Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7009 del 17/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 17/03/2017, (ud. 02/02/2017, dep.17/03/2017),  n. 7009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 899/2016 proposto da:

D.T.A., D.F., in proprio elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZALE DON LUIGI STURZO 9, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI NAPPI, rappresentati e difesi dall’avvocato

FABIO D’ARGENZIO;

– ricorrenti –

contro

GENERTEL SPA, in persona dei legali rappresentanti, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 10, presso lo studio

dell’avvocato PIERLUIGI ANGELONI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2036/2015 del TRIBUNALE di LATINA, depositata

il 30/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 02/02/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– con la sentenza impugnata, il Tribunale di Latina ha parzialmente accolto l’appello principale proposto dall’avv. D.F. e da D.T.A. contro la sentenza del Giudice di Pace di Latina, con la quale era stato dichiarato avvenuto il risarcimento dei danni al veicolo di proprietà del D.T. da parte della convenuta Genertel Assicurazioni SPA in relazione all’incidente stradale verificatosi il (OMISSIS) (nel quale erano rimasti coinvolti i mezzi di proprietà del D.T. e di tale G.S.) ed era stato dichiarato compreso anche quanto dovuto per il fermo tecnico del mezzo nella somma di Euro 1.400,00 (oltre Euro 300,00 per spese legali) offerta in via stragiudiziale ed accettata dall’attore a titolo di acconto (pagata banco iudicis davanti al primo giudice); con la sentenza di primo grado era stata rigettata la domanda di risarcimento dei danni esistenziali (avanzata dall’avv. D. anche in proprio, per lesione “della sua immagine, identità e dignità personale e professionale”) ed erano state compensate le spese tra il D.T. e la Genertel, mentre il D. era stato condannato a rifondere le spese a quest’ultima;

– il Tribunale, dichiarato inammissibile l’appello incidentale di Genertel, ha accolto soltanto il motivo dell’appello principale concernente il danno da c.d. fermo tecnico, liquidando in favore del D.T. la somma ulteriore di Euro 300,00; ha, in particolare, rigettato i motivi d’appello concernenti i danni morali e/o esistenziali e l’asserita mancata ricezione delle raccomandate con le quali era stato spedito da Genertel l’assegno relativo alla somma offerta stragiudizialmente; ha reputato corretta la decisione di primo grado quanto al rigetto della domanda risarcitoria avanzata dagli attori ai sensi dell’art. 96 c.p.c. e quanto al regolamento delle spese; ha infine rigettato la pretesa degli appellanti di ulteriori interessi e rivalutazione ed ha compensato tra le parti le spese del grado;

– l’avv. D.F. e D.T.A. propongono ricorso con un motivo;

– Genertel S.p.A. si difende con controricorso;

– ricorrendo uno dei casi previsti dall’art. 375, comma 1, su proposta del relatore della sezione sesta, il presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte, ai sensi dell’art. 380 bis c.pc..;

– il decreto è stato notificato come per legge;

– parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

– con l’unico motivo si deduce “violazione e/o falsa applicazione D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 145 e s.m.i.; artt. 1174, 1175, 1176, 1181, 1375, 1218, 1219, 1220, 1223, 2043, 2059, 1226, 2056 e 2697 c.c.; R.D. n. 1736 del 1933, art. 37; art. 185 c.p.; artt. 91, 92, 96, 99, 112, 113, 115, 116 e 320 c.p.c.; art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè artt. 2, 3, 32, 24 e 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – Nullità della sentenza e del procedimento in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”;

– i ricorrenti deducono quanto di seguito sembra potersi sintetizzare: 1) non vi sarebbe stato alcun accordo tra gli attori e la convenuta Genertel in merito al versamento della somma complessiva di Euro 1.700,00 (di cui Euro 300,00 per spese legali) e questa sarebbe stata accettata, all’udienza del 24 giugno 2009 davanti al Giudice di Pace, soltanto a titolo di acconto; 2) non vi sarebbe stata alcuna prova che la convenuta avesse inviato l’assegno con due precedenti raccomandate; 3) la prova della ricezione delle raccomandate (la seconda delle quali, peraltro, gli attori riconoscevano di avere ricevuto, ma dopo la presentazione dell’atto di citazione) sarebbe stata fornita tardivamente dinanzi al Giudice di Pace ed avrebbe errato il Tribunale a ritenerla tempestiva; 4) il Tribunale avrebbe, ancora, errato nel non riconoscere agli appellanti i danni morali e/o esistenziali, che sostenevano essere loro derivati dal comportamento tenuto dall’assicuratore; 5) vi sarebbe stata un’omessa pronuncia del primo giudice sulla domanda risarcitoria ex art. 96 c.p.c. e questa sarebbe stata ingiustamente rigettata dal secondo giudice; 6) sarebbe errata la regolamentazione delle spese dei due gradi di giudizio, e quanto meno il D.T. sarebbe risultato vittorioso in grado d’appello; 7) la rivalutazione e gli interessi in grado d’appello sulle somme liquidate dal primo giudice a titolo risarcitorio sarebbero dovuti d’ufficio, e comunque erano stati già richiesti in primo grado;

– il motivo è inammissibile in primo luogo perchè non rispondente al disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 4, che presuppone che i motivi per i quali si chiede la cassazione contengano specifica indicazione delle norme di diritto su cui ciascuno si fonda, con la precisazione che “il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sè, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati” (Cass. S.U. n. 9100/15);

– tuttavia, nel caso di specie, l’unico motivo di ricorso si snoda per ben 27 pagine senza alcuna distinzione, nell’ambito delle diverse censure, tra questioni di fatto e questioni di diritto, con numerose ripetizioni, tanto da rendere difficoltosa anche soltanto l’individuazione delle questioni poste;

– queste sono state sintetizzate nei sette punti sopra enunciati, senza però che sia chiara, nè chiarita dal ricorrente, per ciascuna di esse, quali siano le norme di legge violate (indicate in rubrica con citazione cumulativa di 32 diverse disposizioni) e/o quali i fatti decisivi di cui il giudice a quo avrebbe omesso l’esame;

– peraltro, quanto a quella parte delle censure che sembra riferirsi più alla valutazione dei fatti e delle prove che a vizi di motivazione riconducibili al disposto dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo attualmente in vigore, è sufficiente aggiungere che non è deducibile in sede di legittimità il vizio della contraddittorietà o dell’insufficienza della motivazione, nè l’omesso esame, in tutto o in parte, di risultanze istruttorie o l’asserita pretesa loro erronea interpretazione da parte del giudice di merito (cfr. Cass. S.U. n. 8053/14 e numerose altre); non senza considerare che molti dei fatti su cui ripetutamente si intrattengono i ricorrenti sono privi di decisività ovvero palesemente smentiti dagli accertamenti contenuti nella sentenza (e ribaditi dalla resistente);

– infine, il ricorso è formulato anche in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, poichè manca della specifica riproduzione degli atti e dei documenti richiamati a sostegno delle diverse censure e dell’indicazione del luogo di reperimento nei fascicoli di parte o d’ufficio;

– perciò, va dichiarato inammissibile;

– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

– sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 2 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2017

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