Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7005 del 11/04/2016


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 7005 Anno 2016
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA
sul ricorso 17826-2014 proposto da:
AVERARDI MAURIZIO, BIANCHI MARIO, BUTTARI ADELE,
eredi di CAPOROSSI ROBERTO, in persona dei sig.ri CAPOROSSI
MARZIO, CARTONI FLORIO, CARLINI PAOLA, CASINELLI
SERGIO, CRISAFULLI GIOVANNI, DE ANGELIS PIERO,
FERDINANDI CARLO ANTONIO, GUALTIERI ROSARINO,
IVONE GIUSEPPE, PALOMBO ALDO, eredi di quali eredi di
PALLOTTOLINI GIANCARLO in persona di PALLOTTOLINI
SIMONE, MALARA ANNA MARIA, PANARELLO GIUSEPPE
ANGELO, RINALDI GIOVANNI, TOZZI ALBERTO, ZARATTI
FRANCESCO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE
GIUSEPPE MAZZINI, 123, presso lo studio dell’avvocato MARIA

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Data pubblicazione: 11/04/2016

CUOZZO, rappresentati e difesi dall’avvocato BRUNO FORTE
giuste procure in calce al ricorso;

– ricorrenti contro

80415740580, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende ope legis;

– controricoffente avverso il decreto n. R.G. 4599/2010 della CORTE D’APPELLO di
PERUGIA, depositato il 05/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
03/12/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;
udito l’Avvocato Bruno Forte difensore dei ricorrenti che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso e la decisione nel merito.

Ric, 2014 n. 17826 sez. M2 – ud. 03-12-2015
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t

MINISTERO DETEECONOMIA E DELLE FINANZE

IN FATTO
Con separati ricorsi in riassunzione, di poi riuniti, gli odierni ricorrenti
adivano la Corte d’appello di Perugia per ottenere la condanna del Ministero
dell’Economia e delle Finanze al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi

irragionevole di un processo instaurato davanti al TAR Lazio il 20.7.1998 e
ancora in corso, avente ad oggetto il nquadramento di dipendenti della
Regione Lazio.
Resistendo il Ministero, la Corte d’appello di Perugia con decreto del
6.5.2013, in parziale accoglimento della domanda, riconosceva in favore di
ciascuno dei ricorrenti l’importo di C 3.000,00 e compensava le spese.
Premesso che il processo presupposto era stato definito nelle more con
decreto di perenzione in data 6.3.2013, la Corte perugina osservava che detto
giudizio, di natura collettivo-sindacale, era caratterizzato da costi limitati se
non addirittura nulli e dall’assenza del turbamento d’animo, diversamente
connesso alla personalizzazione del giudizio. Rilevava, ancora, l’incoerenza
della condotta dei ricorrenti, che dopo nove anni d’inerzia dal deposito delle
prime istanze di prelievo (presentate nel 1999), avevano depositato
un’ulteriore istanza nel 2008, per poi omettere la presentazione dell’istanza di
fissazione dell’udienza. Il che dava conto della mancanza di un concreto ed
effettivo interesse alla decisione di merito da parte dei ricorrenti, i quali
avevano già ottenuto provvedimenti di sospensione nel 1998 e nel 1999.
Riteneva, comunque, la violazione del termine di durata ragionevole del
processo, per cui liquidava per ciascun ricorrente un indennizzo di € 3.000,00.
Infine, rilevato l’abuso dello strumento processuale derivante dalla
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dell’art. 2 della- legge 24 marzo 2001, n. 89, in relazione alla durata

proposizione di distinti ricorsi da parte del medesimo studio legale, per la
difesa di parti che avevano partecipato al processo presupposto in un’analoga
posizione processuale, compensava integralmente le spese.
La cassazione di tale decreto è chiesta dai ricorrenti di cui in epigrafe, in

Resiste con controricorso il Ministero dell’economia e delle Finanze.
Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in
forma semplificata.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 2 legge n. 89/01, 6

CEDU e 132, n. 4 c.p.c., nonché il vizio di motivazione.
La Corte d’appello, si sostiene, non ha considerato che dopo il primo
provvedimento d’inibitoria il processo presupposto è rimasto in una situazione
di quiescenza in attesa delle ulteriori determinazioni della Regione Lazio e
della legge di perequazione che quest’ultima avrebbe dovuto adottare. Il
giudizio è stato abbandonato solo dopo che nel 2008 il TAR Lazio, con
sentenza resa in un processo analogo e successivamente confermata dal
Consiglio di Stato, che ha dichiarato illegittimo il re-inquadramento disposto
dalla Regione con regolamento invece che con legge regionale. Legge poi
emanata nel 2009 (la n. 14) e successivamente dichiarata illegittima da Corte
cost. n. 195/10, lasciando ancora incerto il soddisfacimento dell’interesse
degli odierni ricorrenti.
Inoltre la Corte territoriale non ha considerato che il provvedimento di
sospensiva non aveva esaurito l’oggetto del contendere, ma anzi aveva
imposto alla Regione Lazio un comportamento positivo (cioè l’adozione di
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base a quattro motivi, variamente articolati.

provvedimenti a tutela delle posizioni soggettive degli istanti), che
quest’ultima non ha mai tenuto. Quanto alla mancata presentazione
dell’istanza di fissazione dell’udienza, la Corte distrettuale non ha tenuto
conto del fatto che almeno fino all’istanza di prelievo del 27.5.2008

2. – Il secondo motivo lamenta, in relazione al n. 5 dell’art. 360 c.p.c.,
l’omesso esame delle due istanze di prelievo, una a distanza di nove anni
dall’altra, e di quella presentata dalla stessa Regione Lazio il 2.10.2009; la
ritenuta mancanza d’interesse alla definizione del giudizio per la supposta
esistenza di provvedimenti di sospensiva, nonostante il provvedimento del
1999 consistesse nel rigetto della richiesta esecuzione della precedente
sospensiva concessa; la ritenuta mancanza d’interesse alla definizione del
giudizio per la mancata presentazione dell’istanza di fissazione dell’udienza;
l’opinato scarso valore della causa per la natura collettivo-sindacale del
ricorso.
3. – 11 terzo motivo espone la violazione degli artt. 3, 4 e 6 della legge n.
89/01 e 54 D.L. n. 112/08, convertito in legge n. 133/08, poiché alla data di
presentazione dei ricorsi (tutti anteriori al 4.7.2009) l’interesse dei ricorrenti
era comunque attuale, avendo essi presentato istanza di prelievo il 27.5.2008.
Ad ogni modo, la mancata presentazione dell’istanza di fissazione
dell’udienza e la conseguente declaratoria di perenzione del processo
amministrativo non preclude, in base alla giurisprudenza di questa Corte, il
diritto all’equa riparazione.
4. – Il quarto mezzo deduce la violazione degli artt. 2, commi 1 e 3, e 2-bis
legge n. 89/01, 117e 111 Cost., 6, 13, 17 e 41 CEDU.
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l’interesse alla decisione del ricorso amministrativo era comunque esistente.

La Corte territoriale, si sostiene, ha ignorato (i) l’esito del processo, atteso
che i ricorrenti sono ancora in attesa che la Regione Lazio adempia gli
obblighi a suo carico; (ii) il comportamento delle parti, poiché ha attribuito
una rilevanza contraria alle istanze di prelievo e alle richieste di

scarso valore la causa presupposta, quando invece si trattava di una questione
d’inquadramento dei ricorrenti nella qualifica dirigenziale.
5. – Il primo motivo é fondato.
Come questa Corte ha già affermato con sentenza n. 13077/14 (richiamata
espressamente nel ricorso) in una fattispecie analoga, la presentazione
dell’istanza di prelievo dimostra di per sé l’interesse alla definizione del
ricorso.
Per contro, non è alla mancata presentazione dell’istanza di fissazione
dell’udienza che può darsi rilievo ai fini in oggetto. Infatti, come pure già
osservato in materia da questa Corte, la dichiarazione di perenzione del
giudizio da parte del giudice amministrativo non consente di ritenere
insussistente il danno per disinteresse delle parte a coltivare il processo, in
quanto, altrimenti, verrebbe a darsi rilievo ad una circostanza sopravvenuta —
la dichiarazione di estinzione del giudizio — successiva rispetto al
superamento del limite di durata ragionevole del processo (Cass. n.
14386/15).
Ciò in quanto, come pure precisato da questa Corte, “(D’istanza di prelievo
assolve la funzione di manifestare il permanente interesse della parte alla
definizione del giudizio e di accelerarne, pertanto, la definizione. Sebbene la
persistenza dell’interesse alla sollecita decisione del ricorso amministrativo
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provvedimenti cautelari; (iii) la natura degli interessi coinvolti, giudicando di

non sia cristallizzabile nel tempo una volta e per tutte, ma abbia senso solo se
intesa diacronicamente (per i possibili mutamenti che può subire nel tempo il
rapporto sostanziale fra il soggetto che esercita il potere amministrativo e
colui che ne subisce gli effetti), nessuna norma e nessun principio processuale

regolari. Ciò non casualmente, ove si consideri che la protrazione del giudizio
nonostante la presentazione dell’istanza di prelievo ed oltre il limite di durata
ragionevole costituisce una patologia del processo, che in quanto tale non può
né essere posta a carico della parte ricorrente, né essere assunta quale causa
efficiente, secondo il criterio della regolarità causale, della perdita di interesse
della parte stessa. Escluso, dunque, che sia lecito inferire dalla mancata
reiterazione dell’istanza di prelievo il venir meno o l’attenuazione
dell’interesse ad agire, il lasso di tempo intercorso fra detta istanza e la
definizione del giudizio non può essere assunto di per sé solo ad elemento
significativo ai fini della riduzione dell’equo indennizzo ex lege n. 89/01”
(Cass. n. 11822/14 non massimata).
5.1. – La Corte territoriale si è discostata dai principi anzi detti, lì dove al
fine di quantificare l’indennizzo ha attribuito rilievo, ad un tempo, alla
mancata presentazione dell’istanza di fissazione dell’udienza e all’intervallo
di tempo trascorso tra la prima e la seconda istanza di prelievo.
6. – L’accoglimento del suddetto motivo assorbe l’esame delle restanti
censure, imponendosi un rinnovato accertamento di merito sul quantum
dell’indennizzo liquidabile.
7. – Il decreto impugnato va dunque cassato con rinvio ad altra sezione
della Corte d’appello di Perugia, che procederà ad un nuovo accertamento di
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impongono la reiterazione dell’istanza di prelievo ad intervalli più o meno

merito attenendosi ai principi di diritto sopra richiamati, provvedendo, altresì,
sulle spese di cassazione.
P. Q. M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri, cassa il decreto

provvederà anche sulle spese di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 3.12.2015.

impugnato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia, che

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