Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6999 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. II, 25/03/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 25/03/2011), n.6999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.A.C. P.C. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA EMILIA 88, presso lo studio dell’avvocato

GAGLIONE VALERIO, rappresentata e difesa dall’avvocato GAGLIONE

MASSIMO;

– ricorrente –

contro

L.L. C.F. (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato RUGGIERO BRUNO;

– controricorrente –

e contro

V.R., V.C., V.F.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1900/2005 della. CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 17/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2011 dal Presidente Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;

udito l’Avvocato Ruggiero Bruno difensore della resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 20 giugno 1996 V.A. C., quale procuratrice della madre S.M.C., conveniva L.L. davanti al Tribunale di S. Maria Capua Vetere, chiedendo che venissero annullate per incapacità naturale di R.A. una donazione e le disposizioni testamentarie dello stesso in favore della convenuta.

Quest’ultima, costituitasi, contestava il fondamento della domanda, che veniva rigettata dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere con sentenza del 20 marzo 2002.

V.A.C., quale erede di S.M.C., nel frattempo deceduta, proponeva appello, che veniva rigettato dalla Corte di appello di Napoli con sentenza del 17 giugno 2005.

I giudici di secondo grado ritenevano che correttamente il Tribunale non aveva ammesso i capitoli della prova testimoniale.

Alcuni di essi erano privi di significativa rilevanza.

L’unico attinente in qualche modo alla questione centrale in discussione – quella della incapacità mentale del R. – non era concludente, ma generico, in quanto implicante più l’esternazione , di sensazioni e di valutazioni sul carattere del R. da richiedere ai testimoni che .l’illustrazione di fatti certi, obiettivi e significativi dell’alterazione mentale da cui il R. sarebbe stato affetto.

Con riferimento ai capitoli di prova articolati con l’appello, i giudici di secondo grado rilevavano che la prova testimoniale dichiarata inammissibile in primo grado non può essere riproposta in appello, attraverso la deduzione di capitoli dettagliatamente articolati.

Inoltre, ai fini della ammissibilità di nuovi mezzi di prova in appello, l’indispensabilità richiesta dall’art. 345 cod. proc. civ., comma 3, non può significare la mera rilevanza dei fatti dedotti a prova, ma postula la verificata impossibilità di acquisire la conoscenza di quei fatti con altri mezzi che la parte avesse l’onere di fornire nelle forme e nei termini stabiliti dalla legge processuale. Il potere istruttorie attribuito da tale disposizione al giudice di appello non può essere esercitato per sanare preclusioni e decadenze già verificatesi nel giudizio di primo grado.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione V. A.C., con tre motivi.

Resiste con controricorso L.L., che ha anche depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente si duole del fatto che i giudici di secondo grado non abbiano motivato in ordine alla deduzione formulata nell’atto di appello secondo la quale i comportamenti attribuiti al R. non costituivano soltanto espressione di turbamenti occasionali, ma, per la loro continuità, potevano concretare una incapacità naturale permanente.

Il motivo è inammissibile.

I comportamenti in questione costituivano oggetto della prova testimoniale non ammessa e non fatti accertati da valutare ai fini della sussistenza o meno della incapacità naturale del R..

Con il secondo motivo la ricorrente si duole della conferma della inammissibilità dei capitoli di prova formulati in primo grado.

Il motivo è inammissibile, in quanto non vengono trascritti tali capitoli o quanto meno non ne viene specificato il contenuto, al fine della valutazione della fondatezza o meno della censura.

Con il terzo motivo la ricorrente si duole della ritenuta inammissibilità delle prove testimoniali formulate in appello.

Anche tale motivo è inammissibile, in quanto non vengono trascritti i capitoli o quanto meno non ne viene specificato il contenuto, al fine della valutazione della fondatezza o meno della censura.

Il ricorso va, pertanto, rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre accessori di legge e spese generali.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

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