Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6978 del 23/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 23/03/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 23/03/2010), n.6978

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e presso

di essa domiciliata in Roma, in via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

B.A.M.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione 29, n. 92, depositata il 17 maggio 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12 gennaio 2010 dal Relatore Cons. GRECO Antonio;

La Corte:

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per Cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sezione 29, n. 92, depositata il 17 maggio 2006, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Caserta, ha riconosciuto a B.A.M., agente di commercio, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per gli anni 1998, 1999, 2000, 2001 e 2002.

Il contribuente non ha svolto attivita’ difensiva nella presente sede.

Il ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c., con il quale l’Agenzia delle entrate denuncia violazione della normativa istitutiva dell’IRAP in relazione agli art. 1742 e 2195 c.c. sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione, il cui accertamento non sarebbe necessario nei confronti dell’agente di commercio, essendo i redditi d’impresa sottoposti di per se’ stessi all’imposta.

La ratio decidendi della sentenza impugnata e’ sostanzialmente conforme al principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte in sede di composizione del contrasto delineatosi in materia nella giurisprudenza di legittimita’, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio dell’attivita’ di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1 e’ escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attivita’ non autonomamente organizzata. Il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:

a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interesse;

b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. 26 maggio 2009, n. 12108).

D’altra parte, non e’ oggetto di censura l’accertamento di fatto compiuto dal giudice d’appello in ordine all’insussistenza, nella specie, di autonoma organizzazione.

In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, e all’art. 380 bis c.p.c., il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio in quanto manifestamente infondato”;

che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte ne’ memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere rigettato;

che non vi e’ luogo a provvedere sulle spese, in quanto l’intimato non ha svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2010

 

 

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