Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6978 del 17/03/2017

Cassazione civile, sez. VI, 17/03/2017, (ud. 22/02/2017, dep.17/03/2017),  n. 6978

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2934-2016 proposto da:

B.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI VALERI

1, presso lo studio dell’avvocato MAURO GERMANI, che la rappresenta

e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.B., elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZZA S. M.

AUSILIATRICE, 44, presso lo studio dell’avvocato ANDREA ESPOSITO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO CAROSI giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

D.M.F.;

– intimati –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di TIVOLI, depositata il

22/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/02/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Tivoli accoglieva il reclamo proposto da R.B. e D.B.F. nei confronti di B.M.A. avverso il provvedimento pronunciato all’esito del ricorso presentato da quest’ultima ex art. 1171 c.c., assumendo che non era rilevabile la presenza di un’opera avente caratteristiche strutturali e funzionali già definite, con la conseguenza che risultava impossibile configurare quale fosse il “danno temuto”.

Avverso la decisione sul reclamo B.M.A. proponeva ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, eccependo con un unico motivo che da una corretta lettura degli atti di causa non si poteva non arrivare alla conclusione circa la fondatezza nel merito del ricorso promosso ex art. 1171 c.c., e che invece il Collegio aveva mal interpretato le risultanze istruttorie.

Atteso che:

prima ancora di entrare nel merito delle censure proposte nell’impugnazione di cui in epigrafe, va affrontata la questione preliminare dell’ammissibilità del ricorso per cassazione avverso un provvedimento reso in sede di reclamo contro un provvedimento disposto a seguito di ricorso ex art. 1171 c.c.

Sul punto appare opportuno richiamare la recente decisione di questa Sezione (Ord. 6-2, n. 4904/2015) che ha affermato: “Occorre preliminarmente ricordare che nei procedimenti di nunciazione, sia per denuncia di nuova opera ex art. 1171 c.c., sia per denuncia di danno temuto ex art. 1172 c.c., possono individuarsi due distinte fasi. Una prima ha natura cautelare, essendo rivolta all’adozione di qualsiasi determinazione provvisoria che sia necessaria ai fini di una tutela interinale del diritto o del possesso fatto valere, a fronte di un pericolo di sua lesione per causa di opere altrui nuove o preesistenti. Segue, quindi, una seconda e distinta fase di merito, destinata in primo luogo al completamento dell’indagine sul fondamento della tutela, possessoria o petitoria, domandata dal ricorrente, quindi alla definitiva decisione sull’effettiva titolarità della situazione soggettiva azionata e sulla meritevolezza della tutela invocata. Pur costituendo entrambe le fasi descritte parte integrante di un unico grado del medesimo giudico, appare tuttavia evidente l’esistenza di una consistente divergenza di tipo di tutela, oltre che di provvedimento, conseguibile nella prima rispetto alla seconda. In quest’ultima, infatti, il ricorrente può ottenere dal giudice una decisione di carattere dichiarativo, per mezzo della quale veda accertati la propria titolarità sul diritto o il possesso azionato, l’avvenuta lesione ingiusta dello stesso ad opera della controparte, nonchè il proprio diritto ad una tutela risarcitoria ovvero restitutoria. Nella fase precedente, invece, il ricorrente può unicamente conseguire una tutela cautelare della situazione di fatto o di diritto fatta valere, ossia una temporanea protezione della medesima, per mezzo di un provvedimento (cd. ordinanza cautelare) dotato di efficacia provvisoria, a fronte di un pericolo di danno sufficientemente provato nella sua esistenza, gravità ed irreparabilità Cass., 15-07-2003, n 11027; Cass., 20/11/2001, n. 14561; Cass., 15-10-2001, n 12511)”.

Ciò premesso, appare, quindi, logicamente consequenziale l’applicabilità, nella prima fase dei giudizi di nunciazione, delle norme sul procedimento cautelare uniforme di cui agli artt. 669 bis e 669 quaterdecies c.p.c.. Tra queste deve, pertanto, ritenersi incluso anche l’art. 669 septies c.p.c., dal quale risulta chiaramente che il provvedimento sull’istanza cautelare proposta a tutela della proprietà, di altro diritto reale o del possesso, non è una sentenza, ma è un’ordinanza contro la quale e ammesso il reclamo a norma dell’art. 669 terdecies c.p.c..

Ne consegue che l’ordinanza che decide il reclamo sollevato ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c. possiede i medesimi caratteri di provvisorietà e non decisorietà propri dell’ordinanza cautelare reclamata, essendo l’impugnazione de qua funzionale unicamente all’eventuale sostituzione della decisione di concessione o di rigetto della misura cautelare invocata.

Tutto ciò premesso, sembra dunque opportuno invocare l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato secondo il quale il ricorso per cassazione è proponibile (eventualmente anche ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7) avverso provvedimenti giurisdizionali emessi in forma di ordinanza o di decreto solo quando essi abbiano carattere definitivo e decisorio, cioè siano in grado di incidere con efficacia di giudicato su situazioni soggettive di natura sostanziale.

Da ciò può quindi dedursi, a contrario, l’inammissibilità del ricorso avverso le ordinante adottate dal Tribunale in sede di reclamo avverso provvedimenti di natura cautelare o possessoria, in quanto provvedimenti giurisdizionali a carattere strumentale ed interinale, Cass., 30-07-2007, n 16849; Cass., SS.UU., 08-06-2007, n 13396; Cass., 22-02-2006, n 3919; Cass., 31-08-2005, n 17561; Cass., 20-08- 2004, n 16325; Cass., SS.UU, ord. 23-01-2004, n 1245; Cass., 03-12- 2003, n 18478; Cass., 05-05-2003, n 6752; Cass., 09-05-2002, n 6672).

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza nei confronti della controricorrente, come da dispositivo.

Nulla a disporre quanto all’intimato che non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13ssistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori come per legge;

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

L’ordinanza è stata redatta con la collaborazione dell’assistente di studio dott. M.G..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2017

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