Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6970 del 17/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 17/03/2017, (ud. 22/02/2017, dep.17/03/2017),  n. 6970

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1386/2016 proposto da:

GLOBAL DISPLAY SOLUTIONS SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO

PAGANELLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

PAOLO DORIA in virtù di procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ELECTRONIC PARTNER SRL, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO FIORI,

rappresentata e difesa dall’avvocato CARLO DE SIMONI, in virtù di

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2308/2015 del TRIBUNALE di PADOVA, depositata

il 06/08/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/02/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Lette le memorie delle parti.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Padova con la sentenza gravata, nel riformare la pronuncia del Giudice di Pace, condannava l’odierna ricorrente al pagamento della somma di Euro, 1.018,11 oltre interessi ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2002, quale corrispettivo della fattura n. (OMISSIS) avente ad oggetto la fornitura in favore della stessa ricorrente di componenti elettronici.

Il giudice di primo grado aveva invece accolto l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo concesso sulla base della menzionata fattura, ritenendo che nella fattispecie dovesse trovare applicazione il principio affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 23726/2007, in quanto la creditrice aveva proposto in maniera frazionata varie azioni di condanna in sede monitoria, sebbene le varie fatture poste a fondamento dei numerosi decreti ingiuntivi richiesti trovassero la loro giustificazione in un rapporto unitario e continuativo di natura commerciale.

La sentenza gravata, invece, nel ritenere che il principio affermato dalle Sezioni Unite fosse stato successivamente riconsiderato in altre pronunce della Corte, nel senso che in luogo della sanzione della improponibilità o inammissibilità delle domande successive avanzate ed aventi ad oggetto una frazione del credito unitario, la condotta abusiva del creditore dovesse trovare adeguata sanzione mediante la disciplina delle spese processuali, ovvero provvedendosi alla riunione delle domande separatamente proposte (impregiudicata in ogni caso la responsabilità disciplinare del difensore autore della condotta abusiva). Tenuto conto di tale evoluzione, della quale era espressione Cass. n. 5491/2015, ha quindi riformato la pronunzia di inammissibilità adottata dal giudice di prime cure.

Inoltre ha osservato che le pretese della controricorrente (ancorchè avanzate nei confronti della stessa controparte ed in forza di fattispecie causative sostanzialmente identiche), non davano vita ad un unico rapporto obbligatorio, ma ad una pluralità di rapporti, in quanto si trattava di distinti rapporti contrattuali di fornitura, eseguiti in momenti diversi, per prodotti diversi e con diverso prezzo, venendo anche le fatture a scadenza in momenti diversi.

Infine, una volta preso atto della effettiva consegna della merce fatturata, disattendeva la richiesta della opponente di tenere conto di un proprio controcredito di natura risarcitoria, derivante della non esatta esecuzione di altre forniture, ed oggetto di distinte fatture, mancando la prova della difettosità dei componenti elettronici forniti. La Global Display Solutions S.p.A. ha proposto ricorso avverso la sentenza del Tribunale di Padova n. 2308/2015 sulla base di un motivo, e la società intimata ha resistito con controricorso.

Con l’unico motivo proposto si denunzia la falsa applicazione del principio di diritto espresso dalla menzionata decisione delle Sezioni Unite, nonchè degli artt. 2 e 111 Cost., degli artt. 6 e 17 Cedu, dell’art. 54 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e dell’art. 49 del codice deontologico forense.

Ad avviso della ricorrente il principio affermato dalle Sezioni Unite, secondo cui “non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale”, sarebbe stato inopinatamente disatteso dal giudice di merito. In sostanza, secondo la ricorrente, in presenza della possibilità per il creditore di richiedere il pagamento con un’unica iniziativa giudiziaria, va sanzionata con l’inammissibilità ovvero l’improcedibilità, la scelta di frazionare la pretesa creditoria, indipendentemente dalla natura unitaria o meno del rapporto.

Ad avviso del Collegio il motivo non appare fondato.

Ed, invero effettivamente non appare condivisibile la tesi sposata dalla sentenza impugnata secondo cui nel caso di frazionamento del credito scaturente da un unitario rapporto giuridico, la sanzione non sarebbe quella della inammissibilità ovvero della improponibilità della domanda oggetto dell’abusivo frazionamento, così come indicato dalle Sezioni Unite, potendosi colpire la condotta abusiva con la riunione delle cause autonomamente introdotte, e con una liquidazione unitaria delle spese di lite.

In effetti, trattasi di affermazione operata da Cass. n. 5491/2015, la cui motivazione, interamente riprodotta nella sentenza in questa sede impugnata, si fonda sul richiamo a precedenti che a ben vedere riguardano la diversa ipotesi di proposizione separata di domande da parte di soggetti che rivestono una posizione sostanzialmente unitaria, e che non hanno interesse alla diversificazione delle rispettive posizioni (fattispecie in tema di ricorsi ex lege Pinto proposti separatamente da soggetti che nel giudizio di merito, del quale si lamenta la irragionevole durata, avevano invece agito congiuntamente, ovvero di domande aventi ad oggetto il pagamento di indennità espropriative proposte da più soggetti e con il patrocinio dello stesso difensore nei confronti del medesimo ente espropriante), che risulta invero contrastata dalla assolutamente prevalente giurisprudenza di questa Corte, che ha invece dato puntuale applicazione ai principi delle Sezioni Unite.

In tal senso si veda, tra le tante, Cass. n. 24539/200; Cass. S.U. n. 26961/2009, Cass. 28286/2011, che ha esteso il principio anche ai crediti derivanti da illecito aquiliano ma purchè derivante da un unico fatto illecito (conf. Cass. 21318/2015).

Tuttavia deve reputarsi che perchè possano trovare applicazione i principi in tema di abusivo frazionamento del diritto di credito, è necessario che il credito scaturisca da un rapporto unitario, come appunto precisato nell’immediatezza dell’arresto delle Sezioni Unite, da Cass. n. 15476/2008 ovvero da Cass. n. 4016/2016.

Conforta tale conclusione anche la lettura delle motivazioni della decisione delle Sezioni Unite, laddove si fa richiamo all’esigenza di impedire la disarticolazione dell’unità sostanziale del rapporto, che chiaramente presuppone una fonte unitaria del diritto di credito, non potendosi avere riguardo alla sola circostanza di carattere del tutto occasionale, costituita dal fatto che il creditore rivesta tale qualità nei confronti dello stesso soggetto ma sulla scorta di distinti ed autonomi rapporti giuridici.

Conforta tale conclusione anche la successiva considerazione delle Sezioni Unite per la quale il divieto di frazionamento del credito risponde anche all’esigenza di prevenire la formazione di giudicati praticamente contraddittori, esigenza che chiaramente non si profila laddove le poste creditorie abbiano una diversa giustificazione causale, la quale legittima anche una soluzione diversificata in ordine alla conformazione giudiziale del rapporto stesso.

Nel caso in cui il credito complessivamente vantato dal creditore nasca da distinti ed autonomi rapporti giuridici non può essere correttamente invocato il divieto di frazionamento, essendo quindi legittima la decisione del creditore di agire separatamente (in tal senso, oltre ai precedenti che hanno esteso il principio de quo al credito di natura risarcitoria, ribadendo però la necessità dell’unicità del fatto produttivo del danno, si veda Cass. n. 4702/2015, secondo cui è contrario al principio di correttezza e buona fede, e si risolve in un abuso del processo, il frazionamento giudiziale, contestuale o sequenziale, di un credito complessivamente portato da separate fatture, qualora tale credito derivi non già da molteplici rapporti obbligatori sussistenti tra le parti, bensì da un unico contratto).

Infine non deve trascurarsi quanto di recente affermato sempre dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 4090 del 2017 che, riprendendo gli argomenti della decisione del 2007, ha affermato che le domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, possono essere proposte in separati processi.

Declinato in questi termini i principi espressi dalle Sezioni Unite, appare evidente che non è censurabile la seconda ratio decidendi posta a fondamento della sentenza gravata, avendo il Tribunale ritenuto con un giudizio in fatto, non sindacabile in questa sede, che i rapporti tra le parti non fossero unitari, e quindi riconducibili ad un unico rapporto di fornitura, bensì molteplici in quanto eseguiti in momenti diversi, concernenti prodotti diversi, con dei corrispettivi differenziati e con l’individuazione di autonome scadenze per il pagamento del corrispettivo.

La tesi della ricorrente si fonda essenzialmente sulla considerazione della esigibilità delle varie fatture alla data della proposizione della prima richiesta monitoria, ma trascura di considerare il dato, da reputarsi viceversa essenziale, della assenza di un unitario rapporto di fornitura, così come accertato in fatto dal giudice di merito.

Ma, anche laddove volesse reputarsi esistente un unico rapporto di durata, avente ad oggetto le forniture da effettuare nell’interesse della società ricorrente, resterebbe confermata la separata proposizione della domanda fondata su di un singolo ordine di acquisto, alla luce di quanto ribadito dall’arresto delle Sezioni Unite del 2017.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto del T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese che liquida in complessivi Euro 1.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori come per legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2017

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