Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7001 del 12/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/03/2021, (ud. 17/12/2020, dep. 12/03/2021), n.7001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9281/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

EFFE 1 S.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, Via Portuense n.

14, presso la sig.ra D.A.A., rappresentata e difesa,

anche disgiuntamente, dagli Avv.ti Giovanni Immordino e Alessandro

Scalia, giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia n. 46/1/2013, depositata il 22 febbraio 2013.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 17 dicembre

2020 dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta.

 

Fatto

RILEVATO

1. che la Regionale della Sicilia confermava la sentenza della Provinciale di Palermo, la quale aveva accolto il ricorso promosso da EFFE 1 S.r.l. avverso un avviso di accertamento che recuperava a tassazione ricavi ritenuti non dichiarati e costi considerati indeducibili ai fini IVA IRPEG IRAP 2003;

2. che la Regionale, nel condividere la prima decisione, reputava illegittima la ripresa di Euro 62.983,00, a titolo di maggiori ricavi non dichiarati, non solo perchè contrastante con il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 110, non solo perchè “per il principio della continuità aziendale” il saldo cassa del 2003 non poteva prescindere dagli accertamenti giudiziali relativi ad altre annualità, ma anche per la mancanza di pregiudizio sofferto dall’amministrazione; ragionamento che la Regionale replicava con riguardo alla “contabilizzazione dei buoni pasto dell’importo di Euro 14.622,00”; inoltre, secondo la Regionale, le presunzioni offerte per dimostrare l’esistenza di ricavi non dichiarati, che l’ufficio aveva fondato sulla assenza di giustificazioni circa la lecita provenienza della provvista che era servita ai soci per finanziare la contribuente, non erano gravi, precise e concordanti; infine, “quanto alle residue imputazioni di illegalità”, la Regionale affermava che l’ufficio non aveva fornito “prove certe”;

3. che l’ufficio ricorreva per tre motivi, ai quali la contribuente resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo articolato motivo di ricorso, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’ufficio deduceva la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la Regionale omesso di pronunciare “su momenti salienti”, cioè per non aver giudicato insufficienti le prove che la contribuente aveva fornito circa la lecita provenienza della provvista utilizzata dai soci per i finanziamenti; vizio che l’ufficio, in subordine, declinava come vizio di insufficiente motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; il motivo è infondato, dovendosi osservare che l’omessa pronuncia su di una domanda o eccezione, niente ha a che vedere con l’omessa o insufficiente valutazione delle prove (Cass. sez. III n. 543 del 2020); e che, inoltre, il minimo costituzionale di motivazione garantito dall’attuale formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non comprende più l’omesso o insufficiente esame di prove (Cass. sez. un. 8053 del 2014);

2. che con il secondo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’ufficio rimproverava alla Regionale la violazione dell’art. 2697 c.c., per non aver posto in capo alla contribuente l’onere della dimostrazione delle componenti negative di reddito recuperate a tassazione; che il motivo è inammissibile perchè manca di specificità, non avendo l’ufficio indicato quali siano stati i costi per i quali la Regionale avrebbe invertito l’onere della prova (Cass. sez. VI n. 2018 del 2011; Cass. sez. III n. 5507 del 2008);

3. che con il terzo motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’ufficio deduceva la violazione del D.P.R. n. 917 cit., art. 109, comma 2, lett. b), per non avere la Regionale, con riguardo al rimborso dei buoni pasto, considerato che si trattava di prestazione di servizi, da ritenersi perciò ex lege conseguiti al momento della loro esecuzione, discendendo da questo che la contribuente non aveva rispettato il principio di competenza; che il motivo è inammissibile, perchè eccentrico rispetto alla ratio decidendi dell’impugnata sentenza, che ha invece ritenuto illegittima la ripresa, come si è avuto cura di esporre in narrativa del presente, sia perchè contrastante con il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 110, sia perchè “per il principio della continuità aziendale” il saldo cassa del 2003 non poteva prescindere dagli accertamenti giudiziali relativi ad altre annualità, sia a causa della assenza di dimostrazione di pregiudizio sofferto dall’amministrazione (Cass. sez. I n. 9013 del 2018);

4. che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna l’ufficio a rimborsare alla contribuente le spese processuali, queste liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2021

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