Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7018 del 11/04/2016


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 7018 Anno 2016
Presidente: MANNA FELICE
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA
sul ricorso 19688-2014 proposto da:
CERBONE GENNARO, elettivamente domiciliato in ROMA,
CORSO TRIESTE 16, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE
NAPOLITANO, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale
a margine del ricorso;

– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 11/04/2016

- controricorrente avverso il decreto n. 50294/2013 della CORTE D’APPELID di
ROMA del 18/11/2013, depositato il 18/02/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/02/2016 dal Presidente Relatore Dott. FELICE MANNA.

Ric. 2014 n. 19688 sez. M2 – ud. 04-02-2016
-2-

z

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 2.8.2007 Gennaro Cerbone adiva la Corte di Appello di
Roma per ottenere un’equa riparazione ai sensi della legge n. 89/01, in
relazione alla durata irragionevole di una causa di lavoro svoltasi innanzi

nel lasso di tempo compreso tra il 26.2.1998 ed il 2.3.2007.
Con sentenza n. 21450/12 questa Corte cassava, per ragioni oggi non più
rilevanti, il decreto con cui la Corte d’appello di Roma aveva definito in rito il
procedimento.
Riassunto il quale, con decreto del 18.11.2013 detta Corte territoriale
rigettava la domanda. Stimava in concreto la durata ragionevole del giudizio
presupposto in nove anni (di cui quattro per il primo grado, tre per il secondo
e due per il giudizio di cassazione), data la pluralità di domande proposte,
ossia l’illegittimità del trasferimento e, successivamente, del licenziamento
del Cerbone. Osserva, inoltre, che nessuno dei danni (patrimoniale,
previdenziale, psico-fisico da perdita del lavoro, esistenziale, morale,
d’immagine e per perdita di chances) espressamente dedotti dal ricorrente
dipendeva in alcun modo dalla durata del processo.
Per la cassazione di tale decreto Gennaro Cerbone propone ricorso,
affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – I primi tre motivi denunciano l’omesso esame d’un fatto decisivo e
discusso, la violazione dell’art. 112 c.p.e. e quella degli artt. 2, comma 2,

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all’autorità giudiziaria del distretto di Napoli e a questa Corte di Cassazione

legge n. 89/01 e 1362 c.c., in relazione, rispettivamente, ai nn. 5, 4 e 3
dell’art. 360 c.p.c.;
Essi nascono dalla (esatta, ma per le ragioni infra esposte non decisiva)
obiezione che la Corte d’appello ha equivocato nell’individuare il giudizio

aveva inteso anche questa Corte con la sentenza n. 21450/12) si riferiva solo
al processo iniziato davanti al Pretore di Napoli il 26.2.1998 per contestare la
legittimità del trasferimento del Cerbone dall’ispettorato della Geas s.p.a. di
Napoli a quello di Firenze, e non anche alla successiva causa d’impugnazione
del licenziamento promossa dallo stesso Cerbone nel 2001 contro la Geas
davanti al Tribunale di Firenze.
2. – Il quarto motivo, invece, espone la violazione degli artt. 2, commi 1 e 3
legge n. 89/01, nella formulazione applicabile ratione temporis, e 2056 e 1362
e ss. c.c., in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c. Per accertare se le perdite
lamentate dal ricorrente fossero conseguenza immediata e diretta della non
ragionevole durata del processo sul trasferimento del Cerbone, la Corte
d’appello avrebbe dovuto esaminare il rapporto tra i due giudizi, nel senso
che, si sostiene, se il processo sul trasferimento del Cerbone da Napoli a
Firenze fosse durato di meno, sarebbe stato possibile spendere la relativa
sentenza (che in esito al giudizio di cassazione aveva accertato l’illegittimità
del trasferimento) nel processo, svoltosi a Firenze, avente ad oggetto la
legittimità del licenziamento, il quale era stato fondato proprio
sull’inottemperanza del precedente provvedimento datoriale.
3. – Quest’ultimo motivo, che aggredisce la seconda ratio decidendi, non è
ac coglibile.
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presupposto, nel senso che la domanda di equa riparazione (come del resto

Il nesso di pregiudizialità-dipendenza tra i due processi avrebbe dovuto
essere fatto valere nel giudizio introdotto innanzi all’A.G. fiorentina, per
valutarne l’eventuale incidenza. Dal ricorso non è dato di comprendere se e
come sia stata dedotta in quel processo la relativa questione, e — in caso

Né è sufficiente al fine del requisito di specificità del motivo l’aver
prodotto le sentenze del Tribunale, della Corte d’appello di Firenze e di questa
Corte di cassazione che ebbero tutte e tre a rigettare l’impugnazione del
licenziamento. In disparte, infatti, la necessità comunque di un’allegazione
specifica interna al ricorso, che risponda al requisito di cui al n. 3, del primo
comma dell’art. 366 c.p.c., lì dove l’indicazione degli atti e dei documenti su
cui si fonda il ricorso soddisfa il diverso requisito di cui al n. 6 dello stesso
articolo, va osservato quanto segue. Dalla sentenza n. 10442/04 di questa
Corte, che ebbe a definire, in senso reiettivo per la pretesa del Cerbone, detto
secondo processo, si ricava semmai che l’odierno ricorrente in quella sede
ebbe a dolersi principalmente della violazione dell’art. 7 della legge n.
300/70, per non avergli la società datrice di lavoro consentito di presentare le
proprie difese a seguito delle contestazioni disciplinari derivanti dalle sue
assenze presso la dipendenza fiorentina.
Ne deriva una carente esposizione della censura, che non illustra in
maniera adeguata i nessi giuridici — e non meramente occasionali — fra le due
cause e che, pertanto, non contiene elementi di confutazione del decreto
impugnato concretamente apprezzabili.
4. – Intatta la seconda ratio decidendi, resta assorbito l’esame dei primi tre
motivi, inerenti alla prima ratio. Infatti, qualora la decisione impugnata si
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affermativo — in qual modo essa sia stata risolta dai giudici di merito.

fondi su una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, e
singolarmente idonee a sorreggerla sul piano tog o e giuridico, la ritenuta
infondatezza delle censure mosse a una delle rationes deeidendi rende
inammissibili, per sopravvenuto difetto dì interesse, le censure relative alle

eventuale fondatezza non potrebbe comunque condurre all’annullamento della
decisione stessa (giurisprudenza costante di questa Corte: cfr. ex pluribus
Cass. nn. 20454/05, 5483/06, 9247/06 e 11494/06).
5. – In conclusione il ricorso va respinto.
6. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della
parte ricorrente.
7. – Rilevato che dagli atti il processo risulta esente dal pagamento del
contributo unificato, non sì applica l’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n.
115/02, inserito dall’art. 1, corruna 17 legge n. 228/12.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e pone a carico della parte ricorrente le spese,
che liquida in

e 500,00, oltre spese prenotate e prenotande a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 4.2.2016.

altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto la loro

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