Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6992 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. II, 25/03/2011, (ud. 15/02/2011, dep. 25/03/2011), n.6992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.L. e C.P., rappresentati e difesi per

procura a margine del ricorso dagli Avvocati Berteli Claudio e

Giovani Gramazio, elettivamente domiciliati presso lo studio di

quest’ultimo in Roma, via Dardanelli n. 2;

– ricorrenti –

contro

Prestige car s.r.l. con sede in Brescia, in persona del legale

rappresentante sig. R.G., rappresentata e difesa per

procura a margine del controricorso dall’Avvocato Rondani Filippo,

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato MANCA BITTI

Daniele in Roma, via Luigi Lucani n, 1;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 606 della Corte di appello di Brescia,

depositata il 14/07/04 (14 luglio 2004);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15

febbraio 2011 dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;

udite le difese delle parti, svolte dagli Avvocati Giovanni Gramazio

per i ricorrenti e Daniele Manca Bitti, per delega dell’Avv. Filippo

Rondani, per la controricorrente;

udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.L. e C.P., premesso di avere stipulato con la societa’ Prestige Car un contratto con cui cedevano una autovettura Porche 911 del valore commerciale di almeno L. 50.000.000, pattuendo con la controparte che essa avrebbe loro riconosciuto un prezzo di pari ammontare, da corrispondere mediante assegno di L. 20.000.000 ed in parte mediante il ricavo, quale mandataria, della vendita di un’autovettura Range Rover, gia’ intestata dalla societa’ agli attori, per un importo minimo di L. 17.000.000, somma mai loro corrisposta, convennero in giudizio la societa’ Prestige Car chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 30.000.000 o, in subordine, del minor importo di L. 17.000.000, oltre rivalutazione ed interessi.

La societa’ convenuta si oppose a tali domande, sostenendo che il pagamento del prezzo dell’autovettura Porche era stato integralmente saldato in parte con la somma corrisposta di L. 20.000.000 ed in parte con la dazione dell’autovettura Range Rover.

Il tribunale di Brescia condanno’ la convenuta al pagamento della somma di L. 17.000.000, ma la relativa decisione venne riformata dalla Corte di appello, che, con sentenza n. 606 del 4 ottobre 2004, rigetto’ tutte le domande degli attori. Il giudice di secondo grado motivo’ la sua decisione rilevando che la pronuncia del primo giudice era incorsa nel vizio di extrapetizione, avendo condannato la convenuta non gia’ a titolo di pagamento del prezzo della compravendita dell’autovettura Porsche, come richiesto dagli attori, ma per non avere essa adempiuto agli obblighi discendenti dal mandato a vendere l’altra autovettura Range Rover; nel merito ritenne che dalla documentazione in atti risultava che le parti avevano effettivamente convenuto, come prospettato dalla societa’ appellante, che il prezzo di vendita della autovettura Porsche fosse effettivamente corrisposto in parte con l’assegno di L. 20.000.000 ed in parte con la cessione dell’autovettura Range Rover, reputando irrilevante, a tal fine, il successivo mandato a vendere quest’ultima conferito dalle parti alla Prestige Car e la sua mancata vendita, tenuto anche conto della mancanza di qualsiasi domanda degli attori in tale senso e che la societa’ aveva assunto un mero incarico a vendere, senza garantire la vendita effettiva, scaduto il quale aveva piu’ volte messo a disposizione dei mandanti tale autovettura.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 25 agosto 2005, ricorrono C.L. e C.P., affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso la s.r.l.

societa’ Prestigi Car.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione, falsa o erronea applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., censurando al sentenza impugnata per avere ritenuto che la pronuncia di primo grado fosse viziata da extrapetizione, omettendo di considerare la perfetta identita’ tra la richiesta di pagamento avanzata dagli attori nel proprio atto di citazione e la statuizione di condanna adottata dal primo giudice, il quale, ad avviso dei ricorrenti si sarebbe soltanto limitato a dare una diversa qualificazione giuridica dei fatti dedotti in giudizio dai ricorrenti a fondamento della loro domanda.

Il motivo e’ infondato.

La Corte di appello ha pronunciato la nullita’ della decisione di prime cure per vizio di extrapetizione sulla base della considerazione che, mentre le parti attrici avevano chiesto la condanna della convenuta al pagamento della parte residua del prezzo di vendita dell’autovettura Porsche (indicato in L. 30.00.000 o, in subordine, in L. 17.000.000), il tribunale aveva pronunciato la condanna della societa’ convenuta a titolo di risarcimento del danno per inadempimento degli obblighi su di essa gravanti in forza del mandato a vendere l’altra autovettura Range Rover.

La considerazione accolta dalla Corte di appello appare corretta. La statuizione di condanna del primo giudice appare fondata su un fatto, vale a dire l’inadempimento della parte convenuta agli obblighi derivanti dal rapporto di mandato, che era diverso da quello su cui gli stessi attori avevano fondato la loro domanda. Evidente appare, pertanto, la violazione, da parte del primo giudice, del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.).

La circostanza che tale pronuncia avesse ad oggetto una somma pari a quella richiesta dalla parte e’ invece circostanza irrilevante, una volta considerata la palese diversita’ della causa petendi dedotta in giudizio rispetto a quella su cui il giudice ha affermato la responsabilita’ della convenuta. Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e/o falsa e/o erronea applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., insufficienza e contraddittorieta’ della motivazione, violazione e/o falsa e/o erronea applicazione dell’art. 2697 cod. civ., assumendo che una corretta interpretazione degli atti negoziali intercorsi tra le parti, alla luce dei fondamentali canoni di ermeneutica contrattuale, tra cui quello secondo cui per determinare la comune intenzione delle parti si deve valutare il loro comportamento complessivo, anche successivo al contratto (art. 1362 c.c., comma 2), avrebbe dovuto portare il giudice di appello a considerare complessivamente e non atomisticamente il contratto di vendita della autovettura Porsce, quello di acquisto dell’autovettura Range Rover ed il mandato a vendere quest’ultima, quali atti volti a definire un’operazione economico e negoziale complessiva, in forza della quale la societa’ Prestige Car si era comunque obbligata a corrispondere alla controparte la somma di L. 17.000.000, indicata quale valore minimo della Range Rover, automezzo che era stato trasferito soltanto formalmente agli attori a titolo di mera garanzia della riscossione di tale importo, come comprovato dal fatto pacifico che tale bene non era mai entrato nella loro disponibilita’. Il motivo non puo’ essere accolto.

La sentenza della Corte di appello, richiamando gli atti prodotti dalle parti in giudizio e, in particolare, il contratto di compravendita della autovettura Porsche, ha affermato che il relativo rapporto negoziale era stato definito dalle parti, quanto al corrispettivo, mediante il versamento della somma di L. 20.000.000 e la vendita dell’altra autovettura Range Rover e che, il contratto di mandato, concernente la vendita di quest’ultima, costituiva un rapporto distinto, in relazione al quale gli attori nulla avevano chiesto.

Tanto precisato, il mezzo appare inammissibile nella misura in cui tende soltanto ad accreditare un’interpretazione della realta’ negoziale diversa, senza peraltro dimostrare in modo chiaro e preciso la correttezza della propria tesi ricostruttiva. E’ noto, al riguardo, che l’interpretazione dell’atto negoziale costituisce attivita’ inquadratole nell’ambito degli accertamenti di fatto, che, come tali, sono demandati dalla legge in via esclusiva al giudice di merito e che la sua censurabilita’ in cassazione per violazione delle regole in materia di ermeneutica contrattuale richiede la specifica indicazione dei canoni in concreto inosservati e del modo attraverso cui si e’ realizzata la violazione, mentre la denunzia dei vizio di motivazione esige la puntualizzazione dell’obiettiva deficienza e contraddittorieta’ del ragionamento svolto dal giudice di merito e che, per sottrarsi a censura, quella data dal giudice non deve essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni (Cass. n. 10203 del 2008; Cass., 22. 5. 2006, n.10131; Cass., 17. 7. 2003, n. 11193).

Nessun passo dei documenti negoziali riportati nel ricorso conferma, per contro, l’assunto difensivo secondo cui la cessione della Range Rover era avvenuta a titolo di mera garanzia e la Prestige Car si era impegnata a versare il prezzo minimo convenuto per la sua vendita, pari a L. 17.000.000, in ogni caso, cioe’ anche nell’eventualita’ che tale vendita non avesse avuto luogo. Tale conclusione, anzi, e’ smentita proprio dal mandato a vendere cui fanno riferimento sia la decisione impugnata che la parte ricorrente, il cui tenore letterale corrisponde alla sua qualificazione giuridica.

Ne’, a sostegno della tesi dei ricorrenti, giova richiamare la necessita’ di interpretare complessivamente i vari negozi posti in essere dalle parte, alla luce della funzione e del risultato finale che, secondo la loro opinione, l’operazione economica complessiva doveva realizzare. Il rilievo sul punto e’ infatti troppo generico, non apparendo sostenuto da precisi e specifici richiami al testo degli atti negozi in forza dei quali possa ad essi riconoscersi un collegamento funzionale nel senso richiesto dalla parte. Questa censura deve pertanto necessariamente arrestarsi di fronte al tenore letterale dei documenti contrattuali, come ricostruiti dal giudice di merito.

Infondata e’ anche la critica secondo cui il giudicante non avrebbe tenuto conto, nell’interpretazione del contratto, del comportamento, anche successivo, dei contraenti. Se tale condotta successiva va individuata nella circostanza secondo cui i ricorrenti non avrebbero mai avuto la disponibilita’ dell’auto Range Rover, rimasta presso la concessionaria, e’ infatti agevole replicare che, secondo la ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di merito, quest’ultima, alla scadenza del mandato, aveva messo a disposizione della controparte la predetta autovettura. La circostanza non appare, pertanto, obiettivamente in grado di assumere il valore di riconoscimento della interpretazione degli atti patrocinata dai ricorrenti, cosi’ come dagli stessi invocato. In ogni caso, merita precisare che il comportamento successivo dei contraenti, per poter essere suscettibile di valutazione ai fini dell’interpretazione del contratto, a mente dell’art. 1362 c.c., comma 2, deve essere non solo univoco, ma anche tra loro convergente, atteso che esso e’ utilizzabile proprio allo scopo di ricostruire la comune intenzione dei contraenti (Cass. n. 7083 del 2006; Cass. n. 11089 del 2001).

Il terzo motivo di ricorso, che denunzia violazione e/o falsa e/o erronea applicazione degli artt. 1218, 1176, 1710, 1712 e 1713 cod. civ., censura la sentenza impugnata per avere escluso ogni responsabilita’ della Prestige Car per violazione degli obblighi su di essa gravanti in forza del mandato a vendere l’autovettura Range Rover, tenuto conto sia della mancata vendita che della mancata restituzione dell’autovettura o del prezzo equivalente.

Il mezzo e’ inammissibile.

Questa conclusione si impone in quanto il ricorso non censura l’affermazione della Corte territoriale secondo cui, come risulta dalle osservazioni precedenti, gli attori non avevano mai proposto alcuna domanda che traesse titolo dal rapporto di mandato e che fosse diretta a far dichiarare l’inadempimento della societa’ mandataria e ad ottenere il risarcimento dei danni. La mancanza di qualsiasi domanda sul punto rende quindi il mezzo inammissibile. Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, vanno poste a carico della parte soccombente.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 15 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA