Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7012 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. un., 11/03/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 11/03/2020), n.7012

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1558-2019 proposto da:

CONSORZIO INTERUNIVERSITARIO CINECA, in persona del Presidente pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 40,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO CATRICALA’, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati DAMIANO LIPANI e

GIORGIO MAZZONE;

– ricorrente –

contro

BE SMART S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, FORO TRAIANO 1/A, presso lo

STUDIO LEGALE SATTA ROMANO & ASSOCIATI, rappresentata e difesa

dagli avvocati FILIPPO SATTA, GIAN MICHELE ROBERTI, ANNA ROMANO ed

ISABELLA PEREGO;

– controricorrente –

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 6009/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 22/10/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/02/2020 dal Consigliere LOREDANA NAZZICONE;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale MATERA

MARCELLO, che ha concluso in via preliminare per l’inammissibilità

del ricorso incidentale; rigetto del ricorso principale;

uditi gli avvocati Antonio Catricalà, Giorgio Mazzone, Angelo

Venturini per l’Avvocatura Generale dello Stato, Anna Romano e Gian

Michele Roberti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 22 ottobre 2018, n. 6009, il Consiglio di Stato ha respinto gli appelli, principale ed incidentale, proposti avverso la decisione del T.a.r. del Lazio n. 2922 del 2017, che aveva annullato il decreto ministeriale n. 335 dell’8 giugno 2015 ed ordinato al Miur la sospensione del pagamento al Consorzio interuniversitario Cineca del contributo di Euro 18.700.000.

Il Consiglio di Stato ha stabilito, per quanto ancora rileva, che, venendo in considerazione il rispetto dell’obbligo degli Stati membri di preventiva notificazione dei progetti di aiuto e di differimento dell’esecuzione sino a quando la Commissione Europea si sia pronunciata sulla compatibilità con il mercato unico, la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. z-sexies, c.p.a., senza sospetto di sostituzione sostanziale nei compiti della Commissione stessa.

Nel merito, ha confermato la valutazione del giudice di primo grado circa la configurabilità come aiuto di Stato, ai sensi dell’art. 107, par. 1, Tfue, del finanziamento pubblico disposto dal Miur in favore del Cineca a copertura dei costi di funzionamento dei servizi informatici.

Ciò ha concluso, dopo avere valutato la sussistenza degli elementi propri della misura agevolativa, concernenti l’individuazione di un’impresa sul mercato, atteso il suo “carattere economico”, il conferimento di un “vantaggio economico” per l’impresa beneficiaria e la “selettività” della misura, che favorisce alcune imprese o produzioni.

Ha, quindi, reputato superfluo l’interpello della Corte di Giustizia con lo strumento del rinvio pregiudiziale.

Avverso questa sentenza propone ricorso il CINECA, sulla base di un motivo, cui resiste con controricorso la Be SMART s.r.l..

Ha proposto controricorso e ricorso incidentale il Miur, per un motivo.

Il CINECA e la Be SMART s.r.l. hanno depositato le memorie, il primo insistendo nel ricorso o, in subordine, chiedendo la declaratoria della cessazione della materia del contendere in relazione alla ordinanza pronunciata dal Consiglio di Stato n. 1426/2019.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Il ricorso principale. L’unico motivo del ricorso principale denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 108, paragrafo 3, Tfue e art. 133, comma 1, lett. z-sexies, c.p.a., con eccesso di potere giurisdizionale, per avere la sentenza statuito – come palesa, in particolare, la valutazione del preteso “indebito vantaggio economico” – anche sulla compatibilità di un aiuto di Stato con il mercato interno, qualificando il finanziamento dei servizi informatici come aiuto non ammesso, ai sensi del par. 1 dell’art. 107 del Trattato, in ragione della mancata notifica di cui al par. 3 dell’art. 108: si tratta, al contrario, di un potere che la legge non attribuisce al giudice amministrativo, essendo la valutazione di compatibilità dell’aiuto riservata, come contraddittoriamente enuncia la stessa sentenza impugnata, alla Commissione Europea, che è stata peraltro già investita della questione dalla stessa Be SMART s.r.l. sin dal 15 febbraio 2014.

In tal modo, il giudice amministrativo non si è limitato ad esercitare poteri provvisori in attesa del pronunciamento della Commissione, nè a sancire l’obbligo di notifica alla stessa, ma ha operato la valutazione sulla compatibilità dell’aiuto, così travalicando i limiti della propria giurisdizione.

1.2. – Il ricorso incidentale del Miur. Il Miur propone ricorso incidentale, con il quale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 108, paragrafo 3, Tfue e art. 133, comma 1, lett. z-sexies, c.p.a., ai sensi dell’art. 111 Cost., con eccesso di potere giurisdizionale, per avere con capo autonomo la sentenza qualificato tutti i finanziamenti pubblici annualmente disposti come aiuti di Stato, con statuizione che viola il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 34 c.p.c. e art. 112 c.p.c., finendo, quindi, per configurare una ipotesi di giudicato conformativo rispetto a tutti i contributi di tutti gli anni (per i quali pendono, invece, distinti giudizi amministrativi), limitante in modo illegittimo l’attività dell’amministrazione, oltre a ledere esclusiva specifica competenza della Commissione Europea al riguardo.

1.3. – La questione posta dal ricorso principale. Il ricorso pone la questione se integri violazione dei limiti esterni della giurisdizione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, art. 362 c.p.c. e art. 110 cod. proc. amm., per difetto di potere giurisdizionale in capo al Consiglio di Stato, l’avere esso deciso la qualificazione di un atto come aiuto di Stato soggetto a notifica, in quanto ritenuto presentare i presupposti della misura agevolativa ex art. 107 Tfue, laddove tale competenza è riservata dai Trattati alla Commissione Europea.

Al quesito deve darsi, nel caso di specie, risposta negativa, non senza la previa ricostruzione dei rapporti all’interno dell’Unione in detta materia, nonchè dell’ambito del ricorso ex art. 111 Cost., comma 8.

2. – Gli artt. 107 e 108 Tfue. L’art. 107, par. 1, Tfue dichiara incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma e che, favorendo talune imprese o produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

Il paragrafo 2 indica specificamente le tipologie e le condizioni per le quali alcuni aiuti sono, invece, considerati dal Trattato compatibili con il mercato interno, mentre il paragrafo 3 estende tale eventuale compatibilità ad altre tipologie di aiuti, delle quali del pari definisce le particolari condizioni di ammissibilità, terminando il comma con una previsione residuale concernente “altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione”.

Si tratta di un giudizio complesso, sia quanto alla fattispecie di aiuto, sia quanto alle eccezioni.

Di conseguenza, l’art. 108, par. 1, Tfue affida alla Commissione “l’esame permanente dei regimi di aiuti esistenti” degli Stati (cd. aiuti esistenti).

Il paragrafo 3, logicamente da preporre al secondo, afferma che alla Commissione “sono comunicati, in tempo utile perchè presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti” (cd. aiuti nuovi) e che essa se “ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno… inizia senza indugio la procedura prevista”.

Alla stregua di tale procedura, contemplata al paragrafo 2, la Commissione: a) intima agli interessati di presentare le loro osservazioni; b) verifica se l’aiuto concesso da uno Stato, o mediante fondi statali, sia incompatibile con il mercato interno o sia attuato in modo abusivo; c) decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato; d) in caso di inottemperanza, la Commissione o qualsiasi altro Stato interessato può adire la Corte di giustizia dell’Unione Europea; e) la procedura è sospesa quando, a richiesta di uno Stato membro, il Consiglio all’unanimità decida, in presenza di circostanze eccezionali, che un aiuto è compatibile con il mercato interno.

Al paragrafo 3, pertanto, si prevede ancora che “Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale”.

3. – La competenza della Commissione Europea in materia di aiuti di Stato. La competenza esclusiva a valutare la compatibilità di un aiuto di Stato con il mercato interno appartiene indiscutibilmente alla Commissione.

Si tratta di accertare se l’aiuto attribuisca un vantaggio ad alcune imprese e se produca effetti distorsivi sul regime di concorrenza. Infatti, secondo l’art. 107 Tfue, gli aiuti potrebbero produrre effetti positivi rispetto al soddisfacimento di altri interessi, espressione di valori tutelati dall’ordinamento Europeo, il quale, se tutela la libertà di concorrenza come principio fondamentale del proprio assetto politico-economico, riconosce però anche i principi dello sviluppo equilibrato e dell’integrazione dei paesi membri nel mercato comune. La Commissione, dunque, valuta caso per caso la sussistenza dei presupposti di compatibilità.

3.1. – Sulla competenza esclusiva della Commissione Europea si richiama la comunicazione della Commissione 2009/C 85/01, relativa all’applicazione della normativa in materia di aiuti di Stato da parte dei giudici nazionali, secondo cui “la valutazione di compatibilità di una misura d’aiuto con il mercato comune (…) rientra nella competenza esclusiva della Commissione” (punto 92), “salvo il riesame da parte delle corti della Comunità” (punto 20), mentre “i giudici nazionali non sono competenti a valutare la compatibilità di una misura di aiuto” (punto 92; cfr. già Cass., sez. un., ord. 13 dicembre 2016, n. 25516; v. anche Cons. Stato, sez. 3, 13 maggio 2015, n. 2401).

Vi si precisa, in particolare, che ai giudici nazionali spetta di “interpretare la nozione di aiuto di Stato” (punto 10) e che le possibilità per i giudici nazionali sono due, qualora nutrano dubbi in merito a un aiuto di Stato: “i giudici nazionali possono chiedere il parere della Commissione Ciò non pregiudica la possibilità o l’obbligo del giudice nazionale di chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi in via pregiudiziale sulla questione ai sensi dell’art. 234 del trattato CE” (punto 13).

3.2. – La Corte di giustizia ha, dal suo canto, da tempo affermato che “l’istituzione del sistema di controllo degli aiuti di Stato spetta, da un lato, alla commissione, e, dall’altro, ai giudici nazionali, fermo restando che i loro rispettivi ruoli sono complementari ma distinti” (punto 19) e che “in base al suddetto sistema, la commissione dispone dunque di una competenza esclusiva, sotto il controllo dei giudici dell’Unione, nel valutare la compatibilità di un aiuto con il mercato interno” (punto 20) (Corte di giustizia 13 febbraio 2014, C69/13, Mediaset s.p.a.; ed altre, quali Corte di giustizia 21 novembre 2013, Deutsche Lufthansa, C-284/12; Corte di giustizia 5 ottobre 2006, Transalpine Olleitung in Osterreich, C-368/04; Corte di giustizia 21 ottobre 2003, van Calster, C-261/01 e C-262/01; nonchè ancora Corte giustizia 23 gennaio 2019, C-387/17, Traghetti del Mediterraneo).

Infatti, l’applicazione delle norme unionali in materia di aiuti di Stato si fonda su di un obbligo di leale cooperazione tra giudici nazionali e Commissione, nell’ambito della quale ciascuno agisce in funzione del ruolo assegnatogli dal Trattato, di guisa che, nel contesto di tale cooperazione, i giudici nazionali devono adottare tutte le misure generali o particolari idonee ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione ed astenersi dall’adottare quelle che possono compromettere la realizzazione degli obiettivi del Trattato (Corte di giustizia 26 ottobre 2016, C-590/14, Dimosia Epicheirisi Ilektrismou AE; Corte di giustizia 15 settembre 2016, C574/14, PGE Gornictwo i Energetyka Konwencjonalna SA; Corte di giustizia 19 marzo 2015, C-672/13, OTP Bank Nyrt).

3.3. – A ciò si conformano i principi enunciati nel diritto interno, secondo cui, in ragione del carattere imperativo della vigilanza sugli aiuti statali operata dalla Commissione Europea, si devono considerare irrilevanti sia l’esistenza di eventuali disposizioni legislative nazionali che disciplinano gli aiuti, poi giudicati illegittimi, sia eventuali pronunce dei giudici nazionali, in quanto la valutazione di compatibilità degli aiuti con il mercato comune di portata comunitaria è di spettanza esclusiva della Commissione (Cass. 4 maggio 2012, n. 6756).

Quindi, le decisioni della Commissione, segnatamente nell’ipotesi in cui essa si pronunci ai sensi dell’art. 108 Tfue, sono fonte di obbligo vincolante nei confronti dello Stato destinatario, compresi gli organi giudiziari, che sono tenuti ad uniformarvisi in base al principio della primazia del diritto unionale, sicchè è preclusa ogni ulteriore discussione e contestazione relativa all’illegittimità o invalidità delle valutazioni compiute dalla istituzione comunitaria ove l’atto sia divenuto inoppugnabile (Cass. 21 maggio 2018, n. 12393; Cass. 12 settembre 2012, n. 15207; Cass. 11 maggio 2012, n. 7319; e v. Corte Cost. 5 luglio 2018, n. 142).

L’ordinamento comunitario e l’ordinamento interno sono configurati come sistemi normativi autonomi e distinti, ancorchè coordinati, secondo la ripartizione di competenze stabilita e garantita dai trattati, nè è consentita all’interprete l’interpolazione di comandi provenienti da fonti normative appartenenti ad ordinamenti che restano diversi, trattandosi di operazione viziata sotto il profilo logico e giuridico (Cass. 21 giugno 2017, n. 15385).

In definitiva, non compete al giudice nazionale pronunciarsi sulla compatibilità con il mercato interno di detta misura, compito esclusivo della Commissione, onde il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in dati casi può imporsi come atto obbligato (Cass. 6 febbraio 2019, n. 3523).

3.4. – Per quanto riguarda l’accertamento operato dalla Commissione Europea, l’art. 107 (e già l’art. 87, n. 1, Ce) enuncia quattro requisiti cumulativi: “In primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve poter incidere sugli scambi tra Stati membri. In terzo luogo, deve concedere un vantaggio al suo beneficiario. In quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza” (Corte di giustizia 17 settembre 2009, C-519/07 P, Commissione delle Comunità Europee c. Koninklijke FrieslandCampina NV, punto 102; ma si tratta di affermazioni ricorrenti: fra le tante, Corte giustizia 15 luglio 2004, C-345/02, Pearle; 24 luglio 2003, C-280/00, Nahverkehrsgesellschaft Altmark GmbH; 16 maggio 2002, C482/99, Governo Francia c. Commissione; 14 settembre 1994, cause riunite da C-278/92 a C-280/92, Governo Spagna c. Commissione; 2 febbraio 1988, cause riunite C-67, C-68 e C-70/85, Kwekerij Gebroeders van der Kooy c. Commissione; 30 gennaio 1985, C290/83; Corte giust. 14 novembre 1984, C-323/82, Intermills c. Commissione).

Nella Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all’art. 107, emanata nel 2016, questa ha precisato, sulla base del predetto enuciato e della giurisprudenza Eurounitaria, che gli elementi costitutivi della nozione di aiuto sono: la presenza di un’impresa, l’imputabilità della misura allo Stato ed il finanziamento tramite risorse statali, il vantaggio, la selettività e l’incidenza sugli scambi fra Stati membri e sulla concorrenza nel mercato interno.

Dunque, l’aiuto è incompatibile quando (cfr. già Cass. 10 agosto 2016, n. 16871): a) sul piano soggettivo, l’aiuto provenga dallo Stato o sia comunque attuato con risorse dello Stato, riferibilità che va intesa in senso ampio; b) ancora sul piano soggettivo, esista un’impresa beneficiaria; c) sul piano oggettivo, l’aiuto attribuisca ad essa un vantaggio economico, il quale d) sia selettivo, ossia benefici talune imprese o produzioni; e) incida sugli scambi tra gli Stati membri (c.d. scambi intra-comunitari), falsando o minacciando di falsare in tal modo la concorrenza e comportando che alcune imprese risultino avvantaggiate rispetto ad altre concorrenti, che si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga, con esclusione pertanto degli interventi generali di politica economica riguardanti tutte le imprese, i quali non soggiacciono al divieto ex art. 107 Tfue.

4. – La giurisdizione del giudice amministrativo in materia di aiuti di Stato. L’art. 133, comma 1, lett. z-sexies, c.p.a. dispone che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie relative agli atti ed ai provvedimenti che concedono aiuti di Stato in violazione dell’art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti adottati in esecuzione di una decisione di recupero di cui all’art. 14 del reg. (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, a prescindere dalla forma dell’aiuto e dal soggetto che l’ha concesso”.

La lettera è stata aggiunta dalla L. 24 dicembre 2012, n. 234, art. 49, comma 2.

La L. 24 dicembre 2012, n. 234, art. 50, ha, inoltre, previsto che “I provvedimenti che concedono aiuti di Stato in violazione dell’art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea possono essere impugnati davanti al tribunale amministrativo regionale competente per territorio”.

L’interpretazione di tale disposizione, sorta per dare effettività al ruolo dei giudici nazionali, non può ovviamente che avvenire dando, in ogni caso, priorità alle fonti Eurounitarie.

5. – I limiti alla giurisdizione nazionale. Il giudice nazionale può trovarsi a valutare se sussista un aiuto di Stato.

La Corte di giustizia (Corte di giustizia 15 settembre 2016, C-574/14, PGE Gornictwo, punti 31-32; 11 novembre 2015, C505/14, Klausner Holz Niedersachsen GmbH c. Land Nordrhein-Westfalen, punti 21-26; e già Corte di giustizia 21 novembre 1991, C354/90, Federation nationale du commerce extèrieur des produits alimentaires e Syndicat national des nègociants et transformateurs de saumon) ha invero chiarito che ai giudici nazionali possono ben essere sottoposte controversie nelle quali sono “tenuti a interpretare e applicare la nozione di aiuto”, prevista all’art. 107, par. 1, Tfue, in particolare al fine di valutare se una misura statale, adottata senza tener conto del procedimento di controllo preventivo di cui all’art. 108, par. 3, Tfue, debba esservi soggetta.

I giudici nazionali forniscono tutela per quanto concerne sia la validità degli atti d’esecuzione, sia il recupero degli aiuti finanziari concessi in violazione di tale disposizione o di eventuali misure provvisorie (Corte di giustizia 11 novembre 2015, C-505/14, Klausner Holz Niedersachsen GmbH c. Land Nordrhein-Westfalen, punto 24; 21 novembre 2013, C-284/12, Deutsche Lufthansa, punto 30).

A tal fine, i giudici nazionali, qualora constatino che la misura in questione costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 107 Tfue, che è stato attuato in violazione dell’art. 108, par. 3, terza frase, Tfue, possono decidere di sospendere l’esecuzione di tale misura, di ingiungere il recupero delle somme versate o disporre misure provvisorie, al fine di salvaguardare, da una parte, gli interessi delle parti coinvolte e, dall’altra, l’effetto utile della successiva decisione della commissione (sentenza 11 novembre 2015, C-505/14, punto 26).

Nel contesto di tale cooperazione i giudici nazionali devono adottare tutte le misure generali o particolari idonee ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione ed astenersi dall’adottare quelle che possono compromettere la realizzazione degli obiettivi del Trattato, come deriva dall’art. 4, paragrafo 3, TUE (Corte di giustizia 26 ottobre 2016, C-590/14, Dimosia Epicheirisi Ilektrismou AE; Corte di giustizia 15 settembre 2016, C-574/14, PGE Gornictwo i Energetyka Konwencjonalna SA; Corte di giustizia 19 marzo 2015, C-672/13, OTP Bank Nyrt).

Dunque, dal sistema complessivamente così ricostruito emerge la possibilità di un esame delibatorio da parte del giudice nazionale.

Vanno invero distinte le nozioni di “aiuto illegale” e di “aiuto incompatibile” con il mercato interno, potendo la illegalità essere rilevata sia dal giudice nazionale che dalla Commissione, mentre il solo giudizio sulla compatibilità dell’aiuto è riservato alla Commissione.

Nè il giudice nazionale, nè la Corte di giustizia, eventualmente investita di un quesito pregiudiziale limitatamente alla sussistenza dell’aiuto in funzione dell’osservanza dell’art. 108, n. 3, sono competenti a valutare nel merito la compatibilità dell’aiuto, valutazione che spetta in prima battuta esclusivamente alla Commissione, sotto il controllo della Corte (Corte di giustizia 5 ottobre 2006, Transalpine Ulleitung in Osterreich, C-368/04).

La più corretta interpretazione delle affermazioni della Corte di giustizia, affinchè esse non restino puramente astratte od assumano risvolti contraddittori, è nel senso di avere l’art. 108 Tfue inteso attribuire ai giudici nazionali ogni potere, tale da preservare l’efficacia della decisione della Commissione circa l’incompatibilità dell’aiuto di Stato con il mercato comune, per quando essa arriverà.

In tal modo, l’apprezzamento operato dal giudice nazionale – pur a fini di immediata tutela degli interessati e senza invasione del campo di operatività della Commissione – si estende, quale premessa, all’individuazione dell’esistenza di una situazione astrattamente qualificabile come aiuto di Stato e permette poi di valutare se sia rimasto inadempiuto un (a quel punto, giudicato sussistente) obbligo di comunicazione preventiva alla Commissione.

6. – Il ricorso alle S.U. per motivi inerenti la giurisdizione.

6.1. – Com’è noto, le sentenze del Consiglio di Stato possono essere oggetto di ricorso per cassazione per i “soli motivi inerenti alla giurisdizione”, ricondotti al difetto assoluto di giurisdizione, allorchè il Consiglio di Stato affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all’amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento), nonchè allorchè sussista il difetto relativo di giurisdizione, quando il giudice amministrativo affermi cioè la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici (nella giurisdizione ordinaria di legittimità, fra le tante, Cass., sez. un., 1 aprile 2019, n. 9042; e v. Corte Cost. 18 gennaio 2018, n. 6).

In particolare, l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, si configura quando l’indagine svolta dal giudice amministrativo, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima una volontà dell’organo giudicante che si sostituisce a quella dell’amministrazione, eccedendo i limiti della valutazione di legittimità.

6.2. – Per quanto riguarda i rapporti col diritto dell’Unione, costituisce principio ripetutamente affermato che il controllo del rispetto del limite esterno della giurisdizione ex art. 111 Cost., u.c., non includa anche una funzione di verifica finale della conformità di quelle decisioni al diritto dell’Unione Europea, neppure sotto il profilo dell’osservanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale ex art. 267, comma 3, Tfue (Cass., sez. un., 1 aprile 2019, n. 9042; 17 dicembre 2018, n. 32623; 15 novembre 2018, n. 29391; 18 dicembre 2017, n. 30301; 14 dicembre 2016, n. 25629; 4 febbraio 2014, n. 2403; 5 luglio 2013, n. 16886; 1 marzo 2012, n. 3236; 31 ottobre 2008, n. 26299; 2 dicembre 2005, n. 26228; 29 aprile 2005, n. 8882).

Si è aggiunto (Cass., sez. un., 17 dicembre 2018, n. 32622) che la non sindacabilità da parte della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 8, delle violazioni del diritto dell’Unione Europea ascrivibili alle sentenze pronunciate dagli organi di vertice delle magistrature speciali è compatibile con il diritto dell’Unione, tenuto conto che è rimessa ai singoli Stati l’individuazione degli strumenti processuali per assicurare tutela ai diritti riconosciuti dall’Unione.

La medesima posizione è quella del giudice delle leggi, secondo cui l’intervento delle Sezioni unite, in sede di controllo di giurisdizione, non può essere “giustificato dalla violazione di norme dell’Unione o della Cedu”, non essendo possibile che venga “ricondotto al controllo di giurisdizione un motivo di illegittimità (sia pure particolarmente qualificata)…” (Corte Cost. 18 gennaio 2018, n. 6, cit.).

E’ peraltro noto come sia stato propugnato da più parti un cambio di orientamento, ritenendosi che il pregiudizio così arrecato al diritto dell’Unione meriti l’utilizzo di ogni tipo di strumento disponibile, quale l’impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato per motivi attinenti alla giurisdizione, in adesione al criterio della più completa attuazione agli obblighi derivanti dall’adesione all’Unione Europea: ciò implicherebbe la necessità di rimuovere, in tal modo, ogni ostacolo che pregiudichi la piena effettività del diritto Eurounionale; ed un’apertura si era avuta (Cass., sez. un., 29 dicembre 2017, n. 31226) per i soli casi di “radicale stravolgimento delle norme di riferimento” tali da ridondare in denegata giustizia, tuttavia smentita dal giudice delle leggi (Corte Cost. n. 6/2018, cit.).

6.3. – Ma l’orientamento appena ricordato, mirante ad escludere un’interpretazione cd. dinamica dei motivi inerenti la giurisdizione, non impedisce di ritenere, nel caso in esame, pertinente ad essi la situazione in cui un giudice speciale nazionale abbia invaso le competenze della Commissione Europea.

Questa, quale organo organizzativo dell’Unione, svolge compiti esecutivi, cui si attaglia la definizione di merito gestorio, nel quale, nel rispetto dei confini della propria giurisdizione, il giudice amministrativo non può sconfinare.

In caso contrario, si verifica un eccesso di potere giurisdizionale per invasione della sfera del merito riservata all’amministrazione, operando allora il giudice amministrativo non il mero controllo di legalità al medesimo affidato dall’art. 108 Tfue, ma una diretta valutazione di merito in ordine alla situazione di compatibilità dell’aiuto, riservata alla Commissione Europea dall’art. 107 Tfue.

Come sopra esposto, appartiene alle prerogative della Commissione di svolgere le valutazioni economiche necessarie per garantire la concorrenza nel mercato interno: al riguardo, la Corte di giustizia ha chiarito che solo alla Commissione competono le complesse verifiche che tale controllo comporta, dovendo invece il giudice limitarsi ai profili di legittimità.

Innanzi alle Sezioni unite, pertanto, non è questione di sindacare l’omesso rinvio pregiudiziale, nè la violazione generica di norme unionali, nè quella tale da risolversi in denegata giustizia; si tratta, invece, di valutare se la situazione integri il superamento dei limiti esterni della giurisdizione per sconfinamento nella sfera riservata alla Commissione Europea.

Tale questione rientra nell’ambito entro il quale è consentito impugnare per cassazione le sentenze emesse dal giudice amministrativo, poichè si rimane entro l’area delle questioni in materia di giurisdizione, sottoponibili all’esame delle Sezioni unite: la questione attiene alla corretta individuazione dei limiti esterni della giurisdizione, con riguardo al confine entro cui ciascun giudice è tenuto ad esercitare il potere-dovere di ius dicere.

In sostanza può qualificarsi come questione attinente alla giurisdizione – non la mera violazione di una norma dell’Unione Europea, avente i contenuti più vari, o la c.d. denegata giustizia, ma – lo sconfinamento proprio dai limiti di competenza riservata in capo alla Commissione Europea, dove non sono affatto attribuiti poteri al giudice nazionale, onde la questione ridonda in eccesso dai poteri giurisdizionali.

In tal modo, la Corte di cassazione a sezioni unite, quale giudice regolatore della giurisdizione, sindaca la violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa e non l’applicazione del diritto Eurounitario operata.

Occorre, pertanto, affermare il principio di diritto, secondo cui costituisce motivo di ricorso attinente alla giurisdizione quello con il quale si denunzia che il Consiglio di stato, nell’ambito del giudizio proposto ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. z-sexies, c.p.a., abbia esercitato i poteri inerenti alla giurisdizione esclusiva al di fuori dei casi in cui la legge lo consente, per avere esso invaso la sfera dei poteri riservati alla esclusiva competenza della Commissione Europea.

7. – Il caso di specie. Nel caso di specie, al giudice amministrativo è stato chiesto di giudicare sulla contrarietà della misura predetta, quando ancora non è intervenuta una dichiarazione di compatibilità/incompatibilità da parte della Commissione Europea: ciò, in quanto la ricorrente Be SMART s.r.l., fortemente avversata dalle controparti, postulava trattarsi di misure di aiuto oggetto di necessaria notifica, ai sensi dell’art. 107 del Trattato.

La sentenza impugnata esprime la convinzione che la misura agevolativa di che trattasi, costituendo una misura finanziata con risorse statali che favorisce il destinatario con vantaggio economico dello stesso, non si sottragga in linea di principio al procedimento delineato dagli artt. 107 e 108 Tfue.

Tale accertamento non esula dai confini propri dei compiti che il diritto unionale assegna al giudice nazionale, come sopra delineati.

La Commissione Europea, come sopra esposto, deve essenzialmente provvedere ad accertare se lo Stato abbia aiutato una o più imprese, e se ciò abbia verosimilmente inciso sul commercio tra i paesi dell’Unione in modo selettivo, onde la concorrenza sia stata potenzialmente falsata.

La sentenza impugnata ha giudicato con riguardo al “vantaggio economico” ad un’impresa ed alla “selettività” della misura, solo ad abundantiam contenendo essa alcune affermazioni circa l’incidenza sugli scambi tra Stati membri e l’idoneità a falsare la concorrenza (punto 9).

Mentre le singole valutazioni operate rientrano nell’ambito interno dei poteri assegnati, onde non sono qui sindacabili, neppure il Consiglio di Stato ha varcato i confini della propria giurisdizione, essendosi limitato all’accertamento dell’aiuto ed all’annullamento dell’atto amministrativo (che è il proprium del giudice nazionale italiano e non della commissione), senza valutare il presupposto della compatibilità con il mercato interno, al più considerato alla stregua di mero accertamento incidentale, che lascia persistere inalterato ogni potere attribuito alla Commissione.

Si noti, infine, come, al riguardo, non rilevi l’ordinanza del Consiglio di Stato in data 20 marzo 2019, n. 1426, resa in negazione dell’istanza di sospensiva della sentenza ora impugnata, laddove essa esclude l’esorbitanza di questa nell’ambito di competenza della Commissione Europea. Invero, non esiste un potere di cd. interpretazione autentica di un precedente provvedimento giudiziario, emesso dallo stesso organo giurisdizionale e nella medesima vicenda concreta: salvo che si tratti, come non è nella specie, dei casi espressamente previsti dall’ordinamento, come quando occorra solo puntualizzare l’interpretazione giuridica precedentemente data ad una disposizione normativa, che resta affidata ad ogni giudice, ai sensi dell’art. 101 Cost., comma 2; di sindacare quanto deciso dal giudice di rinvio ex artt. 383 e 392 ss. c.p.c.; di provvedere in revocazione ex art. 395 c.p.c. del provvedimento impugnato con tale mezzo.

Del tutto irrilevante, pertanto, resta detta pretesa “interpretazione autentica” della sentenza impugnata, che i resistenti assumono operata dal medesimo organo giurisdizionale nell’ordinanza di rigetto della istanza di sospensione, prodotta nel presente giudizio: ma che, invece, in nessun modo può avere l’effetto voluto di limitare l’interpretazione del provvedimento giurisdizionale in discorso, ormai consegnato – esso stesso – all’oggettività di una interpretazione fondata sui canoni degli artt. 1362 ss., in quanto compatibili, o, per il decisum, dell’art. 12 preleggi.

8. – Ricorso incidentale. Il ricorso incidentale è inammissibile in quanto tardivo, avendo il medesimo proposto autonome doglianze verso un capo separato della sentenza impugnata: onde il termine è scaduto il 4 gennaio 2019, laddove il ricorso risulta notificato il 23 gennaio successivo.

9. – Spese. La complessità della questione trattata giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

Ne segue la dichiarazione di sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto per il ricorso, a carico del ricorrente principale, ma non di quello incidentale trattandosi di amministrazione dello Stato (per tutte, Cass. 14 marzo 2014, n. 5955).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile l’incidentale e compensa fra le parti le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite civili, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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