Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6992 del 03/03/2022

Cassazione civile sez. II, 03/03/2022, (ud. 01/02/2022, dep. 03/03/2022), n.6992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2819/2017 proposto da:

BONAIRE S.R.L., rappresentata e difesa dall’Avvocato LUCA OLINDO

DAMBROSIO, per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

A.S.M., rappresentata e difesa dall’Avvocato ANSELMO

CARLEVARO, per procura in calce al controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI MILANO, depositata il

20/6/2016;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza non partecipata

del 1/2/2022 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1. La Bonaire s.r.l., con atto di citazione notificato nel luglio del 2008, ha agito in giudizio contro A.S.M. chiedendo che il tribunale, in via principale, dichiarasse la legittimità del recesso, operato dalla società attrice in data 3/3/2008, dal contratto preliminare di compravendita immobiliare stipulato con la convenuta il 31/7/2007 in ragione degli inadempimenti della convenuta e la condanna della stessa al pagamento del doppio della caparra versatale ed, in subordine, il trasferimento di una porzione del bene promesso, con la riduzione del prezzo e la compensazione rispetto al costo delle opere di contenimento da eseguirsi ed, in ulteriore subordine, la restituzione della caparra per inadempimento reciproco o altro titolo.

1.2. A.S.M., la quale a sua volta aveva dichiarato di recedere dal contratto e, in data 14/3/2008, di trattenere la caparra incassata, ha resistito alle domande proposte dalla società attrice chiedendo, in via riconvenzionale, che fosse accertato l’inadempimento di quest’ultima e, per l’effetto, dichiarato il suo diritto a trattenere la caparra ricevuta, nonché, in via subordinata, per il caso di accoglimento della domanda proposta dall’attrice ai sensi dell’art. 2932 c.c., di estendere la pronuncia su tutte le particelle oggetto del preliminare.

1.3. Il tribunale, con sentenza dell’11/12/2012, sul rilievo che entrambe le parti non avevano adempiuto alle obbligazioni contratte con il preliminare (“la società attrice risultava inadempiente con riferimento all’obbligo di predisporre le perizie di stima immobiliare e mobiliare, che, alla data del 16 ottobre 2007, non risultavano essere state compiute” mentre “la convenuta, oltre a non aver prodotto nei termini il certificato di destinazione urbanistica si è resa inadempiente anche con riferimento all’obbligo di attivazione delle cause di usucapione, in quanto il termine previste era entro il 20 settembre 2007 mentre i giudizi sono stati instaurati nell’anno 2008 inoltrato”), e che tali inadempimenti, avendo impedito “l’esecuzione del preliminare”, erano di uguale importanza, ha rigettato sia la domanda con la quale l’attrice aveva chiesto la restituzione del doppio della caparra, sia la domanda con cui la convenuta aveva chiesto la ritenzione della stessa. Il tribunale, infine, in conseguenza del reciproco recesso delle parti, le quali avevano evidenziato la volontà di sciogliersi dal rapporto contrattuale, ha dichiarato la risoluzione del contratto preliminare ed ha condannato la convenuta, “quale conseguenza del venir meno del preliminare… e quindi della giustificazione causale della ritenzione stessa”, alla restituzione della somma che aveva ricevuto a titolo di caparra.

2.1. La Bonaire s.r.l. ha proposto appello avverso l’indicata sentenza deducendo, tra l’altro, che, nonostante la scadenza del termine stabilito nel contratto, le parti avevano ancora interesse al relativo adempimento, non risultando inequivocamente la volontà delle stesse di ritenere perduta l’utilità economica del contratto, ed, in ogni caso, che gli inadempimenti considerati dal tribunale non erano in realtà di reciproca ed uguale importanza sul rilievo, da un lato, che la parte venditrice solo nella comparsa di risposta di primo grado aveva invocato la mancanza delle perizie quale motivo d’inadempimento della controparte e, dall’altro lato, che l’inadempimento dell’appellata, per la mancanza di proprietà di alcune delle unità immobiliari promesse in vendita e per i gravi difetti riscontrati nei luoghi, sussisteva già al momento della stipula del contratto preliminare e risultava di particolare gravità per cui era legittimo il rifiuto dell’acquirente di stipulare il contratto definitivo. L’appellante, infine, ha lamentato l’omessa pronuncia sulla domanda di restituzione della caparra comprensiva degli intessi legali.

2.2. A.S.M. ha resistito al gravame, insistendo per il suo il rigetto, ed ha, a sua volta, proposto appello incidentale chiedendo, innanzitutto, che fosse dichiarato l’inadempimento dell’appellante e, quindi, il suo diritto di ritenere la caparra, ed, in secondo luogo, in ragione dell’omessa pronuncia da parte del tribunale sulla relativa domanda, che fosse ordinata la cancellazione della trascrizione della domanda proposta dall’attrice ai sensi dell’art. 2932 c.c..

3.1. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello incidentale ed ha solo in parte accolto l’appello principale, condannando l’appellata al pagamento degli interessi legali sulla somma da restituire a far tempo dalla domanda al saldo. La corte, poi, ha ritenuto che le spese del processo di primo grado dovevano essere parzialmente compensate tra le parti ed ha, infine, condannato l’appellata al rimborso di quelle maturate nel giudizio d’appello.

3.2. La corte, in particolare, ha ritenuto, innanzitutto, che, come il tribunale aveva correttamente accertato, erano stati commessi da parte di entrambi i contraenti inadempimenti di eguale importanza e gravità e che tali inadempimenti, pur se “inidonei a fondare il recesso dal contratto” ad opera tanto dell’una quanto dell’altra parte (posto che, per ciò che riguarda la mancanza di titolarità di alcune parti del complesso immobiliare, alla luce del contesto contrattuale l'”inadempimento della promittente venditrice non poteva e non può assumere valore di grave inadempimento”, mentre la mancata proposizione dei giudizi di usucapione oltre il termine contrattualmente previsto “non può essere ritenuto un inadempimento di maggiore gravità rispetto a quello in capo all’acquirente relativamente alle perizie che essa avrebbe dovuto fare eseguire a propria cura e spese…”, laddove i pretesi vizi degli immobili era conosciuti dall’acquirente al momento della stipula del contratto preliminare e, comunque, facilmente riconoscibile dalla stessa), avevano nondimeno comportato l’impossibilità per tutti e due i contraenti di dare esecuzione entro la data stabilita al contratto preliminare, che doveva intendersi, pertanto, risolto per “mutuo dissenso” delle parti e non per effetto del recesso dichiarato dalle stesse.

3.3. La corte, poi, ha ritenuto che, in mancanza di prova dell’avvenuta trascrizione della domanda proposta dalla promittente acquirente ai sensi dell’art. 2932 c.c., non poteva essere ordinata la sua cancellazione dai registri immobiliari.

3.4. La corte, infine, ha ritenuto che, per effetto dell’accoglimento del motivo relativo alla errata compensazione delle spese del giudizio di primo grado e del riconoscimento degli interessi sulla somma ricevuta a titolo di caparra, l’appellata doveva essere condannata alla refusione delle spese di lite per il grado d’appello.

4.1. La Bonaire s.r.l., con ricorso notificato il 19/1/2017, ha chiesto, per un motivo, la cassazione della sentenza.

4.2. A.S.M. ha resistito con controricorso notificato in data 28/2/2017 proponendo, per un motivo, ricorso incidentale.

4.3. La ricorrente ha depositato breve memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5.1. Con l’unico motivo articolato, la ricorrente principale, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1460 c.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che gli inadempimenti delle parti fossero di eguale importanza e gravità senza aver, tuttavia, previamente verificato se una parte avesse il diritto di opporre all’altra l’eccezione d’inadempimento. La promittente venditrice, infatti, aveva garantito, nel contratto preliminare del 27/7/2007, la piena proprietà degli immobili promessi ma solo nel 2013 ha ottenuto la declaratoria della relativa usucapione. La promissaria acquirente, quindi, aveva il diritto di opporre l’eccezione d’inadempimento tanto più che l’obbligazione gravante sulla stessa (e cioè la consegna della perizia) scadeva il 20/9/2007, per cui gli inadempimenti delle parti, assoggettati a termini di adempimento diversi, non erano tra loro coevi. D’altra parte, ha aggiunto la ricorrente, l’obbligazione della promissaria acquirente, il cui inadempimento è stato contestato dalla convenuta solo nella comparsa di risposta del giudizio di primo grado, non era in rapporto sinallagmatico con quella assunta dalla stessa ed avente ad oggetto il trasferimento della proprietà.

1.5.2. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata, infatti, non risulta aver in alcun modo trattato la questione concernente la sussistenza, o meno, delle condizioni che consentissero alla promissaria acquirente di sollevare, a fronte della mancanza di proprietà di una parte del complesso immobiliare in capo alla promittente venditrice, l’eccezione d’inadempimento e di potere, quindi, in forza della stessa, legittimamente recedere dal contratto. Ed e’, invece, noto che i motivi del ricorso per cassazione devono investire questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, come fissato dalle impugnazioni e dalle richieste delle parti: in particolare, non possono riguardare nuove questioni di diritto se esse postulano accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità (Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 16742 del 2005; Cass. n. 22154 del 2004; Cass. n. 2967 del 2001). La ricorrente, per il resto, non si confronta realmente con la sentenza che ha impugnato: la quale, invero, lungi dal dichiarare la risoluzione per effetto dei reciproci inadempimenti delle parti e delle dichiarazioni di recesso conseguentemente rese dalle stesse, ha ritenuto (non importa, a questi fini, se a ragione o a torto) che, in ragione del comportamento delle parti, che aveva determinato l’impossibilità per tutti e due i contraenti di dare esecuzione al preliminare entro la data stabilita, il contratto doveva intendersi risolto per mutuo dissenso. Questa Corte, del resto, ha già avuto modo di affermare che, ove un contraente comunichi la dichiarazione di recesso con contestuale richiesta di restituzione della somma versata a titolo di anticipo (o caparra) e di rimborso delle spese sostenute ed il contraente asseritamente inadempiente comunichi anch’esso la volontà di recedere pur attribuendo l’inadempimento all’altra parte, si verifica la risoluzione del contratto, atteso che le due dichiarazioni di recesso, pur non determinando un accordo negoziale risolutorio, come nell’ipotesi del mutuo consenso, in quanto muovono da premesse contrastanti, sono tuttavia dirette all’identico scopo dello scioglimento del contratto e della restituzione delle somme versate (cfr. Cass. n. 16317 del 2011). In ogni caso, dell’art. 1385 c.c., comma 2, in tema di recesso per inadempimento nell’ipotesi in cui sia stata prestata una caparra confirmatoria, non deroga alla disciplina generale della risoluzione per inadempimento, consentendo il recesso di una parte solo quando l’inadempimento della controparte sia colpevole e di non scarsa importanza in relazione all’interesse dell’altro contraente, sicché, nell’indagine sull’inadempienza contrattuale da compiersi (com’e’ accaduto nel caso in esame) al fine di stabilire se ed a chi spetti il diritto di recesso, i criteri da adottarsi sono quegli stessi che si debbono seguire nel caso di controversia su reciproche istanze di risoluzione, nel senso che occorre in ogni caso procedere (attraverso un apprezzamento in fatto che, in quanto tale, è sindacabile in cassazione solo per il vizio, nella specie neppure invocato, dell’omesso esame di un fatto decisivo risultante dagli atti del giudizio) ad una valutazione comparativa in merito al comportamento complessivo delle parti, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi ed all’oggettiva entità degli inadempimenti (tenuto conto non solo dell’elemento cronologico, ma anche e soprattutto degli apporti di causalità e proporzionalità esistenti tra le prestazioni inadempiute e della incidenza di queste sulla funzione economico-sociale del contratto), si sia (eventualmente) resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti e della conseguente alterazione del sinallagma contrattuale (cfr. Cass. n. 12549 del 2019; Cass. n. 13840 del 2010).

6.1. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, la controricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha rigettato la domanda riconvenzionale con la quale la stessa, quale promittente venditrice, aveva chiesto di ordinare all’Agenzia del territorio la cancellazione della trascrizione della domanda proposta dall’attrice ai sensi dell’art. 2932 c.c., sul rilievo che non vi fosse agli atti la prova della trascrizione di tale domanda, senza, tuttavia, considerare che la Bonaire non aveva, in realtà, mai contestato di aver proceduto alla trascrizione della domanda proposta, ed, in ogni caso, che la trascrizione della domanda risultava dalla relativa nota di trascrizione, depositata dalla controparte all’udienza del 19/1/2011 come documento n. 25.

6.2. La corte d’appello, inoltre, ha aggiunto la ricorrente, ha errato anche lì dove ha ritenuto che, in conseguenza dell’accoglimento del motivo d’appello relativo alla errata compensazione delle spese del giudizio di primo grado ed al riconoscimento all’appellante degli interessi legali sulla somma versata a titolo di caparra, l’appellata doveva essere condannata al pagamento delle spese di lite, le quali, al contrario, dovevano essere compensate, quanto meno in parte, a fronte delle reciproche soccombenze delle parti in relazione alle domande proposte.

7.1. Il motivo è infondato in entrambe le censure in cui risulta articolato.

7.2. Quanto alla prima, questa Corte ha più volte ribadito che il vizio di omesso esame di un documento decisivo non è deducibile in cassazione se il giudice di merito ha accertato che quei documento non è stato prodotto in giudizio, non essendo configurabile un difetto di attività del giudice circa l’efficacia determinante, ai fini della decisione della causa, di un documento non portato alla cognizione del giudice stesso. Se la parte assume, invece, come nel caso in esame, che il giudice abbia errato nel ritenere non prodotto in giudizio il documento decisivo, può far valere tale preteso errore soltanto in sede di revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, sempre che ne ricorrano le condizioni (Cass. n. 15043 del 2018; Cass. n. 12904 del 2007). E’, dunque, inammissibile il ricorso per cassazione con cui si denunci l’errore del giudice di merito per avere ignorato un documento acquisito agli atti del processo e menzionato dalle parti, non corrispondendo tale errore ad alcuno dei motivi di ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c.: l’errore in questione, invero, risolvendosi in una inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento ma in contrasto con le risultanze degli atti del processo, può essere invece denunciato con il mezzo della revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 (Cass. n. 4056 del 2009 e Cass. n. 20240 del 2015). Ne’ può rilevare il fatto che la trascrizione della domanda ex art. 2932 c.c., non era stato contestato dalla società attrice posto che la mancata contestazione non esclude affatto che il giudice di merito possa ritenere che il fatto, pur se non contestato, non si sia verificato.

7.3. Per il resto, la Corte non può che ribadire che la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo lo stesso tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. n. 2149 del 2014; Cass. n. 30542 del 2017; Cass. n. 14459 del 2021).

8. Il ricorso principale ed il ricorso incidentale, devono essere, pertanto, rigettati.

9. La reciproca soccombenza comporta l’integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

10. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte tanto della ricorrente principale, quanto della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte così provvede: rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale; compensa integralmente le spese del presente giudizio tra le parti; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte tanto della ricorrente principale, quanto della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 1 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2022

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