Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7006 del 17/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 17/03/2017, (ud. 02/02/2017, dep.17/03/2017),  n. 7006

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29277/2015 proposto da:

M.F., titolare dell’omonima impresa edile, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato LOREDANA MARTINO;

– ricorrente –

contro

ME.LU., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI

CALAMATTA 16, presso lo studio dell’avvocato MANUELA MARIA ZOCCALI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUIGIA

CAMPANILE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 07/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 02/02/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’appello proposto dall’Impresa Edile M.F. contro la sentenza del Tribunale di Ravenna che aveva revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dall’Impresa Edile del M. nei confronti di Me.Lu., accogliendo l’opposizione di quest’ultimo, e condannando l’opposto a restituire quanto percepito per effetto della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo;

– la Corte d’appello, dopo aver nuovamente esaminato le deposizioni testimoniali assunte in primo grado ed i documenti ivi acquisiti, ha concluso che non vi fosse la prova che fossero rimasti ancora da saldare da parte della committenza – come sostenuto dal M. – i lavori extra contratto di appalto (stipulato dal Me. con l’Impresa M. per la ristrutturazione di un appartamento in (OMISSIS)). In particolare, ha ritenuto che tutti i lavori risultassero pagati a seguito della fattura n. (OMISSIS), mentre non fosse idoneo a provare la pretesa dell’ingiungente il “capitolato consuntivo” posto a base del decreto ingiuntivo, in quanto risultato non conforme all’originale e comunque smentito dal direttore dei lavori. Ha perciò confermato il rigetto dell’originaria domanda dell’Impresa e la revoca del decreto ingiuntivo, respingendo il gravame, e condannando l’appellante al pagamento delle spese del grado in favore dell’appellato;

– M.F., titolare dell’omonima impresa edile, propone ricorso con un motivo;

– Me.Lu. si difende con controricorso;

– ricorrendo uno dei casi previsti dall’art. 375, comma 1, su proposta del relatore della sezione sesta, il presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

– il decreto è stato notificato come per legge;

– parte resistente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con l’unico motivo si deduce il vizio di “violazione e omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti”, perchè il giudice: 1) avrebbe omesso di considerare le contraddizioni nelle quali sarebbe incorso il teste T.; 2) avrebbe “travisato e letto la descrizione della fattura in modo alquanto bizzarro”, in riferimento alla fattura del (OMISSIS), mentre la vera e propria fattura di chiusura lavori sarebbe quella del (OMISSIS), posta a base del decreto ingiuntivo; 3) avrebbe mal valutato anche la testimonianza resa dal padre del Me., che “non prova nulla”;

– il motivo è inammissibile poichè attiene ad asseriti vizi della motivazione in merito alla valutazione dei fatti e delle prove;

– ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo attualmente in vigore, non è deducibile in sede di legittimità il vizio della contraddittorietà e dell’insufficienza della motivazione, nè l’omesso esame, in tutto o in parte, di risultanze istruttorie o l’asserita pretesa loro erronea interpretazione da parte del giudice di merito (cfr. Cass. S.U. n. 8053/14 e numerose altre);

– perciò, il ricorso va dichiarato inammissibile;

– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;

– sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.900,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 2 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2017

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