Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6989 del 12/03/2021
Cassazione civile sez. trib., 12/03/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 12/03/2021), n.6989
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –
Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –
Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18395/2014 R.G. proposto da:
LA NUOVA FORNACE s.n.c. in persona del suo legale rappresentante pro
tempore, GIUSEPPE CELESTE, MICHELE CELESTE tutti rappresentati e
difesi giusta delega in atti e dall’avv. Mauro Carena (PEC
maurocarena.ordineavvocatitorino.it) con domicilio eletto in Roma
presso quest’ultimo difensore in via F. Cesi n. 30;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con
domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato;
– controricorrente –
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del
Piemonte n. 41/24/14 depositata il 16/01/2014, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del
30/09/2020 dal Consigliere Roberto Succio.
Fatto
RILEVATO
che:
– con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha respinto gli appelli dei contribuenti e quindi confermato la legittimità degli atti impugnati, avvisi di accertamento per IRPEF, IRAP e IVA 2005;
– avverso la sentenza di seconde cure propongono ricorso per cassazione sia la società sia i soci persone fisiche con atto non articolato in motivi; resiste con controricorso l’Amministrazione Finanziaria.
Diritto
CONSIDERATO
che:
– con il ricorso si censura la sentenza impugnata contestando la legittimità della pronuncia della CTR in quanto fondata sulle risultanze OMI e resa senza tener conto della perizia di stima versata in atti dai contribuenti; inoltre si denuncia la mancata considerazione dell’errore formale commesso in sede di dichiarazione relativo all’imputazione a ricavi degli acconti ricevuti a fronte delle cessioni degli immobili;
– il ricorso va rigettato per diverse ragioni;
– in primo luogo, come ancora di recente confermato da questa Corte (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 6519 del 06/03/2019) va rammentato che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa;
– in secondo luogo, da quanto sopra illustrato consegue quale necessario corollario che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti;
– in forza di ciò solo quindi, stante la mancata articolazione dei motivi in ricorso per cassazione come richiesto, il gravame va dichiarato inammissibile;
– ulteriormente, sia pur venendo all’esame delle doglianze relative alle risultanze OMI, osserva la Corte come il ricorrente non colga nè aggredisca correttamente la ratio decidendi della sentenza, che ha deciso in senso favorevole all’Erario non fondando la propria pronuncia solo su tali risultanze, ma su ulteriori elementi indicati in sentenza (il riferimento a valori di minor pregio, per edilizia convenzionata, è stato considerato elemento ulteriore probante la inattendibilità delle valutazioni dei contribuenti; analogamente lo è stata la determinazione e di detti valori secondo la perizia depositata dai contribuenti, in quanto se effettivi tali valori non coprirebbero neppure i costi di produzione sentenza CTR, penultimo periodo);
– di qui ulteriore ragione di inammissibilità del gravame;
– quanto alle doglianze ulteriori, le stesse sono nondimeno analogamente inammissibili;
– invero, non se ne ritrova traccia in sentenza nè parte ricorrente indica in ricorso per cassazione, come avrebbe dovuto nel rispetto del principio di autosufficienza dei motivi di ricorso, il locus processuale ove le stesse siano state formulate e ribadite di fronte ai giudici del merito, di guisa che questa Corte non ha contezza nè riscontro della loro tempestiva formulazione e deve ritenerle nuove, quindi inammissibili;
– conclusivamente, il ricorso è rigettato; le spese seguono la soccombenza;
– va dato atto, in ultimo, della sussistenza dei presupposti processuali per il c.d. “raddoppio” del contributo unificato.
PQM
rigetta il ricorso; liquida le spese in Euro 5.600 oltre a spese prenotate a debito che pone a carico di parte soccombente.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del dello stesso art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, il 30 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2021