Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6993 del 23/03/2010

Cassazione civile sez. II, 23/03/2010, (ud. 04/03/2010, dep. 23/03/2010), n.6993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26681/2006 proposto da:

R.L.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA LIMA 31, presso lo studio dell’avvocato

ROSSI RICCARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato LO BIANCO

Antonio;

– ricorrente –

contro

I.S.G. (OMISSIS), ex art. 86 c.p.c.,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 282/2006 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 20/07/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

04/03/2010 dal Consigliere Dott. UMBERTO GOLDONI;

udito l’Avvocato LO BIANCO Antonio, difensore del ricorrente che ha

chiesto di riportarsi agli scritti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 1997, I.S.G. adiva il Tribunale di Nicosia per ottenere lo scioglimento della comunione su di un’area di sedime, sita nella stessa città, su cui a suo tempo sorgevano due edifici, l’uno di sua proprietà e l’altro di R.L. A., il quale aderiva alla domanda, pertanto contestando l’affermazione di controparte secondo cui l’attore sarebbe stato proprietario di una maggiore quota ideale.

Con sentenza del 2004, il Tribunale adito, in composizione monocratica, dopo l’espletamento di due consulenze tecniche, determinando in una percentuale del 60,44% la proprietà dell’ I. e del 39,56% quella del R.L. e, ritenuto il bene non comodamente divisibile, lo assegnava per l’intero al primo con obbligo di pagamento della quota del secondo, determinato in 11.542,81 Euro, con compensazione delle spese di lite.

Avverso tale decisione proponeva appello il R.L., cui resisteva l’ I.S., che proponeva a sua volta appello incidentale.

Con sentenza in data 21.6/20.7.2006, la Corte di appello di Caltanissetta respingeva il gravame e regolava le spese.

Osservava la Corte nissena che la divisione dell’area di sedime dovesse essere attuata non solo in base alle porzioni di singole proprietà esistenti prima della demolizione (seguita ad eventi sismici), ma tenendo presente anche il valore di tali porzioni; la diversa indicazione dei due sostantivi in forma disgiuntiva di valore e di porzione trovava giustificazione nella tipologia della costruzione distrutta.

Nel caso di specie, il condominio non riguardava edifici della stessa unità strutturale, sicchè occorreva fare capo al singolo valore di ognuno di essi, perchè ben potevano avere una diversificazione qualitativa e non quantitativa.

Il CTU aveva ritenuto la porzione dell’ I. suscettibile di utilizzazione commerciale, e quella del R. di utilizzazione residenziale, attribuendo di conseguenza un maggior valore alla prima, ritenendo la valutazione della qualità corrispondente alla lettera ed allo spirito dell’art. 1118 c.c..

Respingeva anche l’appello incidentale, in ragione della natura della controversia. Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di tre motivi, il R.; resiste con controricorso Tiraci.

Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 720, 1118 e 1119 c.c., in riferimento alla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies ed alla L. n. 765 del 1967, art. 18, all’uopo formulando il seguente quesito in diritto: “in ossequio alle disposizioni di cui all’art. 41 citato e all’art. 18, pure citato, è (o meno) in palese violazione di legge attribuire ad una nuova costruzione una destinazione mista abitativo-commerciale senza prevedere l’asseveramento degli spazi a parcheggio inderogabilmente previsti per legge?” Il ricorrente, con la puntuale citazione dei suoi scritti difensivi, dimostra inequivocamente di aver posto alla Corte nissena tale tematica, certamente di rilievo, in relazione alla utilizzabilità delle aree de quibus, e, conseguentemente al valore delle stesse, ma nella sentenza impugnata non v’è accenno alcuno a tale profilo, potenzialmente idoneo ad incidere in modo significativo sulla problematica in argomento.

Orbene, tale omissione non può essere colmata in questa sede, stante che in linea puramente astratta, la risposta al quesito non può che essere positiva, ma che tanto non implica di per sè, anche alla luce delle asserzioni contenute nel controricorso, che la decisione debba essere nel senso voluto dal ricorrente.

La tematica in argomento doveva essere quindi sviscerata in sede di merito, atteso che ferma la rilevanza della questione relativa ai parcheggi, la stessa doveva essere esaminata in relazione anche al concreto atteggiarsi delle posizioni delle parti sul punto, si ripete, completamente tralasciato dalla sentenza impugnata.

Entro i suindicati limiti, il motivo va pertanto accolto,con le conseguenze di cui in appresso.

Con il secondo mezzo si lamenta violazione delle stesse norme di cui al motivo che precede oltre che dell’art. 112 c.p.c., nonchè vizio di motivazione. Si assume in buona sostanza che la Corte nissena non avrebbe tenuto in conto alcuno, nel l’aderire alle conclusioni della seconda CTU circa la realizzabilità di una costruzione a carattere commerciale su (OMISSIS) (e quindi nella porzione dell’ I.), della mancanza di marciapiedi, della carenza nelle zone limitrofe di aree da destinare a parcheggio, nè delle ridotte dimensioni del vano terraneo nè dell’ubicazione dello stesso al disotto del livello stradale.

Di tutti questi fattori, a prescindere solo per ipotesi dalla incidenza degli stessi sulla questione che ne occupa, nella sentenza impugnata non si rinviene cenno alcuno e tanto conforta la tesi della insufficienza della motivazione, se non quella della omessa pronuncia e, per ciò solo, il motivo in esame deve trovare accoglimento, atteso che quello da formulare al riguardo costituisce giudizio di merito, che questa Corte non è facultizzata ad adottare, anche se la controparte ha al riguardo estesamente replicato negli scritti difensivi rassegnati in questa sede.

Altro profilo evidenziato in ricorso e su cui la sentenza impugnata non ha dato congrua motivazione è quello afferente alla (in)divisibilità dell’area de qua, che, in adozione delle conclusioni peritali, di fatto lo sarebbe, in quanto si verrebbero a creare due distinte sfere di operatività, legate a due manufatti, l’uno volto a scopi residenziali e l’altro a fini commerciali.

In base alle considerazioni che precedono, anche il motivo in esame, in relazione ai profili evidenziati, deve trovare accoglimento.

Il terzo motivo, afferente alla pronuncia di rigetto dell’appello incidentale, quando lo stesso era, secondo la tesi del ricorrente, da considerarsi tardivo, risulta assorbito, atteso che ferma la non impugnata pronuncia di reiezione, la questione della eventuale tardività dello stesso potrà essere esaminata in sede di rinvio se e in quanto rilevante ai fini delle regolamentazione delle spese, unico profilo questo su cui potrebbe sussistere l’interesse del ricorrente ad una pronuncia di carattere processuale in luogo di quella, sostanziale, adottata.

In definitiva, il ricorso va accolto nei limiti suindicati e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Palermo, che provvederà anche sulle spese relative al presente procedimento per cassazione.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso come da motivazione; cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Palermo.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2010

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