Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6966 del 25/03/2014
Civile Sent. Sez. L Num. 6966 Anno 2014
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE
SENTENZA
sul ricorso 14158-2009 proposto da:
– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e
2014
507
difeso dagli avvocati RICCIO ALESSANDRO, VALENTE
NICOLA, PREDEN SERGIO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
PIERANTONI FRANCO;
Data pubblicazione: 25/03/2014
- intimato
–
avverso la sentenza n. 490/2006 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 11/06/2008 R.G.N. 107/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/02/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
udito l’Avvocato PREDEN SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.
NAPOLETANO;
RG 14158-09
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Bologna,con la sentenza di cui si chiede
l’annullamento, riformando la sentenza del Tribunale di Bologna,
dell’INPS, avente ad oggetto la riliquidazione della pensione di
anzianità, dalla decorrenza originaria, escludendo dal computo i
periodi di retribuzione ridotta .
A fondamento del
decisum
la Corte del merito, richiamando la
sentenza n. 9090 del 2000 di questa Corte, poneva il rilievo
secondo il quale il diritto alla pensione matura utilizzando lo
scomputo dei periodi peggiori sul piano retributivo, senza
procrastinare i relativi effetti da epoca successiva al compimento
dell’età per conseguire la pensione di vecchiaia.
Avverso questa sentenza l’INPS ricorre in cassazione sulla base di
//
di( un’unica censura r d. 2,L2 L42A.4.,
duc- 01~-01.4.A.1-,
I
La parte intimata non svolge attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo l’INPS, deducendo violazione dell’art. 3 della
legge 29 maggio 1982 n. 297, pone il seguente interpello: se la
esclusione dalla base di calcolo della pensione di anzianità dei
periodi di lavoro nei quali è stata percepita una retribuzione
ridotta possa essere consentita solo ove detti periodi siano
1
accoglieva la domanda di Pierantoni Franco, proposta nei confronti
/
..
successivi rispetto alla maturazione del requisito contributivo
minimo necessario per accedere alla pensione”.
La censura è fondata.
Occorre prendere le mosse
dalla sentenza n. 264 del 1994 della
Corte Costituzionale con la quale si è sancito il principio secondo
ordine alla individuazione del periodo di riferimento per la
determinazione della retribuzione pensionabile, risulta palesemente
contrario al principio di razionalità – implicante l’esigenza di
conformità dell’ordinamento a valori di giustizia e di equità – che
dall’applicazione del meccanismo previsto dal nostro sistema
previdenziale per la determinazione di tale retribuzione, il quale
stabilisce che questa sia costituita dalla quinta parte della somma
delle retribuzioni percepite durante il rapporto di lavoro (oppure
corrispondenti o a periodi riconosciuti figurativamente o a
eventuale contribuzione volontaria), risultante – per una
presunzione di maggior favore verso il lavoratore – dal solo ultimo ‘
periodo lavorativo di 260 settimane, consegua, nel caso in cui in
tale lasso di tempo debbano venire ricompresi periodi di
contribuzione obbligatoria di importo notevolmente inferiore alla
contribuzione precedente (e non utili per l’anzianità contributiva
minima) una diminuzione del trattamento pensionistico del soggetto
rispetto a quello che gli sarebbe spettato se non avesse dovuto
effettuare dette diverse contribuzioni; il verificarsi di una tale
eventualità, infatti, oltre che irragionevole e ingiusto, incide sul
principio di proporzionalità tra pensione e quantità e qualità di
lavoro prestato e sulla garanzia previdenziale, di cui,
rispettivamente, agli artt. 36 e 38 della Costituzione.
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cui, posta la discrezionalità del legislatore nell’operare scelte in
La Corte Costituzionale, pertanto, ha dichiarato costituzionalmente
illegittimo l’art. 3, ottavo comma, legge 29 maggio 1982, n. 297,
nella parte in cui non prevede che, nel caso di esercizio durante
l’ultimo quinquennio di contribuzione di attività lavorativa, meno
retribuita, da parte del lavoratore che abbia già conseguito la
prescritta anzianità contributiva, la pensione liquidata non possa
raggiungimento dell’età pensionabile, escludendo dal computo, ad
ogni effetto, i periodi di minore retribuzione, in quanto non
necessari ai fini del requisito dell’anzianità contributiva minima.
Con la successiva sentenza n. 388 del 1995, il Giudice delle leggi,
sempre con riguardo alle modalità di liquidazione delle pensioni
previdenziali,
ha
ancora
precisato
e
rimarcato
che
la
discrezionalità del legislatore nella scelta, ad esso riservata, del
criterio di individuazione del periodo di riferimento della
retribuzione pensionabile, incontra un limite intrinseco nella
esigenza – fondata sui valori di giustizia e di equità connaturati a
principi sanciti dagli artt. 3 e 38 della Costituzione – che, nella
fase successiva al
perfezionamento
del requisito minimo
contributivo, l’ulteriore contribuzione (qualunque ne sia la natura:
obbligatoria, volontaria o figurativa) sia destinata unicamente ad
incrementare il livello di pensione già consolidatosi, senza mai
poter produrre l’effetto opposto di compromettere la misura della
prestazione potenzialmente maturata in itinere.
Da tanto consegue la
regula iuris
che la contribuzione acquisita
nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo
contributivo non può tradursi nel detrimento della misura della
prestazione pensionistica già virtualmente maturata (cfr,
plurimis, Cass. n. 29903 del 2011).
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ex
essere comunque inferiore a quella che sarebbe spettata, al
Dalla portata del suddetto principio è però agevole desumere,
contrariis,
a
l’inapplicabilità della neutralizzazione dei periodi
contributivi che concorrano ad integrare il requisito necessario per
l’accesso al trattamento pensionistico (Cfr sia pure con riferimento
a fattispecie diversa da quella in esame, Cass. n. 27879 del 2008).
La sentenza impugnata essendo espressione di una diversa
va, pertanto cassata con rinvio, anche per le spese del
giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Firenze che farà
applicazione del principio di diritto sopra enunciato.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia,
anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di
Appello di Firenze.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 febbraio 2014
Il Presidente
iuris
regula