la sentenza impugnata vada cassata in relazione alle censure accolte e la causa debba essere rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione;

stante il sia pur parziale accoglimento del ricorso, vada dato atto della insussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello eventualmente dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie solo in parte e nei sensi precisati in motivazione il primo motivo; rigetta il ricorso nel resto; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 19 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA