Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6955 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. VI, 11/03/2020, (ud. 24/09/2019, dep. 11/03/2020), n.6955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22533-2017 proposto da:

L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

197, presso lo studio dell’avvocato MEZZETTI MAURO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOLA CARLO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1102/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

29/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE

ALFONSINA.

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte d’Appello di Milano, confermando la pronuncia del Tribunale stessa sede, ha rigettato il ricorso di L.G., dichiarando legittime le due iscrizioni ipotecarie poste a garanzia dell’adempimento di un debito di natura contributiva, eseguite da Equitalia S.p.a. sulla quota di 1/2 degli immobili di proprietà dello stesso parte del fondo patrimoniale costituito con la moglie a beneficio della famiglia;

la Corte territoriale ha accertato la mancata ricorrenza delle condizioni per far valere, nel caso in esame, il divieto di esecuzione sancito dagli artt. 169 e 170 c.c. per debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, atteso che l’appellante non aveva assolto nè all’obbligo, su di lui gravante quale debitore, di provare tale estraneità, nè al conseguente obbligo di dimostrare che l’Inps fosse stato a conoscenza di tale decisiva circostanza al momento dell’iscrizione ipotecaria;

la Corte territoriale ha inoltre escluso, richiamandosi alla giurisprudenza di questa Corte, che il divieto di esecuzione di cui all’art. 170 c.c. possa applicarsi all’iscrizione ipotecaria, atteso che la norma deve intendersi riferita alla sola esecuzione forzata;

la cassazione della sentenza è domandata da L.G. sulla base di un unico motivo, illustrato da successiva memoria; l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente deduce “Nullità ed illegittimità della sentenza impugnata, per errata applicazione e violazione dell’art. 170 c.c.”; oppone di aver dato prova dell’estraneità della contrazione del debito contributivo rispetto ai bisogni della famiglia, avendo dichiarato che l’iscrizione ipotecaria era derivata dal “mancato pagamento di contributi previdenziali, sanzioni, somme aggiuntive, nonchè per diritti camerali, oneri tributari, tasse e imposte varie”; che tanto sarebbe bastato perchè la Corte territoriale ricavasse per mezzo di presunzioni semplici o attraverso il ricorso a criteri logici o di comune esperienza la prova dell’alienità del debito dalle esigenze familiari, come richiesto dall’art. 170 c.c. al fine di impedirne l’esecuzione a carico dei beni del fondo patrimoniale; sostiene di aver prodotto in primo grado le comunicazioni dell’iscrizione ipotecaria coi relativi ruoli delle cartelle di pagamento ove sono riportati la natura e l’ammontare del debito non assolto; contesta in definitiva alla decisione gravata per non aver dato valore, in via presuntiva, alla prova offerta in giudizio, nè valutato correttamente la fonte dell’obbligazione, costituita dall’attività commerciale concretamente svolta del ricorrente in rapporto all’elevato importo del debito;

il motivo è infondato in quanto non censura adeguatamente nessuna delle due rationes decidendi autonome espresse dalla Corte territoriale;

quanto alla qualificazione del fatto generatore dell’obbligazione contributiva derivante dallo svolgimento di attività d’impresa da parte del coniuge contitolare del fondo patrimoniale, in base alla giurisprudenza di questa Corte “In tema di fondo patrimoniale il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo va ricercato nella relazione esistente tra scopi per cui i debiti sono stati contratti ed i bisogni della famiglia, con la conseguenza che l’esecuzione sui beni del fondo o sui frutti di esso può aver luogo qualora la fonte o la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta e immediata con i predetti bisogni” (Cass. n. 16176 del 2018);

sotto tale profilo la Corte d’Appello ha ritenuto, con motivazione esente da vizi logico argomentativi, che l’obbligazione contratta dal Longhitano fosse strumentale ai bisogni della famiglia, nel senso che il potenziamento della capacità lavorativa del coniuge era stato concepito in ragione del tenore di vita familiare prescelto;

il ragionamento svolto dal giudice dell’appello ha dato corretta attuazione al principio di diritto affermato da questa Corte, secondo cui “…vanno ricompresi nei bisogni della famiglia anche le esigenze volte al pieno soddisfacimento ed all’armonico sviluppo della famiglia nonchè al potenziamento della sua capacità lavorativa, con esclusione solo delle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi” (Cass. n. 5385 del 2013);

quanto all’applicazione del criterio dell’onere della prova, avendo accertato che l’odierno ricorrente nulla aveva addotto riguardo alla conoscenza da parte dell’Inps dell’estraneità del debito ai bisogni della famiglia nè aveva fornito la prova di tale estraneità (p. 4 sent.), la sentenza impugnata ha fatto applicazione del consolidato orientamento di legittimità secondo il quale in tema di riscossione coattiva, grava “…in capo al debitore opponente l’onere della prova non solo della regolare costituzione del fondo patrimoniale, e della sua opponibilità al creditore procedente, ma anche della circostanza che il debito sia stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari, avuto riguardo al fatto generatore dell’obbligazione e a prescindere dalla natura della stessa.” (Così Cass. n. 20998 del 2018);

il motivo di ricorso non giunge a scalfire neppure la seconda ratio decidendi autonoma della sentenza gravata, in cui la Corte d’appello ha ritenuto (“per completezza”) di dare attuazione all’orientamento di questa Corte che ha escluso in radice l’applicabilità dell’art. 170 c.c. all’iscrizione ipotecaria di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77 ritenendo di dover qualificare la stessa quale “atto riferito ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria” (Cfr. Sez. Un. 19667 del 2014; anche Sez. Un. 15354 del 2015);

nel prevedere il divieto di esecuzione sui beni del fondo patrimoniale e sui frutti di esso in caso di estraneità delle obbligazioni contratte dal coniuge debitore ai bisogni della famiglia, la norma civilistica fa riferimento alla sola esecuzione forzata, espressione testuale, insuscettibile di diversa interpretazione, posto che l’art. 170 c.c. ha posto un’eccezione alla regola della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. (In tal senso cfr. Cass. n. 10794 del 2016);

con l’affermazione di tale principio di diritto, vanificata la stessa premessa ricostruttiva fondata sulla qualificazione dell’iscrizione ipotecaria quale atto dell’esecuzione, deve ritenersi sia venuta meno in radice la stessa possibilità di applicazione dell’art. 170 c.c. alla fattispecie di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77;

in definitiva, il ricorso va rigettato; non si provvede sulle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva da parte dell’Agenzia delle Entrate;

in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’Adunanza Camerale, il 24 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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