Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7013 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. I, 03/03/2022, (ud. 21/10/2020, dep. 03/03/2022), n.7013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3161/2019 proposto da:

D.B., domiciliato in Roma presso la cancelleria della

Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato Ivana

Calcopietro;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12

presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 3770/2018 del TRIBUNALE di CATANZARO,

depositato il 3/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/10/2021 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.B., cittadino guineiano, ricorre a questa Corte avverso l’epigrafato decreto con il quale il giudice adito, attinto dal medesimo ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ne ha respinto sensi del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 19 e art. 702-quater c.p.c., ne ha respinto le istanze di riconoscimento della protezione internazionale ed umanitaria e ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, artt. 112,115,116 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., per aver il decidente pronunciato l’impugnato rigetto senza esaminare le allegazioni documentali operate dal ricorrente nel termine all’uopo assegnatogli; 2) della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 11 e 14, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, e degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., per aver il decidente negato il riconoscimento dello status di rifugiato ancorché, essendo il ricorrente di etnia peul, sia perseguitato dall’etnia Malinka; 3) dell’omesso esame di fatti decisivi, nonché della violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 11 e 14, per aver il decidente negato il riconoscimento della protezione sussidiaria senza esaminare il rischio allegato dal ricorrente di essere esposto ad un danno grave in relazione alle ipotesi previste dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); 4) della violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., per aver il decidente denegato il riconoscimento della protezione umanitaria sul presupposto che la condizione di vulnerabilità riferibile alla persona del ricorrente afferisse alle violenze patite in Libia quando al contrario essa era stata dedotta con riferimento alla situazione interna del paese di provenienza.

Al proposto ricorso resiste l’amministrazione intimata con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il primo motivo di ricorso è infondato poiché, fermo in linea di principio che al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, il giudice del merito non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali ed a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo aver vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass., Sez. VI-I, 17/05/2013, n. 12123; Cass., Sez. I, 15/04/2011, n. 8767; Cass., Sez. IV, 25/05/1995, n. 5748), il provvedimento impugnato risulta depositato in data 3.12.2018, quindi in data successiva al decorso del termine per il deposito delle note conclusionali, onde non sussiste la lamentata violazione del contraddittorio, così come del pari non ricorrono né la violazione dell’art. 112 c.p.c., giacché essa è configurabile solo in relazione ad una domanda formulata in conclusione specifica e non in relazione a mere deduzioni difensive (Cass., Sez. VI-I, 20/10/2017, n. 24830), né la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., rendendosi essa ravvisabile allorché, nel primo caso, il giudice abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli e, nel secondo, il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento (Cass., Sez. U., 30/09/2020, n. 20867).

3. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, esaminabili congiuntamente stante l’unitarietà della censura, sono inammissibili poiché intesi a sindacare il giudizio di non credibilità espresso dal decidente in ordine ai fatti narrati dal richiedente.

Il Tribunale ha invero motivato l’assunto decisorio osservando che “la credibilità del racconto è messa in crisi dalla profonda indeterminatezza e dalle contraddizioni” emerse dal racconto reso dal ricorrente che ha in particolare, come bene rileva il decidente (in fondo a pag. 5 e all’inizio di pag. 6), addotto, a seconda delle sedi in cui ne avveniva l’escussione, versioni discordanti in ordine ai motivi che lo hanno indotto all’espatrio.

E’ noto al riguardo l’insegnamento preclusivo enunciato da questa Corte secondo cui “la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma, 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito” (Cass., Sez. I, 5/02/2019, n. 3340).

Poiché nella specie la motivazione adottata dal decidente è congrua ed adeguata e non è fonte perciò di alcuna anomalia costituente violazione di legge costituzionalmente rilevante, il motivo si sottrae alla sviluppata censura.

3. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile risultando la contestazione, da un lato, del tutto generica, vero che l’allegazione delle ragioni, connesse alla situazione interna del paese di provenienza, in accoglimento delle quali la misura reclamata sarebbe stata concedibile, non è declinata in modo esplicito avanti al Tribunale, ma il Tribunale avrebbe dovuto comunque effettuarne l’esame in conseguenza di quanto dedotto in relazione alle altre domande (ricorso pag. 21); dall’altro, è afferente ad una deduzione tardiva in quanto solo nelle note conclusive la questione viene accennata, pure lamentando lo stato di bisogno e di povertà del deducente, che notoriamente non di per sé solo circostanza idonea a legittimare il riconoscimento della misura (Cass., Sez. VI-I, 7/02/2019, n. 3681).

4. Il ricorso va dunque respinto.

5. Spese alla soccombenza. Doppio contributo ove dovuto.

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in Euro 2100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

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