Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6973 del 12/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/03/2021, (ud. 17/09/2020, dep. 12/03/2021), n.6973

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. TRISCARI G. – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 9222 del ruolo generale dell’anno

2015, proposto da:

F.F., rappresentato e difeso, giusta procura speciale a

margine del ricorso, dall’avv. Manlio Ingrosso e dall’avv.to

Marcella Ferrante, elettivamente domiciliato presso lo studio

dell’avv.to Daniela Ciardo in Roma, Via degli Scipioni n. 267;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Puglia, sezione staccata di Taranto, n. 352/28/2014,

depositata in data 17/02/14, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17 settembre 2020 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

 

Fatto

RILEVATO

che:

-con sentenza n. 352/28/2014, depositata in data 17/02/14, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione staccata di Taranto, accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di F.F. avverso la sentenza n. 80/02/2010 della Commissione tributaria provinciale di Taranto che aveva accolto il ricorso proposto dal suddetto contribuente avverso l’avviso di accertamento n. RF.30102002932008, con il quale, previo p.v.c. dei funzionari dell’Agenzia, l’Ufficio, stante la rilevata scarsa reddittività dichiarata (pari all’1,6%) e la bassa percentuale di ricarico applicata (pari al 5,7%) aveva contestato, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, commi 2 e 3 nei confronti di quest’ultimo, titolare della “pescheria da Cesarino”, maggiori ricavi, ai fini Irpef, Irap e Iva, per l’anno 2003, applicando sul costo del venduto, per l’anno di imposta in esame, le percentuali di ricarico medio elaborate al momento dell’accesso (2008);

– la CTR – nel ridurre i maggiori ricavi accertati da Euro 239.204,00 a Euro 156.833,00 – in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che: 1) l’avviso di accertamento, con una motivazione adeguata, era fondato su una serie di elementi indicati nel p.v.c., aventi valenza non già di meri indizi ma effettivamente probatoria quali i saldi negativi evincibili dal conto di mastro, non conciliabili con le fatture passive della stessa data, le irregolarità del piano di ammortamento, un “bilancio provvisorio” al 31.10.2003 (Euro 55.971,76) con un utile ridottosi inspiegabilmente a Euro 16.361,31 nei due mesi successivi in cui la vendita è maggiore per la festività di fine anno, i cospicui versamenti (Euro 188.450,00) effettuati nell’anno solare dal titolare dell’azienda sul suo conto personale e non giustificati, i numerosi verbali elevati dalla Guardia di finanza per mancata emissione di scontrini fiscali; 2) sulla base di questi elementi denotanti la scarsa reddittività dichiarata e la bassa percentuale di ricarico, l’Ufficio aveva proceduto alla ricostruzione induttiva dei maggiori ricavi sulla base al criterio della “media aritmetica dei prezzi ordinariamente praticati nel settore economico di riferimento” in rapporto alle medie del settore; 3) era, però, necessario rideterminare il reddito effettivo imponibile del contribuente rispetto a quello accertato dall’Ufficio, non potendo farsi applicazione sul costo del venduto, per l’anno di imposta verificato (2003) – come effettuato da quest’ultimo – della percentuale di ricarico rilevata all’anno dell’accesso (2008), stante la diversità aziendale tra i diversi periodi considerati e la mancata configurabilità di un indice di ricarico costante in relazione a costi, qualità e quantità del prodotto variabili nel tempo; 4) l’importo rideterminato da sottoporre a tassazione pari a Euro 156.833,00 scaturiva dalla sommatoria dell’utile pari a Euro 53.963,13 risultante dal bilancio provvisorio al 31.10.2003 (Euro 55.971,76 dedotte le rimanenze di Euro 2.088,63), dei ricavi pari a Euro 12.000,00 per gli altri due mesi di attività (considerato un “ragionevole” aumento della media mensile pari a Euro 4.496,62) e dei ricavi presunti pari a Euro 90.870,00 (Euro 188.450,00 detratto il costo della merce, delle spese di gestione e della perdita di prodotto, frequente nel commercio ittico, “ragionevolmente” determinati nella misura del 40% pari a Euro 60.580,00) in relazione a versamenti risultati ingiustificati effettuati in contanti dal contribuente sul proprio conto bancario;

– avverso la sentenza della CTR, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle entrate;

– il ricorrente ha depositato memoria illustrativa insistendo per l’accoglimento del ricorso;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 24 Cost., art. 112 c.p.c., sotto il profilo della extrapetizione, e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 per avere la CTR rideterminato il reddito imponibile, prescindendo del tutto dalle domande delle parti, come risultanti dalla formalizzazione della pretesa contenuta nell’avviso di accertamento e dai motivi di ricorso proposti dal contribuente, e determinando la pretesa tributaria fondandola su un diverso metodo di accertamento di matrice giudiziale; in particolare, il giudice di appello, a fronte di una ricostruzione dei maggiori ricavi da parte dell’Ufficio basata sulla applicazione al costo del venduto, per il 2003, della percentuale di ricarico medio elaborata all’atto dell’accesso (2008) per ciascuna tipologia di pesce/molluschi ricompresa nel campione della merce venduta, avrebbe assunto il “bilancio provvisorio” al 31.10.03 esibito dal contribuente a fonte di ricavi stimati in Euro 53.963,00 cui avrebbe sommato l’importo di Euro 12.000,00, quale “ragionevole aumento” per il periodo festivo della media mensile di 4.496,92, corrispondente ai ricavi per i mesi di novembre e dicembre 2003, nonchè Euro 151.450,00 considerando ricavi parte dei versamenti ritenuti non giustificati dai verificatori, senza che tale metodo induttivo di determinazione trovasse fondamento nè nel p.v.c. nè nell’avviso di accertamento; con ciò operando una valutazione sostitutiva oltre i limiti posti dalle domande di parte e in violazione del principio dispositivo immanente al processo tributario;

– il motivo è fondato;

– va premesso che dalla sentenza impugnata e dal p.v.c. del 27 febbraio 2008 allegato al ricorso si evince che – a fronte dei riscontrati elementi presuntivi dell’antieconomicità del comportamento del contribuente quali il bilancio provvisorio al 31.10.03 di Euro 55.971,76 con un utile sceso inspiegabilmente a Euro 16.361,31 nei due mesi successivi in cui era maggiore la vendita per le festività natalizie, i cospicui versamenti di Euro 188.450,00 effettuati dal titolare dell’azienda sul proprio conto corrente bancario, i saldi negativi sul conto di mastro, i verbali della G.d.F. per mancata emissione di scontrini etc. – l’accertamento condotto dall’Ufficio nei confronti di F.F., quale titolare della “(OMISSIS)”, era stato di tipo analitico-induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d) e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, commi 2 e 3, con la ricostruzione del reddito imponibile, applicando sul costo del venduto del 2003 le percentuali di ricarico medio ponderato elaborate nel 2008, all’atto dell’accesso dei verificatori presso la sede della ditta, per ciascuna tipologia di pesce e molluschi considerata nell’individuato campione rappresentativo delle merci vendute;

– per giurisprudenza consolidata di questa Corte “Il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio. Ne consegue che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte” (Sez. 5 -, Sentenza n. 27560 del 30/10/2018) avvalendosi degli ordinari poteri di indagine e di valutazione dei fatti e delle prove consentiti dagli artt. 115 e 116 c.p.c., senza che, da un lato, ciò costituisca attività amministrativa di nuovo accertamento e, da un altro, determini una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25629 del 15/10/2018);

-nella specie, a fronte di un accertamento analitico-induttivo dell’Ufficio fondato sulla applicazione delle percentuali di ricarico medio determinate sulla base dei prezzi del 2008 al costo del venduto del 2003, e di una contestazione del contribuente relativa alla ricostruzione dei ricavi con applicazione all’anno di imposta verificato di una percentuale di ricarico rilevata all’atto dell’accesso nel 2008 e al mancato riconoscimento dei costi della merce, delle spese di gestione, delle percentuali di scarto, di sfrido e del diverso andamento delle vendite del pesce nel corso dell’anno, la CTR, in violazione dei suddetti principi, e, in particolare, superando il limite del potere del giudice di rideterminare il quantum della pretesa tributaria costituito dal non compimento di nuovo accertamento, ha fondato la ricostruzione del reddito effettivamente imponibile, su elementi – quali le risultanze del bilancio provvisorio e i versamenti – che l’Ufficio aveva considerato quali elementi presuntivi dell’occultamento di maggiori ricavi per poi determinare questi ultimi attraverso l’utilizzo della media aritmetica ponderata; pertanto, la CTR, compiendo in sostanza un nuovo accertamento, da un lato, ha elevato al rango di ricavi le risultanze del bilancio provvisorio al 31.10.03 e i versamenti in contanti operati dal contribuente sul proprio conto nell’anno in questione – elementi che l’Ufficio aveva considerato quali meri presupposti dell’accertamento analitico-induttivo – e, dall’altro, ha determinato il quantum della pretesa, con un metodo del tutto diverso da quello utilizzato dall’Ufficio (basato sull’applicazione della media ponderata delle percentuali di ricarico rilevate nel 2008 al costo del venduto del 2003), ed evocando un asserito criterio di “ragionevolezza”, sommando all’importo di Euro 53.963,13 quale ricavo risultante dal bilancio provvisorio (decurtato l’utile emerso di Euro 55.971,76 delle rimanenze di Euro 2.088,63), i ricavi dei mesi di novembre e dicembre 2003 stimati nella somma di Euro 12.000,00 quale “ragionevole” aumento delle medie mensili di Euro 4.496,92, nonchè i ricavi presunti dai versamenti ritenuti non giustificati e decurtati dei costi della merce, spese di gestione e perdita del prodotto, quantificati “ragionevolmente” del 40%; emerge, dunque, chiaramente la rideterminazione dei ricavi da parte della CTR in base ad elementi non considerati in sede di accertamento a fondamento della effettiva ricostruzione o considerati solo quali indici della antieconomicità del comportamento del contribuente; da qui il superamento da parte del giudice di appello dei limiti del potere di rideterminare il quantum del pretesa tributaria, dovendo lo stesso operare “entro i limiti posti dalle domande delle parti”;

-con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 per avere la CTR, con una motivazione apparente, fondato il presupposto logico-giuridico delle proprie determinazioni sull’avverbio “ragionevolmente” (aggiungendo ai ricavi di Euro 53.963,13 desunti dal “bilancio provvisorio” al 31.10.03 quello di Euro 12.000,00 per gli altri due mesi di novembre e dicembre, stabilito aumentando “ragionevolmente” la media mensile di Euro 4.496,92 per il periodo festivo, nonchè quello di Euro 151.450, determinato decurtando i versamenti pari a Euro 188.450,00 del costo della merce, delle spese di gestione e della perdita di prodotto determinate “ragionevolmente” in ragione del 40%) senza che fosse possibile comprendere nè quali parametri avesse assunto la Corte nella sua motivazione nè come nè perchè fosse arrivata a tale quantificazione;

– con il terzo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 per avere la CTR, con una motivazione affetta da contraddittorietà insanabile e apparente: 1) ritenuto adeguatamente motivato l’avviso di accertamento, avuto riguardo alla sussistenza dei presupposti del metodo di accertamento analitico-induttivo adottato anche se il punto controverso fosse l’adeguatezza della motivazione relativamente alla ricostruzione dei ricavi, posto che l’Ufficio non aveva argomentato in ordine alle ragioni per le quali le percentuali di ricarico calcolate nel 2008 fossero applicabili all’anno di imposta del 2003; per di più contraddicendosi nella misura in cui ha espressamente riconosciuto come illegittima tale estensione; 2) determinato i ricavi relativi agli ultimi due mesi di attività in Euro 12.000,00 sulla base di un “ragionevole” aumento della media mensile di ricavi pari a Euro 4.496,92, senza indicare i parametri di tale quantificazione; 3) considerato ricavi i versamenti effettuati in contanti nello stesso anno e privi di qualsiasi giustificazione anche se il contribuente aveva evidenziato come gli stessi provenissero da “disinvestimenti realizzati dalla madre sig.ra C.C.”; 4) ritenuto che le percentuali di scarto, di sfrido e il diverso andamento delle vendite, fossero già state considerate nelle medie di settore dei prezzi praticati, ancorchè l’Ufficio avesse ricostruito i ricavi senza fare alcun riferimento ai prezzi medi di settore ma alle percentuali di ricarico praticate nel 2008 e applicate al costo del venuto del 2003;

– con il quarto motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 per avere la CTR erroneamente ritenuto adeguatamente motivato l’avviso di accertamento in questione, ancorchè l’Ufficio avesse applicato al costo del venduto dell’anno 2003 le percentuali di ricarico rilevate nel 2008 senza chiarire le ragioni per le quali fosse legittimo estendere le percentuali di ricarico ad un anno di imposta anteriore a quello in cui si erano rilevate, e senza precisare le ragioni di continuità logico-economica tra le gestioni di impresa nei due periodi di imposta;

– l’accoglimento del primo motivo, rende inutile la trattazione dei restanti, con assorbimento degli stessi;

– in conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, affinchè esamini il merito della vicenda.

P.Q.M.

la Corte: accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 5 sezione, il 17 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 marzo 2021

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