Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7021 del 24/03/2010

Cassazione civile sez. trib., 24/03/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 24/03/2010), n.7021

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 8111-2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

B.C. già liquidatore della Società Insieme Srl in

liquidazione; GESTLINE SPA – Servizio Riscossione dei Tributi;

– intimati –

avverso la sentenza n. 15/2007 della Commissione Tributaria Regionale

di NAPOLI dell’1.2.07, depositata il 02/02/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

 

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di B.C. – già liquidatore della Insieme s.r.l. nonchè del Concessionario Gestline s.p.a. (che sono rimasti intimati) e avverso la sentenza con la quale la C.T.R. Campania, in controversia concernente impugnazione di cartelle di pagamento Iva concernenti gli anni 1992 e 1994, accoglieva l’appello della Gestline limitatamente all’anno 1992, annullando invece la cartella relativa all’anno 1994 per tardività della relativa notifica.

Il primo motivo di ricorso (col quale l’Agenzia deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevando che il contribuente nel ricorso introduttivo non aveva dedotto la tardività della notifica della cartella) e il secondo motivo (col quale l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 rilevando che, anche a voler ritenere che il motivo della tardività della notifica della cartella fosse stato introdotto in appello dal contribuente, la sentenza impugnata sarebbe errata per aver statuito su di una eccezione formulata per la prima volta in appello) sono – prescindendo da altre possibili considerazioni – inammissibili per difetto di autosufficienza e in ogni caso improcedibili per violazione dell’art. 369 c.p.c., n. 4.

Invero, nella sentenza impugnata non risulta espressamente riportato il tenore del ricorso introduttivo e di altri atti processuali (peraltro neppure specificamente indicati nel ricorso in esame) dai quali possa eventualmente emergere la sussistenza della denunciata violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e la novità dell’eccezione proposta in appello: la ricorrente avrebbe dovuto pertanto riportare in ricorso il testo di eventuali atti idonei a dimostrare la fondatezza di quanto dedotto nelle censure sopra esaminate, a nulla rilevando che nella specie si denuncino errores in procedendo, atteso che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, per il principio d’autosufficienza del ricorso per cassazione, valido oltrechè per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, anche per quello di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente che denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quali quelle processuali, non può limitarsi a specificare solo la singola disposizione di cui si denunzia, appunto, la violazione, ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti d’operatività di detta violazione (v. tra le altre Cass. n. 6972 del 2005).

In ogni caso, la ricorrente non ha provveduto neppure al deposito previsto dall’art. 369 c.p.c., n. 4, a norma del quale, insieme col ricorso (e pertanto nello stesso termine previsto dal primo comma del citato art. 369 c.p.c.) devono essere depositati a pena di improcedibilità “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”.

Come è evidente, la norma non distingue tra i vari tipi di censura proposti, e prevede il deposito non solo di documenti o contratti, ma anche di atti processuali, con la conseguenza che, anche in caso di denuncia di error in procedendo, gli atti processuali sui quali la censura si fonda devono essere specificamente e nominativamente depositati unitamente al ricorso e nello stesso termine, non rilevando a tal fine la richiesta di acquisizione del fascicolo d’ufficio dei gradi di merito, nè, eventualmente, il deposito del fascicolo di parte (che tali atti contenga), se si tratta di un deposito che non interviene nei tempi e nei modi di cui al citato art. 369 c.p.c. e se all’atto del deposito viene indicato in modo generico il suddetto fascicolo senza specificare gli atti e documenti in esso contenuti sui quali il ricorso è fondato.

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. In assenza di attività difensiva, nessuna decisione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2010

 

 

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