Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7013 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. III, 11/03/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 11/03/2020), n.7013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15031-2018 proposto da:

R.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

FEDERICI 2, presso lo studio dell’avvocato MARIA CONCETTA

ALESSANDRINI, rappresentato e difeso dall’avvocato ETTORE PREDA;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE EMILIA ROMAGNA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 739/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/10/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

pronunciando sulle domande proposte da R.S. nei confronti della Banca della Campania s.p.a., il Tribunale di Napoli dichiarò la nullità parziale delle clausole anatocistiche inserite nei rapporti di conto corrente n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS) e condannò la Banca a pagare all’attore la somma di 63.238,38 Euro, oltre accessori;

provvedendo sull’appello principale del R. e su quello incidentale della Banca, la Corte di Appello di Napoli ha rigettato il primo ed ha accolto il secondo, dichiarando l’intervenuta prescrizione dei crediti vantati dall’attore nei confronti dell’istituto bancario;

premesso che i rapporti giuridici intercorsi fra il R. e la Banca erano costituiti da contratti di conto corrente, la Corte ha richiamato i principi espressi da Cass., S.U. n. 24418/2010 che, distinguendo fra contratto di conto corrente (in cui i versamenti effettuati sul conto hanno natura solutoria) e contratto di apertura di credito (in cui i versamenti sono volti a ripristinare la provvista e non comportano uno spostamento patrimoniale in favore della banca), ha affermato che soltanto nel caso di apertura di credito regolata in conto corrente il termine di prescrizione decennale dell’azione di ripetizione di indebito da parte del cliente decorre dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto; ciò premesso, ha affermato che “è pacifico che ai rapporti di conto corrente non accedesse alcuna apertura di credito, di talchè i versamenti effettuati dal correntista quando il conto era temporaneamente scoperto hanno avuto sicura funzione solutoria e, pertanto, va applicato il diverso principio per cui il termine di prescrizione per la ripetizione dell’indebito decorre dai singoli pagamenti”; con la conseguenza che i crediti vantati dal R. risultavano prescritti in quanto i saldi negativi più recenti risalivano all’ottobre ‘93 (per il conto (OMISSIS)) e al settembre ‘91 (per il conto (OMISSIS)) e la raccomandata del dicembre 2004 (costituente l’unico atto interruttivo precedente all’atto di citazione) non aveva validamente impedito il decorso della prescrizione, ormai già maturata;

ha proposto ricorso per cassazione R.S., affidandosi a tre motivi illustrati da memoria; ha resistito, con controricorso, la BPER Banca (incorporante la Banca della Campania).

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1283,1842,2033,2935 e 2967 c.c.: premesso che “competeva alla banca allegare e provare la finalità solutoria dei versamenti effettuati”, assume che, in difetto di prova, “si deve presumere abbiano natura ripristinatoria della provvista”, tanto più che la banca aveva addirittura ammesso che il ricorrente aveva goduto di aperture di credito;

il motivo è inammissibile e, comunque infondato;

inammissibile, in quanto, a fronte di un accertamento in fatto che ha motivatamente escluso la ricorrenza di un’apertura di credito accessoria ai contratti di conto corrente, mira a sollecitare un diverso apprezzamento di merito (circa la natura non solutoria dei versamenti) inibito in sede di legittimità;

comunque infondato, giacchè non gravava sulla banca l’onere di allegare e provare la natura solutoria dei versamenti, ma spettava all’attore in ripetizione “dimostrare la natura indebita dei versamenti e, a fronte dell’eccezione di prescrizione dell’azione proposta dalla banca, dimostrare l’esistenza di un contratto di apertura di credito idoneo a qualificare il pagamento come ripristinatorio e a spostare l’inizio del decorso della prescrizione al momento della chiusura del conto” (Cass. n. 27704/2018);

il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto la Corte di Appello non avrebbe potuto “d’ufficio, pronunciare su una eccezione (finalità solutoria dei versamenti) giammai sollevata dal convenuto”;

il motivo è infondato giacchè, proposta l’eccezione di prescrizione, la banca non era onerata di eccepire anche la finalità solutoria dei versamenti; infatti, “l’eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, e cioè l’inerzia del titolare, e manifestato la volontà di avvalersene” (Cass. n. 4372/2018, in motivazione), senza che sia necessario “che la banca indichi specificamente le rimesse prescritte (o) il relativo “dies a quo”, emergendo la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti dagli estratti-conto, della cui produzione in giudizio è onerato il cliente, sicchè la prova degli elementi utili ai fini dell’applicazione della prescrizione è nella disponibilità del giudice che deve decidere la questione” (Cass. n. 18144/2018);

col terzo motivo, viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, individuato nella circostanza che, nella memoria depositata il 28.6.2009, la Banca aveva dichiarato che il R. aveva fruito di un’apertura di credito;

il motivo è inammissibile, in quanto dedotto con richiamo a due soli stralci della memoria, che non consentono di apprezzare l’effettiva portata dell’espressione di cui viene lamentato l’omesso esame e, quindi, di valutarne la dedotta decisività;

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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