Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6963 del 23/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 23/03/2010), n.6963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PACUVIO 34,

presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato PASTORELLI ERNESTO, giusta mandato in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, BIONDI GIOVANNA, giusta

mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1573/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 07/11/2005 r.g.n. 1301/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

20/01/2010 dal Consigliere Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella;

udito l’Avvocato ROMANELLI GUIDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 7 novembre 2005 la Corte d’appello di Torino – riformando la decisione del Tribunale di Ivrea che aveva accolto la domanda proposta da A.S., collocato in pensione presso il Fondo di previdenza del personale di volo (C.d. fondo volo), per ottenere la rideterminazione della quota di pensione in capitale, ai sensi della L. n. 859 del 1965, art. 34 mediante applicazione del coefficiente previsto dal D.M. 19 febbraio 1981, anziche’ di quello applicato dall’INPS – riteneva la decadenza dall’azione giudiziale, eccepita dall’INPS ai sensi del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 (nel testo di cui al D.L. n. 103 del 1991, art. 6 conv. in L. n. 166 del 1991 e al D.L. n. 384 del 1992, art. 4 conv.

in L. n. 438 del 1992), osservando che alla decorrenza del termine decadenziale previsto dalla suddetta disposizione normativa non e’ di ostacolo la presentazione del ricorso amministrativo che sia intervenuta, come nella specie, dopo la scadenza dei termini (300 giorni) previsti per l’esaurimento del procedimento aperto dalla istanza dell’assicurato.

Di questa sentenza il pensionato domanda la cassazione deducendo un unico articolato motivo di impugnazione, illustrato con memoria.

L’INPS resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, ART. 47, COMMI 2 E 5 come interpretato, integrato e modificato dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6 (conv. in L. n. 166 del 1991) e dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 (conv. in L. n. 438 del 1992), il ricorrente censura la sentenza impugnata osservando che la decadenza non poteva operare, in ragione del contenuto della domanda proposta, riguardante non la prestazione in se’, ma soltanto la sua esatta determinazione, e in mancanza della avvenuta indicazione – nel provvedimento di reiezione della domanda amministrativa – dei termini e delle modalita’ di opposizione; circostanza, quest’ultima, che aveva comportato la presentazione di un ricorso amministrativo tardivo. Il motivo e’ fondato.

Decisivo e’ il rilievo che, nella sentenza n. 12720 del 2009, le Sezioni unite di questa Corte, componendo un contrasto di giurisprudenza sorto nell’ambito della Sezione lavoro, hanno affermato il principio che la decadenza prevista dal D.P.R 30 aprile 1970, art. 47 non puo’ trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non gia’ il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in se’ considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione gia’ riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale.

Tale principio torna applicabile nella specie, essendosi accertato nel giudizio di merito che il ricorrente aveva chiesto in via amministrativa la capitalizzazione di una quota di pensione ai sensi della L. n. 859 del 1965, art. 34 e che l’Istituto, nel provvedere sulla domanda, aveva liquidato la prestazione in misura inferiore a quella richiesta, applicando coefficienti di capitalizzazione diversi da quelli pretesi dall’interessato; ne consegue che ai fini della proposizione della domanda giudiziale intesa al riconoscimento del diritto alla riliquidazione della prestazione nella misura asseritamente dovuta non poteva operare la decadenza, che, come detto, riguarda solo la domanda di prestazione previdenziale, e non gia’ la sua corretta determinazione.

Va percio’ cassata la sentenza impugnata, che ha erroneamente applicato la decadenza alla domanda di riliquidazione proposta; e la causa va rinviata alla stessa Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, perche’ provveda alla definizione della controversia attenendosi al principio sopra enunciato.

Il giudice di rinvio provvedera’ sulle spese del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2010

 

 

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