Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6982 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/03/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 11/03/2020), n.6982

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. Caiazzo Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17160-2018 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ALBERTO MIGNONE;

– ricorrente –

contro

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CIPRO 77,

presso lo studio dell’avvocato CRISTINA SPERANZA, rappresentata e

difesa dall’avvocato CLAUDIO NERI;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositato il

13/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARINA

MELONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Campobasso ha respinto la richiesta di modifica dell’importo dell’assegno divorzile di Euro 450,00 a favore della moglie ed a carico del marito concordato in sede di ricorso congiunto di divorzio.

La Corte di Appello di Campobasso, con decreto in data 6/12/2017 ha confermato la pronuncia. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso in cassazione P.G. affidato a due motivi e memoria.

C.A. si è costituita con controricorso e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, artt. 5,6 e 9, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il giudice territoriale non ha tenuto conto della situazione economica delle parti e conseguente sproporzione delle rispettive posizioni reddituali nonchè dell’impossibilità per il ricorrente di mantenersi con il solo importo di 450,00 Euro mensili che residua dopo il pagamento del mutuo immobiliare di 360,00 Euro circa e di Euro 450,00 versate alla moglie come stabilito in sede di divorzio congiunto, considerato che non disponeva di alcun’altra fonte di sostentamento. Al contrario/ l’ex coniuge prima disoccupata, beneficiaria dell’assegno di 450,00 Euro, presta ora attività lavorativa come badante con retribuzione mensile di Euro 500,00.

Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, artt. 5, 6 e 9, art. 112 c.p.c. e art. 156 c.c., ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto il giudice territoriale non ha tenuto conto del nuovo matrimonio contratto dal ricorrente.

Il ricorso è inammissibile.

Infatti, la decisione impugnata ha preso in considerazione la situazione economica delle parti ed in particolare la nuova attività lavorativa della moglie. Tale circostanza non risulta essere stata trascurata dal giudice territoriale, che ha lasciato immutato l’assegno divorzile a 450,00, pur tenendo conto del sopravvenuto reddito mensile della moglie di Euro 500,00.

La pronuncia impugnata merita di essere confermata sulla base della pronuncia delle Sezioni Unte di questa Corte (Sez. U, n. 18287 del 11/07/2018) secondo la quale “Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”. Successivamente Sez. 1-, Ordinanza n. 21926 del 30/08/2019 sulla base dei medesimi principi: “L’assegno divorzile ha una imprescindibile funzione assistenziale, ma anche, e in pari misura, compensativa e perequativa. Pertanto, qualora vi sia uno squilibrio effettivo, e di non modesta entità, tra le condizioni economico-patrimoniali degli ex coniugi, occorre accertare se tale squilibrio sia riconducibile alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli all’interno della coppia e al sacrificio delle aspettative di lavoro di uno dei due. Laddove, però, risulti che l’intero patrimonio dell’ex coniuge richiedente sia stato formato, durante il matrimonio, con il solo apporto dei beni dell’altro, si deve ritenere che sia stato già riconosciuto il ruolo endofamiliare dallo stesso svolto e – tenuto conto della composizione, dell’entità e dell’attitudine all’accrescimento di tale patrimonio – sia stato già compensato il sacrificio delle aspettative professionali oltre che realizzata con tali attribuzioni l’esigenza perequativa, per cui non è dovuto, in tali peculiari condizioni, l’assegno di divorzio. ”

Per quanto sopra il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna alle spese a favore della controricorrente.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 2300,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre spese nella misura del 15% come per legge a favore del controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta-1sezione della Corte di Cassazione, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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