Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6968 del 25/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 6968 Anno 2014
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 24180-2008 proposto da:
– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e
2014
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difeso dagli avvocati MERCANTI VALERIO, LANZETTA
ELISABETTA, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

CAMBURSANO CARLA C.F. CMBCRL39H56L219Z, elettivamente

Data pubblicazione: 25/03/2014

domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 30, presso lo
studio dell’avvocato CAMICI GIAMMARIA, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARTA
LANZILLI, giusta delega in atti;
– controricorrente

495/2008 della CORTE D’APPELLO

di TORINO, depositata il 06/06/2008 R.G.N. 1146/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

12/02/2014

dal Consigliere Dott. ROSA

ARIENZO;
udito l’Avvocato CARUSO SEBASTIANO per delega
LANZETTA ELISABETTA;
udito l’Avvocato LANZILLI MARTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
l’accoglimento del primo motivo del ricorso,
assorbito il secondo motivo.

avverso la sentenza n.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 5.6.2008, la Corte di appello di Torino respingeva il gravame
proposto dall’INPS avverso la decisione di prime cure che, in accoglimento del ricorso
di Cambursano Anna, aveva ritenuto non sussistente un divieto di cumulo
dell’indennità integrativa speciale relativa alla pensione di reversibilità percepita con
quella corrisposta in misura intera sulla pensione diretta già dalla stessa goduta.
Osservava la Corte territoriale che, a seguito della giurisprudenza della Corte

Costituzionale, la riduzione del trattamento pensionistico in caso di concorso con altra
prestazione era illegittima se la decurtazione non fosse correlata ad una misura
minima dell’altra fonte di reddito stabilita dal legislatore e che, in assenza di intervento
del legislatore, era corretta l’interpretazione fornita dal primo giudice. Peraltro, il divieto
di cumulo posto dal secondo comma dell’art. 99 DPR 1092/73 era destinato ad
operare nell’ambito della gestione delle pensioni statali, diverso da quello dell’A.G.O.
affidata all’INPS, e quindi il divieto non poteva estendersi al caso di specie, per la
diversità degli enti erogatori, delle modalità di finanziamento e della disciplina delle
prestazioni previdenziali.
Per la cassazione ricorre l’INPS, affidando l’impugnazione a due motivi.
Resiste, con controricorso, la Cambursano, che illustra le proprie tesi difensive nella
memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, l’INPS denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 99 d.P.R.
1092/73 e dell’art. 19 I. 843/78, ai sensi dell’ art art. 360, n. 3, c.p.c., sostenendo che,
in base ad una ricostruzione del sistema normativo, è erroneo ritenere che l’art. 99
legittima soltanto gli organi statali erogatori di forme di previdenza a carico dello Stato
a negare l’i.i.s. sulla pensione statale nell’ipotesi di concorso di più pensioni. Assume
che la questione trova il suo punto di riferimento nell’art. 99, comma 2, del DPR
1092f73, contenente il divieto di cumulo, ed osserva che sulla normativa è intervenuta
la Corte Costituzionale con pronunce che hanno modificato la regola anzidetta nel
senso che, pur rimanendo vietato il cumulo delle i.i.s. nei confronti dei titolari di due
pensioni, debba farsi comunque salvo l’importo corrispondente al trattamento minimo
previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Evidenzia che l’approdo della
normativa in seguito agli interventi della C. Cost. è quello per il quale non è consentito
i

al titolare di due pensioni, ed indipendentemente dal soggetto erogatore, di fruire
del’i.i.s. sulla seconda pensione, se non nei limiti necessari per integrarne l’importo al
trattamento minimo INPS e rileva che, poichè nella specie il trattamento derivante
dalla pensione erogata dall’INPS è superiore al trattamento minimo INPS, alla Daccò
non spetta l’i.i.s. sulla pensione integrativa di reversibilità erogata dall’INPS quale ex
datore di lavoro del suo dante causa. Aggiunge che, poiché risulta dagli atti che la
pensione erogata dall’INPS quale ex datore di lavoro del coniuge della Cambursano

decorre dal 2002 e poiché il trattamento derivante da tale pensione (ammontando ad
euro 774,93 senza i.i.s.) è sicuramente superiore al trattamento minimo di pensione
previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti (cd. trattamento minimo INPS), da
ciò deriva che alla Cambursano non spetta l’i.i.s. sulla pensione integrativa di
reversibilità erogata dall’INPS quale ex datore di lavoro del suo dante causa
All’esito della parte argomentativa, formula quesito con il quale domanda se, dopo la
reductio ad unitatem per opera della C. Cost, sia o meno consentito al titolare di due
pensioni (ed indipendentemente dal soggetto erogatore) di fruire dell’i.i.s. in misura
piena su entrambe le prestazioni o se, invece, ciò sia consentito (come ritiene l’INPS)
solo ove una delle due pensioni sia al si sotto del cd. trattamento minimo INPS e
soltanto nei limiti necessari per raggiungere l’importo di tale trattamento minimo.
In via subordinata, con il secondo motivo, lamenta violazione e falsa applicazione
dell’art. 1 comma 41 della legge 335/95 e dell’art. 1, commi 774-776, della legge n.
296/2006, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., sostenendo che per le pensioni di
reversibilità decorrenti, come nella specie, da data successiva alla entrata in vigore
della legge 335/95, l’i.i.s. eventualmente spettante sulla pensione di reversibilità, in
base alla norma di interpretazione autentica, di natura retroattiva, sia da corrispondere
non in misura intera, ma nella stessa misura percentuale (60%) prevista per il
trattamento di reversibilità.
Il primo motivo di ricorso è fondato
Deve essere disattesa la ricostruzione della Corte di Torino che ritiene non applicabile
alla fattispecie l’art. 99 secondo comma del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 (Testo
unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello
Stato) secondo cui “al titolare di più pensioni o assegni l’indennità integrativa speciale
compete ad un solo titolo”, sul presupposto che la suddetta norma ha come destinatari
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unicamente gli organi dello Stato ed i pensionati statali e come tale è destinata ad
operare solo nell’ambito della gestione delle pensioni statali, diverso da quello
dell’assicurazione generale obbligatoria affidata all’INPS.
Ed invero, con la sentenza n. 494 del 1993 la Corte Costituzionale è intervenuta nella
specifica materia affermando che le “rationes decidendi” poste a fondamento della
sent. n. 172 del 1991 (dichiarativa dell’illegittimità costituzionale della L. 21 dicembre
1978, n. 843, art. 17 nella parte in cui non prevede che, così come stabilito per il

titolare di pensione che presti opera retribuita alle dipendenze di terzi, anche nei
confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennità
integrative speciali, debba comunque farsi salvo l’importo corrispondente al
trattamento minimo di pensione previsto per il fondo pensioni lavoratori dipendenti) e
della sent. n. 307 del 1993 (recante identica declaratoria di illegittimità, ma con
riguardo alla L. 20 ottobre 1982, n. 773, art. 16 in tema di previdenza per i geometri)
ricorrono interamente anche con riguardo al D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 art. 99,
comma 2, (testo unico sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello
Stato), secondo cui “al titolare di più pensioni o assegni l’indennità integrativa speciale
compete a un solo titolo”. Anche tale norma, pertanto, è costituzionalmente
illegittima, per violazione dell’art. 36 Cost., nella parte in cui non prevede che, nei
confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennità
integrative speciali, debba comunque farsi salvo l’importo corrispondente al
trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti.
Con la successiva sentenza n. 197 del 2010 la Corte Costituzionale ha ribadito il
principio che nei confronti dei titolari di due pensioni il cumulo delle indennità
integrative speciali resta vietato, sia pure con il correttivo del riconoscimento del diritto
alla riscossione della detta indennità anche sul secondo trattamento, ma limitatamente
alla misura necessaria per l’integrazione all’importo corrispondente al trattamento
minimo previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Alle pensioni erogate
dagli enti pubblici, quale è l’Inps, è stato esteso il diritto alla indennità integrativa
speciale di cui godevano i dipendenti dello Stato e poche altre categorie, ad opera
della L. n. 324 del 1959, art. 16, comma 2, il quale fa riferimento all’art. 2 della cit.
legge, che a sua volta prevede che detta indennità integrativa compete su un solo
trattamento pensionistico, con opzione per il trattamento più favorevole.

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Vale, quindi, anche per le pensioni erogate dall’INPS ai propri dipendenti, e quindi
anche per le corrispondenti pensioni di reversibilità, il divieto di cumulo tra due
indennità integrative (cfr. Cass. 7.3.2012, n. 3589, Cass. 30.10.2012 n. 18648, Cass.
11.2.2010 n. 3109), con la conseguenza che deve essere negato il cumulo delle due
indennità alla ricorrente, la quale gode di pensione diretta a carico dello Stato e di
pensione di reversibilità, giacché il coniuge, ex dipendente Inps, era titolare di
pensione, composta, come è noto, dal trattamento generale di vecchiaia ed al

trattamento del fondo integrativo interno.
Il richiamo della controricorrente all’art. 19 della legge 843/78, richiamo ribadito anche
nella memoria illustrativa, non è pertinente, posto che la previsione contenuta nella
norma anzidetta vale per le pensioni AGO. Tale norma dispone che, a decorrere dal
1 gennaio 1979, ai titolari di piu’ pensioni a carico dell’assicurazione generale
obbligatoria per l’invalidita’, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti o delle
gestioni dei lavoratori autonomi o a carico delle gestioni obbligatorie di previdenza
sostitutive o, comunque, integrative dell’assicurazione generale obbligatoria sopra
richiamata o che ne comportino l’esclusione o l’esonero, la quota aggiuntiva di cui
al terzo comma dell’articolo 10 della legge 3 giugno 1975, n. 160, l’incremento
dell’indennita’ integrativa speciale di cui all’articolo 1 della legge 31 luglio 1975, n.
364, o altro analogo trattamento collegato con le variazioni del costo della vita,
sono dovuti una sola volta. Il D.L. 30 dicembre 1985, n. 787, convertito, con
modificazioni dalla L. 28 febbraio 1986, n. 45 ha, successivamente, disposto (con l’art.
4, comma 9-bis) che “Le parole: “o, comunque, integrative dell’assicurazione
generale obbligatoria”, di cui all’articolo 19, primo comma, della legge 21 dicembre
1978, n. 843, non si devono intendere riferite ai trattamenti integrativi per i
quali, in applicazione di norme di legge o di regolamento, sia prevista la riduzione
automatica dei trattamenti stessi in relazione all’attribuzione, sulla pensione
dell’assicurazione generale obbligatoria, delle quote fisse di cui al terzo comma
dell’articolo 10 della legge 3 giugno 1975, n. 160″.
Le indicate disposizioni, valide per le pensioni a carico dell’INPS nell’ambito
dell’A.G.O. non sono, tuttavia, applicabili alle ipotesi di pensioni entrambe a carico
dello Stato o di enti pubblici, ai cui dipendenti è stato esteso, come già detto, il diritto
alla indennità integrativa speciale di cui godevano i dipendenti dello Stato, ad opera
della richiamata L. n. 324 del 1959, art. 16, comma 2.
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Tanto rilevato, osserva il Collegio che, a fronte della precisazione contenuta in ricorso
in ordine all’ammontare delle trattamento derivante dalla pensione erogata dall’INPS,
pari a de euro 774,93, nessuna contestazione è stata avanzata specificamente in
relazione a tale dato, sicchè deve ritenersi, che essendo l’indicato importo superiore al
trattamento minimo previsto per il Fondo Pensioni lavoratori dipendenti, non possa
trovare riconoscimento il diritto della Cambursano a fruire dell’i.i.s. sulla seconda

La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata, dovendo ritenersi assorbito il
motivo di impugnazione in quanto subordinatamente articolato, e la causa, non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto — per essere incontestato
l’ammontare della pensione di reversibilità – può essere decisa nel merito, ai sensi
dell’art. 384, comma 2, seconda parte, c.p.c, nel senso del rigetto della domanda
proposta dalla Cambursano nel ricorso introduttivo.
Le spese dell’intero processo possono essere integralmente compensate tra le parti,
tenuto conto dell’esistenza di orientamenti di legittimità difformi, quali quelli sia pure
risalenti richiamati nella decisione impugnata, e dei ripetuti interventi della Corte
Costituzionale in materia.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza in
relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta la domanda.
Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in ROMA, il 12.2.2014

pensione nei limiti necessari per integrane l’importo al detto trattamento minimo.

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