Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6960 del 23/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 23/03/2010, (ud. 13/01/2010, dep. 23/03/2010), n.6960

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UMBERTO

BOCCIONI 4, presso lo studio dell’avvocato VETRIANI RICCARDO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FREZZA MAURO, giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6088/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/11/2005 R.G.N. 8951/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

13/01/2010 dal Consigliere Dott. IANNIELLO Antonio;

udito l’Avvocato CASSIANO ANTONIO per delega FREZZA MAURO;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 15 novembre 2005, la Corte d’appello di Roma ha respinto l’appello proposto da S.A. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane avverso la sentenza n. 998 del 2004, con la quale il Tribunale di Velletri aveva rigettato le domande di questi, dipendente della societa’, da ultimo addetto allo sportello fermoposta presso l’ufficio postale di (OMISSIS), di impugnazione del licenziamento disciplinare in tronco intimatogli con lettera del 31 ottobre 2001.

La contestazione posta a fondamento del licenziamento era contenuta nella lettera raccomandata del 19 settembre 2001, del seguente tenore: “a seguito di irregolarita’ riscontrate presso l’ufficio postale di (OMISSIS), sono state svolte indagini dall’ispettorato SSP. Dalle verifiche eseguite sulla scorta della documentazione agli atti dell’ufficio e di quella rinvenuta nei giorni 14 e 20 luglio 2001, e’ risultato che per gli oggetti sottoelencati, tutti gravati da assegno, regolarmente consegnati a lei, all’epoca applicato allo sportello fermoposta, previo pagamento del contrassegno da parte dei clienti, sono stati rinvenuti i relativi bollettini privi di corrispondente importo in denaro per un totale di L. 1.685.150… La invitiamo pertanto a produrre le sue eventuali giustificazioni…”.

Al riguardo, la Corte territoriale ha ritenuto sufficientemente specifica la contestazione disciplinare, tempestiva l’intera procedura di licenziamento nonche’ pienamente giustificato quest’ultimo, quantomeno per la grave negligenza del dipendente nella custodia del denaro affidatogli.

Per la cassazione di tale sentenza S.A. propone ora ricorso, affidato a quattro motivi, illustrati poi con due memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Resiste alle domande la societa’ con proprio rituale controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Col primo motivo di ricorso, S.A. deduce la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto art. 360 c.p.c., n. 3. Illegittimita’ dell’intimazione di licenziamento L. n. 300 del 1970, ex art. 7. Difetto dei requisiti. Nullita’ della stessa. Violazione delle norme relative al C.C.N.L. e recepite ex art. 36 Cost.”.

In proposito, il ricorrente contrasta la valutazione dei giudici di merito secondo cui la contestazione disciplinare del 19 settembre 2001 che aveva preceduto il licenziamento sarebbe stata sufficientemente specifica.

Riproducendo parzialmente il testo di tale contestazione, il S. sostiene che la stessa non gli avrebbe consentito una adeguata difesa, in ragione del fatto che non gli era stata messa a disposizione la documentazione dalla quale erano originati gli addebiti nonche’ del fatto che egli era assente dal servizio nei giorni 14 e 20 luglio 2001, per cui non aveva potuto partecipare all’ispezione che avrebbe rilevato i fatti contestati.

Inoltre, la missiva conterrebbe alcune imprecisioni, in quanto nel successivo licenziamento era stato affermato che lo smarrimento della somma sarebbe avvenuto il (OMISSIS), ma nell’elenco dei bollettini privi di corrispondente importo in denaro vi sarebbe una raccomandata datata 18 luglio 2001.

Infine, il ricorrente si duole che la Corte non abbia rilevato che la contestazione era priva del carattere dell’immediatezza, trattandosi di fatti del (OMISSIS), contestati solo il 19 settembre 2001, ben oltre il termine previsto dal C.C.N.L..

Il motivo e’ manifestamente infondato.

Il ricorrente lamenta infatti anzitutto di non aver potuto difendersi adeguatamente per non aver avuto la possibilita’ di consultare la documentazione alla base della contestazione, quando, a tacer d’altro, risulta viceversa dalla sentenza che in data 13 agosto 2001, nel corso dell’indagine, gli sono stati mostrati i bollettini in questione ed egli ha riconosciuto (con atto che in ricorso non viene contestato ne’ e’ dedotto che sia stato impugnato nel giudizio di merito) che essi erano relativi a consegne fatte da lui personalmente a clienti.

Inoltre, con riguardo alla discrasia denunciata relativamente alla data del fatto rispetto a quella di una delle raccomandate consegnate contrassegno, il ricorrente, in violazione della regola della autosufficienza del ricorso per Cassazione (su cui, cfr., per tutte, recentemente, Cass. nn. 5043/09, 4823/09 e 338/09), non riproduce il testo della lettera di licenziamento e di quant’altro necessario alla verifica di quanto dallo stesso affermato.

La Corte territoriale ha altresi’ adeguatamente motivato il rigetto della analoga censura di tardivita’ della contestazione, richiamando in via di principio la giurisprudenza di questa Corte di legittimita’ in ordine al necessario carattere relativo del requisito della immediatezza anche in rapporto alla complessita’ dell’indagine e ai normali tempi di reazione di una impresa di grandi dimensioni e comunque nel rispetto del diritto di difesa del dipendente (cfr., per tutte, Cass. 17 settembre 2008 n. 23739 e 10 gennaio 2008 n. 282) e rilevando, con giudizio di fatto ad essa riservato, come nel caso in esame la censura di tardivita’ fosse infondata, tenuto conto che l’indagine che aveva condotto alla contestazione disciplinare era proseguita, dopo la parziale scoperta di fine luglio, nel mese di agosto e che la contestazione era stata formulata poco dopo, il 19 settembre 2001, senza pregiudizio del diritto di difesa del S..

Da rilevare, infine, che il ricorrente invoca, senza peraltro precisarne e riprodurne il contenuto, l’esistenza di una norma del c.c.n.l. in materia che la Corte d’appello avrebbe violato nel contestargli gli addebiti solo il 19 settembre 2001, norma che i giudici dell’appello hanno viceversa esplicitamente negato sia stata in qualche modo invocata o comunque nota in giudizio.

2 – Col secondo motivo, viene denunciata la insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza circa un punto controverso e decisivo.

Il ricorrente deduce che, secondo quanto indicato nella lettera di licenziamento, l’asportazione dei denari dal cassetto dello sportello fermoposta sarebbe avvenuta il (OMISSIS) e lamenta che la Corte non abbia correttamente valutato il materiale probatorio in atti dal quale risulterebbe che in tale giornata egli era assente dal servizio per ferie.

3 – Col terzo motivo di ricorso, la difesa del S. denuncia un ulteriore vizio di motivazione, consistente nel travisamento della testimonianza dell’ispettrice A., che non avrebbe mai affermato che il S. fosse presente il giorno (OMISSIS) e nell’avere attribuito rilevanza alla sigla apposta ai bollettini – che e’ in stampatello e quindi puo’ essere stata apposta da chiunque – nonche’ alla dichiarazione scritta del ricorrente in data 13 agosto 2001, praticamente estorta con la promessa che la societa’ avrebbe cosi’ chiuso il caso.

I due motivi, strettamente connessi, sono inammissibili per assoluta carenza del requisito della autosufficienza.

Pur contestando la valutazione del materiale probatorio effettuata dalla Corte territoriale per giungere alla conclusione che i fatti contestati erano attribuibili all’operato del S., ritenuto presente in azienda in data (OMISSIS), questi, ad essa contrapponendo una propria diversa valutazione, fondata sul contenuto della lettera di licenziamento, sulla documentazione che sarebbe stata acquisita dal giudice di primo grado, sulle dichiarazioni in giudizio dei testi A. e di altri che sarebbero stati escussi in corso di causa, non specifica sufficientemente di quali testimoni e documenti si tratti, non riproduce il contenuto di tali documenti e dichiarazioni – liberamente pertanto interpretati, senza possibilita’ di controllo in questa sede, in senso a lui favorevole – ne’ specifica sufficientemente la sede processuale in cui tali elementi di prova sarebbero stati ritualmente acquisiti.

Infine, a conclusione del terzo motivo, il ricorrente qualifica come estorta la propria dichiarazione del 13 gennaio 2001, senza che dal motivo medesimo o dalla sentenza della Corte d’appello risulti la rituale impugnazione dell’atto nei precedenti gradi di giudizio.

4 – Con l’ultimo motivo, il ricorrente deduce la “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali in materia di lavoro. Art. 360 c.p.c. n. 3”.

Nell’atto di appello, l’appellante avrebbe invocato l’applicazione dell’art. 54 C.C.N.L., il quale prevederebbe la sanzione disciplinare della sospensione per qualsiasi negligenza o inosservanza degli obblighi di servizio deliberatamente commessi anche per procurarsi indebiti vantaggi a se’ o a terzi, mentre i casi che comportano il licenziamento sarebbero ben piu’ gravi.

Inoltre, la societa’, motivando il licenziamento con la perdita di fiducia, avrebbe addotto un motivo nuovo rispetto a quelli contestati.

Anche l’ultimo motivo di ricorso e’ infondato, ai limiti di ammissibilita’.

La Corte territoriale ha infatti valutato grave la mancanza del ricorrente (e quindi proporzionata la reazione disciplinare espulsiva), quantomeno sotto il profilo della diligenza, per avere egli, incaricato di una delicata funzione di maneggio di denaro, lasciato una parte di quello riscosso allo sportello fermoposta nella giornata del (OMISSIS) in un cassetto aperto e incustodito, anziche’ consegnarlo, come era la regola, alla funzionaria che sostituiva in quella giornata il direttore.

A fronte di tale valutazione, il ricorrente invoca oggi gli artt. 52 – 54 e 68 del C.C.N.L. applicato, senza specificarne in maniera sufficiente e riprodurne il contenuto, ancora una volta impedendo in tal modo a questa Corte il corretto esercizio al riguardo del controllo di legittimita’ sul giudizio di fatto dei giudici di merito.

Infine, appare inconsistente la censura secondo cui i motivi del licenziamento, intimato perche’ si sarebbe “incrinato in maniera irreparabile il vincolo fiduciario” non sarebbero stati contestati.

Trattasi infatti non di un motivo nuovo e ulteriore rispetto a quelli contestati ma di mera valutazione relativa alla gravita’ dei fatti di inadempimento contestati, che trova e non puo’ che trovare la propria sede naturale nella comunicazione della sanzione disciplinare.

Concludendo, sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto, con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione, effettuato in dispositivo, unitamente alla relativa liquidazione.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla Poste Italiane s.p.a. le spese di questo giudizio, liquidate in 21,00 per spese ed Euro 1.500,00, oltre accessori, per onorari.

Cosi’ deciso in Roma, il 13 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2010

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