Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7001 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/03/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 11/03/2020), n.7001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36854-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3090/10/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 10/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LA TORRE

MARIA ENZA.

Fatto

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio, meglio indicata in epigrafe, che, in controversia su impugnazione avverso il diniego di rimborso della maggiore imposta IRPEF – trattenuta all’atto di erogazione del trattamento di fine servizio da parte dell’INPDAP, anno 2008, lamentando che l’ente previdenziale aveva operato una ritenuta superiore al dovuto per non avere detratto dall’imponibile del t.f.s. l’ammontare dei contributi versati, a integrale carico del lavoratore, militare, imputabili agli anni di anzianità riscattati – ha rigettato l’appello dell’Ufficio, riconoscendo il diritto al rimborso del contribuente.

La CTR ha ritenuto che “l’indennità di buonuscita risulta essere imponibile per l’ammontare complessivo al netto dei contributi obbligatori per legge” comprensivi, quest’ultimi, anche di quelli “relativi ai servizi non di ruolo che il contribuente abbia riscattato nel corso della propria carriera”. In particolare, secondo la CTR “il sostituto d’imposta e, successivamente, l’Ufficio, non avevano tenuto conto dei contributi previdenziali, anch’essi non aventi natura reddituale, di riscatto dei servizi ante ruolo e speciali, sostenuti in toto dall’interessato in virtù di precipue disposizioni di legge, ancorchè soggetti allo stesso regime tributario del servizio di “ruolo”. Proprio in virtù della legge – sempre secondo la CTR – la natura dei contributi riscatti è “de plano” obbligatoria, in quanto la delibera di ammissione al riscatto è un mero atto ricognitivo.

S.V. è rimasto intimato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione del TUIR, art. 17, comma 2-bis, vigente ratione temporis (ora art. 19, comma 2-bis), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per aver la CTR escluso “dall’imponibile ai fini IRPEF dovuta sull’indennità di buonuscita, la quota di detta indennità correlata ai contributi non di ruolo, ante e speciali riscattati dal dipendente”.

Il ricorso è fondato.

Va premesso che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, come integrato dal D.L. n. 70 del 1988, art. 4, convertito nella L. n. 154 del 1998, stabilisce che “l’ammontare netto delle indennità equipollenti al trattamento di fine rapporto, comunque denominate, alla cui formazione concorrono contributi previdenziali posti a carico dei lavoratori dipendenti ed assimilati, è computato previa detrazione di una somma pari alla percentuale di tali indennità corrispondente al rapporto, alla data di collocamento a riposo o alla data in cui è maturato il diritto alla percezione, fra l’aliquota del contributo posto a carico dei lavoratori dipendenti ed assimilati e l’aliquota complessiva del contributo stesso versato all’ente, cassa o fondo previdenza”.

Questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass. n. 8623/2013) che la disposizione invocata crea un meccanismo che presuppone una indennità di buonuscita corrisposta per periodi in cui vi è stata una contribuzione ripartita fra datore di lavoro e lavoratore; ed, in applicazione della giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 178/1986) stabilisce che la non tassabilità venga determinata in base al rapporto, alla data in cui è maturato il diritto alla percezione, fra l’aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti e quella complessiva del contributo medesimo. A contrario, la predetta disposizione non è applicabile nelle ipotesi di contribuzione volontaria totalmente a carico del lavoratore.

Va pertanto ribadito il principio secondo cui “dall’imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta sull’indennità di buonuscita, che è erogata al dipendente dello Stato cessato dal servizio, non deve essere esclusa la quota di detta indennità correlata ai versamenti volontari effettuati dal dipendente” non solo in fattispecie relative al riscatto, con versamenti volontari, del periodo di studi universitari (Cass. n. 10730/92 e Cass. n. 10584/1997), ma anche in fattispecie relative alla contribuzione volontaria versata con riguardo ad altra anzianità convenzionale (Cass. 12486/1997) ed al riscatto del cd. servizio pre-ruolo (Cass. n. 8403/2013).

In quest’ultimo caso, questa Corte ha già avuto modo di affermare – ed il Collegio intende riaffermare – che “In tema di determinazione della base imponibile dell’IRPEF, giusta la L. n. 482 del 1985, art. 2, ove la formazione di una parte dell’indennità di buonuscita spettante al dipendente pubblico a tempo indeterminato venga alimentata con contributi interamente ed esclusivamente a carico del dipendente, versati volontariamente per servizi pre-ruolo ammessi a riscatto, tale parte dell’indennità non va sottratta all’imposizione fiscale ordinaria, posto che, in questo caso, la funzione del versamento consegue essenzialmente il riconoscimento normativo di un’anzianità convenzionale, con il beneficio della valutazione di periodi altrimenti non valutabili.” (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26247 del 19/12/2016).

Nel caso di specie, come emerge dalla sentenza impugnata, i contributi risultano versati “in toto” dal lavoratore e, pertanto, ha errato la CTR, che si è discostata dai superiori principi, nel riconoscere la detraibilità ai fini dell’imponibile con conseguente riconoscimento del diritto al rimborso.

Conclusivamente accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decide la causa nel merito, col rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

In ragione del consolidarsi della giurisprudenza in epoca successiva alla proposizione del ricorso introduttivo, le spese dei precedenti gradi di giudizio sono compensate e le spese del giudizio di legittimità vanno dichiarate irripetibili.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decide la causa nel merito, col rigetto del ricorso introduttivo del contribuente. Le spese dei gradi di merito sono compensate; dichiara irripetibili le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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