Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6958 del 25/03/2011

Cassazione civile sez. I, 25/03/2011, (ud. 07/02/2011, dep. 25/03/2011), n.6958

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 13280/2009 proposto da:

O.G. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA Alfonso Luigi,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

30/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

07/02/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FELICETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Il sig. O.G. con ricorso alla Corte d’appello di Napoli in data 25 gennaio 2008 chiedeva, ai sensi della L. n. 89 del 2001 la liquidazione dell’equa riparazione, in Euro 13.250,00 per il danno non patrimoniale derivatogli dall’eccessiva durata di un processo promosso dinanzi al TAR della Campania in data 28 luglio 2000, ancora pendente al momento della proposizione del ricorso alla Corte d’appello ed avente ad oggetto il riconoscimento di alcune indennità al fine del computo dell’indennità di buonuscita. La Corte d’appello, con decreto depositato il 30 maggio 2008, ritenuta congrua la durata del giudizio di primo grado in tre anni, per il periodo di eccessiva durata sino alla data della domanda di equa riparazione, pari ad anni quattro e mesi sei, liquidava la somma complessiva di Euro 4.500,00, con gl’interessi legali dalla domanda, rigettando la richiesta del “bonus” ulteriore. Avverso tale decreto l’attore ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato al Ministero dell’Economia e delle Finanze il 23 maggio 2009, formulando dodici motivi. Il Ministero non ha depositato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 6 della CEDU, della L. n. 89 del 2001 e della regola secondo la quale la normativa della CEDU prevale su quella nazionale. Si formula il seguente quesito: “La L. n. 89 del 2001 e specificamente l’art. 2 costituisce applicazione dell’art. 6, par. 1 della CEDU e in ipotesi di contrasto tra la legge Pinto e la CEDU o di lacuna della legge nazionale si deve disapplicare la legge nazionale e applicare la CEDU”? Il motivo va dichiarato inammissibile per l’inadeguatezza del quesito formulato, in quanto del tutto astratto e privo di riferimento alla decisione ed alla fattispecie concreta.

2. Con il secondo e il terzo motivo si contesta, con i quesiti così come formulati, che l’indennizzo sia stato ragguagliato solo al periodo di eccessiva durata del processo e non a tutta la sua durata.

Tali motivi sono infondati, poichè la liquidazione con riferimento al solo periodo di eccessiva durata è conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (ex multis Cass. 14 febbraio 2008, n. 3716; 14 febbraio 2008, n. 3716) in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, la legge nazionale impone di correlare il ristoro al solo periodo di durata irragionevole del processo e non all’intera durata dello stesso; e tale modalità di calcolo non tocca la complessiva attitudine della legge citata ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo e, pertanto, non autorizza dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica italiana con la ratifica della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo.

3. Con il quarto e il quinto motivo si censura la mancata concessione del “bonus” di 2000.00 Euro, che si asserisce dovuto trattandosi di causa di lavoro e l’omessa pronuncia al riguardo. I motivi vanno esaminati congiuntamente e dichiarati inammissibili, in quanto, come già statuito da questa Corte, (ex multis Cass. 6 settembre 2010, n. 19064; 28 gennaio 2010, n. 1893; 28 ottobre 2009, n. 22869), in tema di equa riparazione ai sensi della L. 1. n. 89 del 2001, art. 2, ai fini della determinazione dell’indennizzo dovuto per il danno non patrimoniale, la durata della ingiustificata protrazione del processo è un elemento obiettivo che si presta a misurare e a riparare un pregiudizio normalmente sempre presente ed uguale, mentre l’attribuzione di una somma ulteriore (cosiddetto “bonus”) postula che nel caso concreto quel pregiudizio, a causa di particolari circostanze specifiche, sia stato maggiore; conseguentemente, nel caso in cui il giudice di merito abbia negato il riconoscimento di tale pregiudizio, la critica della decisione sul punto non può fondarsi sulla circostanza che il “bonus” spetta “ratione materiae”, era stato richiesto e la decisione negativa non è stata motivata, ma deve avere riguardo alle concrete allegazioni ed alle prove addotte nel giudizio di merito, che non sono allegate nei motivi e quesiti formulati al riguardo.

4. I successivi motivi, dal sesto al dodicesimo, riguardano tutti la quantificazione delle spese, che sì assume inadeguata in relazione ai parametri tariffari ed alle liquidazioni di esse da parte della CEDU. Esse sono state liquidate nella misura di Euro 460,00 per onorari, Euro 390,00 per diritti e Euro 20,00 per spese vive, oltre spese generali e accessori.

La censura con la quale si lamenta la mancata liquidazione delle spese “secondo gli standard europei” è infondata dovendo applicarsi in proposito gli standard stabiliti dal diritto nazionale con riferimento ai giudizi contenziosi. Parimenti infondate sono le rimanenti censure, con le quali si lamenta sotto vari aspetti il mancato rispetto dei minimi tariffari, risultando detti minimi, come dovuti per i giudizi ordinari, nella specie rispettati, tenuto conto che la liquidazione delle spese va fatta in relazione all’indennizzo liquidato e non a quello domandato.

Il ricorso deve essere rigettato. Nulla per le spese non essendosi il Ministero costituito.


P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 7 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2011

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