Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6970 del 23/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 23/03/2010), n.6970

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo

studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, rappresentata e difesa

dall’avvocato TRIFIRO’ SALVATORE, giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIMA 48,

presso lo studio dell’avvocato MAROTTA NICOLA, rappresentata e difesa

dagli avvocati MARANO MAURIZIO, RIZZO ANTONIO, giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 572/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 11/08/2005 R.G.N. 390/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

27/01/2010 dal Consigliere Dott. DI NUBILA Vincenzo;

udito l’Avvocato GIOVANNI GIUSEPPE GENTILE per delega TRIFIRO’

SALVATORE;

udito l’Avvocato MAROTTA NICOLA per delega MAURIZIO MARANO e ANTONIO

RIZZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. P.A., dipendente di Poste Italiane con qualifica di dattilografa presso il centro meccanografico di (OMISSIS), il (OMISSIS) non rientrava in servizio al termine di un periodo di aspettativa per motivi di famiglia e produceva un certificato medico attestante la malattia del figlio M.S., di eta’ inferiore a tre anni. Con nota 5.1.1999 il Direttore dell’Agenzia di (OMISSIS) comunicava l’accoglimento della richiesta di congedo. Con provvedimento in data 11.1.1999 il Direttore Regionale del Veneto di Poste Italiane rilevava che la certificazione prodotta attestava una malattia di carattere cronico, ragion per cui la lavoratrice doveva riprendere immediato servizio. Quanto sopra veniva comunicato alla P. con telegramma in data 13.1.1999, al che la lavoratrice contestava il provvedimento ed allegava nuovo certificato medico attestante una malattia “non inguaribile” del figlio. Il 20.1.1999 la P. inviava attestazione di stato influenzale del figlio e l’istanza veniva accolta limitatamente a tale ultima patologia.

L’assenza dal lavoro per malattia del figlio proseguiva dal 25 al 31 gennaio e dal 1 al 20 febbraio.

2. Con nota 12.2.1999 Poste Italiane contestava alla P. due periodi di assenza ingiustificata, vale a dire dal 1.1.99 al 19.1.1999 e dal 25.1.1999 al 6.2.1999. La lavoratrice produceva le proprie giustificazioni. Il Direttore regionale suddetto, con nota 23.3.1999, accoglieva le giustificazioni per il periodo 25.1- 20.2.1999, ma ribadiva che l’assenza dal 1 gennaio al 19 gennaio era ingiustificata e quindi intimava il licenziamento con preavviso ex art. 34 del CCNL. 3. Con nota 26.4.1999 la lavoratrice impugnava il licenziamento.

Infruttuoso essendo rimasto il tentativo di conciliazione, con ricorso depositato in data 31.5.2002 P.A. adiva il Tribunale di Verona. Previa costituzione ed opposizione di Poste Italiane, il Tribunale respingeva la domanda attrice, ritenendo che il codice disciplinare era stato affisso; che la contestazione era tempestiva; che la sanzione era adeguata in quanto la patologia denunciata non configurava un vero e proprio stato morboso.

4. Proponeva appello l’attrice. Si costituiva e controdeduceva Poste Italiane. La Corte di Appello di Venezia riformava la sentenza di primo grado ed irrogava la minore sanzione della sospensione. Questa in sintesi la motivazione della sentenza di appello:

– la contestazione concerne due periodi di assenza: 2 – 19 gennaio e 25 gennaio – 6 febbraio;

– per il secondo dei due periodi l’assenza e’ stata ritenuta giustificata dalla societa’;

– il licenziamento e’ stato irrogato per il primo periodo;

nell’irrogare la sanzione, l’azienda considerava che la lavoratrice era “a tutt’oggi assente ingiustificata”, ma tale considerazione non poteva influire nella valutazione ai fini disciplinari, in quanto non contestata;

– rimane il primo periodo, che dovrebbe integrare gli estremi di una assenza ingiustificata per oltre dieci giorni; ma l’assenza dal 2 al 13 gennaio e’ giustificata e come tale veniva riconosciuta dal direttore della filiale di (OMISSIS); la successiva revoca non impedisce alla lavoratrice di fare affidamento sul primo provvedimento e del resto la Corte ritiene giustificata l’assenza, perche’ la sindrome da deprivazione affettiva presentata dal figlio si concretizzava in iperemotivita’, labilita’ nell’equilibrio neuro – vegetativo, alterazione del processo di separazione – individuazione, crisi di ansia acuta a carattere parossistico e “pavor nocturaus”, malattia quindi di carattere transitorio e reversibile; in sede di integrazione della prima certificazione, il medico curante aveva precisato che la malattia trovavasi in fase acuta;

– ne deriva che l’assenza ingiustificata e’ inferiore a dieci giorni onde il provvedimento va convertito nella sospensione per dieci giorni con privazione della retribuzione.

5. Ha proposto ricorso per Cassazione la spa Poste Italiane deducendo cinque motivi. Resiste con controricorso P.A.. La ricorrente ha presentato memoria integrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 1204 del 1971, art. 7 nonche’ omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in fatto circa un punto decisivo della controversia, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: la sentenza impugnata deve essere riformata laddove ha riconosciuto giustificata l’assenza della P., laddove detta assenza era lecita solo in caso di uno stato morboso acuto e temporaneo del figlio minore di tre anni.

7. Con il secondo motivo del ricorso, la ricorrente deduce ulteriore violazione della L. n. 1204 del 1971, art. 7 degli artt. 115 e 116 c.p.c. e vizio di motivazione, perche’ la Corte di Appello non ha indicato le prove e le ragioni del convincimento in ordine all’esistenza di una malattia in fase acuta. Le certificazioni mediche prodotte da controparte non attestano la temporaneita’ e la presumibile durata della malattia.

8. I motivi sopra riportati possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi Essi risultano infondati. La Corte di Appello, sulla scorta della documentazione medica prodotta, che in parte trascrive, raggiunge il convincimento che non si tratta di malattia cronica o di uno stato di disagio permanente, ma di processo morboso in evoluzione e descrive le manifestazioni acute della malattia come ad esempio le crisi di ansia e il “pavor nocturnus”. La motivazione al riguardo risulta adeguata e logica, immune da lacune o contraddizioni, talche’ si sottrae a censura in sede di legittimita’. Ne’ e’ possibile procedere ad una rilettura dei certificati medici in atti, sovrapponendo alla valutazione della Corte di Appello una diversa valutazione, il che e’ precluso in Cassazione.

9. Con il terzo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 1362, 1363, 1366, 1371 c.c., degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 34 del CCNL di categoria, nonche’ ulteriore vizio di motivazione: non e’ ipotizzabile alcun affidamento della lavoratrice circa il provvedimento che inizialmente le aveva concesso di rimanere assente e non risulta per quali vie la P. fosse venuta a conoscenza della nota interna con la quale era stata inizialmente accolta l’istanza.

10. Il motivo e’ infondato. Poste Italiane non contesta che in un primo momento il direttore dell’agenzia abbia concesso il permesso di assenza ne’ che con telegramma sia stata comunicato l’invito a riprendere servizio stante la diversa determinazione del direttore regionale. La ricostruzione in fatto della Corte di Appello si sottrae a censura in punto di valutazione del fatto, perche’ la P. aveva giustificato l’assenza e solo la comunicazione del rigetto dell’istanza le imponeva di riprendere servizio. Rettamente, quindi, il giudice di merito ha ritenuto ingiustificata l’assenza soltanto dopo che la dipendente aveva avuto notizia che la sua giustificazione dell’assenza non era stata accettata.

11. Con il quarto motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 2106 e 2118 c.c. e della L. n. 604 del 1966, art. 3 nonche’ difetto di motivazione, perche’ la Corte di Appello non ha considerato che la certificazione medica inizialmente inviata era inidonea a dimostrare lo stato di malattia e solo successivamente la P. ha documentato la natura effettiva della malattia dell’infante.

12. Il motivo e’ infondato. Quello che conta e’ l’accertamento della esistenza e della natura della malattia del figlio della lavoratrice.

La Corte di Appello ha rettamente considerato che, dinanzi ad una contestazione circa la natura cronica della malattia, era ammissibile una certificazione integrativa la quale meglio chiarisse le affezioni presentate dal bambino.

13. Il quinto motivo del ricorso deduce motivazione insufficiente e contraddittoria nonche’ violazione degli artt. 115, 116, 210 c.p.c., degli artt. 1227 e 2697 c.c., per non avere la Corte di Appello accolto l’eccezione circa l’aliunde perceptum. Inoltre il risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni doveva decorrere dal termine del preavviso e non dalla data del licenziamento.

14. Il motivo e’ infondato. La parte, nell’eccepire l’aliunde perceptum, ha sollecitato i poteri di ufficio del giudice, laddove era suo onere allegare l’avvenuta percezione di un reddito ed indicare la relativa fonte probatoria, mentre e’ inammissibile una sollecitatoria dei poteri officiosi del giudice da esercitarsi senza alcun punto di riferimento. Del pari, la questione del preavviso lavorato viene assorbita dalla determinazione del risarcimento del danno, che tiene conto del periodo in cui la dipendente e’ rimasta senza lavoro, ma non e’ ancorata necessariamente al dato retributivo.

15. Il ricorso deve, per i suesposti motivi, essere rigettato. Le spese del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna Poste Italiane spa a rifondere a P.A. le spese del grado, che liquida in Euro 58,00 oltre Euro 1.500,00 per onorari, spese generali, Iva e Cpa nelle misure di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2010

 

 

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