Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6987 del 25/03/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 6987 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

ORDINANZA
sul ricorso 7312-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
EXPO SERVICE SRL IN LIQUIDAZIONE (di seguito Expo
Service) in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MAZZINI 9, presso lo studio
dell’avvocato SALVINI LIVIA, che la rappresenta e difende
unitamente agli avvocati BIDOGGIA ELENIO, GIOVANNA
ODDO, giusta procura speciale a margine del controricorso;
– contron”corrente –

Data pubblicazione: 25/03/2014

avverso la sentenza n. 148/40/2011 della Commissione Tributaria
Regionale di MILANO del 15.12.2011, depositata il 16/12/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/02/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO

rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
«L’Agenzia delle entrate ricorre contro la società EXPO Service srl in per la cassazione della
sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, riformando la
decisione di primo grado, ha affermato il diritto della società contribuente (cessata nel 2000)
al rimborso del credito IVA maturato per gli anni di imposta 1998 e 1999 e richiesto
all’Ufficio nel 2008.
Il ricorso si articola su tre mezzi.
Con il primo mezzo l’Agenzia delle entrate denuncia la violazione degli articoli 30, secondo
comma, e 38 bis DPR 633/72 e 21 D.Lgs. 546/92 in cui la Commissione Tributaria Regionale
sarebbe incorsa ritenendo che il diritto del contribuente al rimborso del credito IVA, non
esercitato attraverso la presentazione del modello VR , non soggiaccia al termine decadenziale
di cui all’articolo 21 D.Lgs. 546/92, ma solo all’ ordinario termine prescrizionale di dieci anni.
Il motivo va disatteso, in quanto – pacifico essendo che la società contribuente è cessata con la
chiusura della liquidazione il 15.3.2000 (lo riferisce la stessa Agenzia nel primo capoverso del
ricorso per cassazione) — deve prestarsi adesione al persuasivo indirizzo espresso da questa
Corte con la sentenza 9794/10, secondo cui: “In tema di IVA, la richiesta di rimborso relativa
all’eccedenza d’imposta, risultata alla cessazione dell’attività, essendo regolata dal comma 2
dell’art. 30 del d.P.R. n. 633 del 1972, è soggetta al termine di prescrizione ordinario decennale
e non a quello biennale di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992, applicabile in via
sussidiaria e residuale, in mancanza di disposizione specifiche; proprio perché l’attività non
prosegue, non sarebbe infatti possibile portare l’eccedenza in detrazione l’anno successivo.”);
tale indirizzo, pur contrastato dalla difforme sentenza n. 18920/11, può ritenersi ormai
consolidato, essendo stato di recente riaffermato con le sentenza 15229/12 e con la sentenza
23580/12, che richiama le sentenze 13920/11 e 14070/12.
Con il secondo e terzo mezzo, che per la loro intima connessione possono essere trattati
congiuntamente, l’Agenzia delle entrate lamenta, rispettivamente, la violazione del principio
di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (artt. 112 cpc e 36 D.Lgs. 546/92) ed il vizio di

Ric. 2012 n. 07312 sez. MT – ud. 05-02-2014
-2-

COSENTINO.

omessa motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio. Con tali motivi la
difesa erariale – dopo aver premesso che la sentenza di prime cure aveva motivato il rigetto del
ricorso della contribuente con l’affermazione che quest’ultima non aveva offerto la prova del
credito finale di cui chiedeva il rimborso e che tale affermazione era stata censurata
nell’appello della contribuente con un motivo con cui si ribadiva l’esistenza del credito IVA ed
il diritto alla relativa restituzione – sostanzialmente lamenta che su detto motivo dell’ appello
della contribuente la Commissione Tributaria Regionale avrebbe omesso di pronunciarsi

esplicitare le ragioni per le quali, in dissenso dal primo giudice, abbia ritenuto provato il
credito richiesto in rimborso dalla contribuente. I due mezzi vanno pur essi disattesi, perché la
Commissione Tributaria Regionale si è pronunciata sul menzionato motivo di appello della
contribuente (accogliendolo) e lo ha fatto indicando le ragioni che l’hanno indotta ad
accogliere la domanda di rimborso della contribuente, in riforma della decisione di primo
grado. La sentenza gravata é infatti motivata con il duplice rilievo (che deve giudicarsi
integrativo della trama motivazionale, ancorché sia contenuto nello SVOLGIMENTO DEL
PROCESSO e non nei MOTIVI DELLA DECISIONE) che “i crediti si sono formati nei periodi
d’imposta 1998 e 1999 e ammontano a complessivi euro 59.412,00 come si evince dalle
dichiarazioni dei redditi prodotte che non sono state oggetto di rettifica” (terzo capoverso dello
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO) e che in data 24/11/11 la contribuente aveva prodotto in
giudizio “il modello Unico 2000 società di capitali e dichiarazione annuale Iva 2001/rimborso
Iva” (ultimo capoverso dello SVOLGIMENTO DEL PROCESSO). Il giudice territoriale ha
dunque dato adeguatamente conto delle risultanze sulla cui base ha ritenuto provato il credito
IVA della contribuente, mentre la difesa erariale non ha indicato alcun fatto, dedotto in sede di
merito e trascurato nella sentenza gravata, che, se adeguatamente valutato, avrebbe orientato
il convincimento del giudice verso un accertamento di fatto diverso. Si propone il rigetto del
ricorso.»

che la società intimata si è costituita con controricorso;
che la relazione è stata notificata alla parti costituite;
che non sono state depositate memorie difensive;
che il Collegio condivide gli argomenti esposti nella relazione;
che, pertanto, si deve rigettare il ricorso, con condanna della ricorrente alle
spese del presente giudizio.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rifondere alla
controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 3.000
Ric. 2012 n. 07312 sez. MT – ud. 05-02-2014
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(secondo mezzo di ricorso) e comunque di motivare (terzo mezzo di ricorso), ossia di

per compensi, oltre euro 100 per esborsi.. e accessori di legge.

Così deciso in Roma il 5 febbraio 2014.

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