Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6994 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. II, 25/03/2011, (ud. 16/02/2011, dep. 25/03/2011), n.6994

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.P. (OMISSIS), D.M.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE 71, presso lo studio dell’avvocato TOLENTINO FILIPPO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato NANNA VITO;

– ricorrenti –

contro

F.D. (OMISSIS), L.M.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BASSANO

DEL GRAPPA 4, presso lo studio dell’avvocato BASILE ALDO,

rappresentati e difesi dall’avvocato D’APRILE PAOLO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 331/2005 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 12/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/02/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di appello del 13.9.2002 D.M.M. e D. P. proponevano impugnazione nei confronti di F.D. e L.M.A., avverso la sentenza del Tribunale di Bari, sezione di Acquaviva delle Fonti, dell’11.9.2001, che, in accoglimento della domanda degli appellati, li aveva condannati alla sostituzione di un infisso, indicandone le caratteristiche, con compensazione delle spese.

I coniugi F., agendo in possessoria, si erano doluti del fatto che le controparti avevano sostituito l’infisso di una stanza della loro abitazione rendendolo apribile mentre prima era fisso in parte, con la porzione superiore a wasistas, dotandolo di un vetro chiaro mentre prima era opaco.

Costituitisi gli appellati, la Corte di appello di Bari, con sentenza 331/05, rigettava il gravame, con condanna alle spese, osservando non essere in discussione la sostituzione dell’infisso con altro le cui caratteristiche consentivano agli appellanti di vedere nell’abitazione degli appellati.

La questione proposta atteneva alla tutelabilita’ della conservazione della luce irregolare preesistente ed il tribunale aveva correttamente ricordato che l’art. 901 c.c. consente di chiedere la regolarizzazione delle luci irregolari.

La Suprema Corte ha affermato la esperibilita’ della tutela possessoria rispetto all’esercizio di una servitu’ eccedente il titolo.

In ogni caso, la possibilita’ di vedere laddove prima non era possibile, determinava una illegittima riduzione dell’uso e godimento della proprieta’, che abilita alla tutela possessoria.

Ricorrono D.M.M. e D.P. con due motivi, resistono le controparti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si lamentano violazione degli artt. 900 , 901, 1168 e 1170 c.c., vizi di motivazione.

I giudici di primo e secondo grado, pur muovendo da premesse corrette in fatto e diritto, non hanno tenuto conto che la sostituzione dell’infisso non aveva comportato alcuna trasformazione giuridicamente rilevante e che il Tribunale di Bari, in sede di reclamo, aveva statuito che “rimane solamente da valutare se il nuovo infisso abbia trasformato la luce in veduta”, circostanza smentita dall’ispezione giudiziale.

Il richiamo alla privacy era del tutto inconferente ed entrambi i giudici non hanno tenuto conto del vizio di ultrapetizione.

In materia di luci, ancorche’ irregolari, non e’ esperibile la tutela possessoria.

Col secondo motivo si deducono travisamento del fatto ed omessa valorizzazione di risultanze probatorie decisive in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5 in particolare per avere la Corte di appello sostenuto che la modifica delle caratteristiche dell’apertura avrebbe comportato la possibilita’ di vedere nell’appartamento dei signori F. – L. laddove prima non era possibile.

Contrariamente a quanto dedotto, il vetro e’ opacizzato e non trasparente.

Seguono riferimenti a deposizioni testimoniali.

Le censure non meritano accoglimento.

La Corte di appello ha statuito che le aperture lucifere all’interno di un edificio condominiale hanno sostanza, struttura e funzione di jus in re aliena (Cass. 8.3.2001 n. 3441), il che comporta la costituzione di una servitu’ atipica di luce ed aria per destinazione del padre di famiglia, che impone al proprietario del fondo servente l’immodificabilita’ dell’altrui godimento mentre il titolare della luce puo’ godere della servitu’ solo rispetto ad una apertura mantenuta nella sua originaria consistenza, intervenendo, altrimenti, il diritto del vicino di evitare un ingiustificato aggravamento del peso imposto alla sua proprieta’.

Donde l’esperibilita’ dell’azione possessoria (Cass. 11.1.1993 n. 168, Cass. 14.2.1987 n. 1620).

Cio’ premesso, la prima censura, rivolgendo le proprie critiche contemporaneamente alle sentenze di primo e secondo grado, con contestuale deduzione di vizi di violazione di legge e di motivazione, in contrasto con la necessaria specificita’ del motivo (Cass. 25.11.2008 n. 28066), non impugna la complessiva ratio decidendi sopra riportata relativa alla immodificabilita’ delle aperture lucifere nei rapporti condominiali, limitandosi ad un mero dissenso rispetto alla decisione impugnata. La seconda censura omette di considerare che la deduzione di un travisamento del fatto comporta un errore revocatorio e che e’ devoluta al giudice del merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilita’ e concludenza, la scelta, fra le risultanze istruttorie, di quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro diverso spessore probatorio, con l’unico limite dell’adeguata e congrua giustificazione del criterio adottato;

conseguentemente, ai fini d’una corretta decisione, il giudice non e’ tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, ne’ a confutare singolarmente le argomentazioni prospettategli dalle parti, essendo, invece, sufficiente che egli, dopo averle valutate, indichi le ragioni del proprio convincimento e l’iter seguito.

Pertanto, vizi motivazionali in tema di valutazione delle risultanze istruttorie non possono essere utilmente dedotti ove la censura si limiti alla contestazione d’una valutazione delle prove effettuata in senso difforme da quello preteso dalla parte, perche’ proprio a norma dell’art. 116 c.p.c., comma 1 rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la scelta dell’opzione probatoria.

Tra l’altro, le deposizioni riportate non giovano alla tesi dei ricorrenti laddove si fa riferimento ad un infisso “attualmente” completamente apribile a battente, il che conferma le doglianze di controparte.

In definitiva il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna alle spese, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 1700,00, di cui 1500 per onorari, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

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