Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7003 del 17/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 17/03/2017, (ud. 27/01/2017, dep.17/03/2017),  n. 7003

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24579/2015 proposto da:

A.M., D.G.A.E., D.G.E.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA ADRIANA 15, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO FERRAZZA, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LUIGI CIANCIUSI;

– ricorrenti –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A. Società con socio unico, C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. DENZA 15, presso lo studio

dell’avvocato STEFANO MASTROLILLI che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

P.F., F.A., P.E., P.A.,

P.M., P.L., DI.GR.AN., PA.AL.,

F.M., FR.AN., FR.PI., P.I.,

F.V., F.B., D.G.V., P.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 977/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 01/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 27/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI

GIOVANNI LOMBARDO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che:

– parte ricorrente propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza di cui in epigrafe, con la quale la Corte territoriale ha confermato la sentenza di primo grado, che ebbe a rigettare la domanda con la quale i ricorrenti avevano chiesto, nei confronti della società ENEL Distribuzione s.p.a. (parte convenuta), la declaratoria della inesistenza di servitù di elettrodotto sul loro fondo e, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dall’ENEL, ebbe a disporre la costituzione di servitù coattiva di elettrodotto sul fondo attoreo;

– la società ENEL Distribuzione s.p.a. resiste con controricorso;

– le altre parti sono rimaste intimate;

– i ricorrenti hanno depositato memoria;

Atteso che:

– i tre motivi, proposti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, risultano inammissibili per difetto di specificità (art. 366 c.p.c., n. 4), in quanto:

a) i singoli motivi non sono esaminati separatamente, piuttosto col ricorso sono prospettate una serie di doglianze trattate in modo promiscuo e cumulativo, in guisa che non consente a questa Corte di cogliere con chiarezza i confini delle censure, esigendo piuttosto dalla Corte un’attività di precisazione e delimitazione dei confini delle stesse, che è la negazione della specificità e chiarezza dei motivi (Cass., n. 21611 del 20/09/2013), finendo – di fatto – per sollecitare un riesame della causa nel merito;

b) con particolare riferimento poi al dedotto vizio di cui dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (di cui al primo e al terzo motivo), non viene considerato neppure il contenuto precettivo delle norme di cui si denuncia la violazione o falsa applicazione, non vengono illustrate le ragioni del preteso contrasto della decisione impugnata col detto contenuto precettivo, nè viene esaminata la giurisprudenza della Corte per dimostrare in quali termini la sentenza impugnata se ne si sia discostata (art. 360 bis c.p.c., n. 1), dovendosi sul punto ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, “il rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione comporta, fra l’altro, l’esposizione di argomentazioni chiare ed esaurienti, illustrative delle dedotte inosservanze di norme o principi di diritto, che precisino come abbia avuto luogo la violazione ascritta alla pronuncia di merito (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675), in quanto è solo la esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass. 29 agosto 2011, n. 17739; Cass. 7 novembre 2013, n. 25044)”;

– la memoria depositata dal difensore non offre argomenti nuovi rispetto ai motivi di ricorso nè emenda gli stessi dalla loro genericità;

– il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;

– ricorrono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 27 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2017

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