Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6953 del 11/03/2021
Cassazione civile sez. II, 11/03/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 11/03/2021), n.6953
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 25453/2019 proposto da:
K.B., rappresentato e difeso dall’avv. MAURIZIO SOTTILE;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO
TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende;
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il
03/08/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
17/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.
Fatto
RILEVATO
che:
è stata impugnata da K.B., cittadino (OMISSIS), il decreto n. cron. 3555/2019 in data 3 agosto 2019 del Tribunale di Bologna.
Il ricorso è fondato su due motivi ed è resistito con controricorso.
Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.
L’odierna parte ricorrente formulava istanza, di cui in atti, alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento dello stato di rifugiato politico.
La Commissione rigettava l’istanza.
L’odierno ricorrente impugnava, quindi, detto rigetto con ricorso innanzi al Tribunale di Bologna.
Quest’ultimo respingeva il ricorso con la decisione oggetto del ricorso in esame.
Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.
Diritto
CONSIDERATO
che:
1.- Con il primo motivo del ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione di norme di legge (D.Lgs. n. 251 del 2007, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, nonchè artt. 2 e 3 CEDU e art. 16 Direttiva UE n. 2013/32), oltre “difetto di motivazione, travisamento dei fatti e omesso esame di fatti decisivi”.
Il motivo, a ben vedere, insiste su una propria esposizione e ricostruzione della situazione che, genericamente, attesterebbe la sussistenza dei presupposti per la concessione della richiesta protezione.
Senonchè parte ricorrente evita di confrontarsi con la ratio del provvedimento impugnato che, con nettezza esclude del tutto la ricorrenza di una situazione sostanziante presupposto giustificante la protezione invocata.
Il decreto impugnato, per di più, cita fonti COI ed afferma che (senza alcuna controdeduzione) il richiedente versa in condizione “non tale da comprovare sussistenza presupposti protezione richiesta”.
E’ evidente, quindi, il carattere strumentale con cui viene svolta la deduzione di vizi legge, cui deve ritenersi – in effetti – sottesa una istanza di rivalutazione fattuale nel merito.
Inesistente è, quindi, il dedotto difetto motivazione.
Il motivo è, quindi, del tutto non ammissibile.
2.- Con il secondo motivo si lamenta genericamente la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5 e 19 e omesso esame di fatti decisivi anche in riferimento alla integrazione socio lavorativa in Italia.
Il motivo è contrassegnato dalla completa assenza di ogni riferimento al parametro normativo processuale alla cui stregua vengono svolte le succitate denunce di violazione di legge.
Neppure nulla è specificamente addotto con riguardo alla svolta valutazione di assenza vulnerabilità particolari.
Il motivo è, quindi, inammissibile.
3.- Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
4.- Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.
5.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto, non risultando -allo stato – il ricorrente ammesso in via definitiva al beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.
PQM
La Corte;
dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione controricorrente, delle spese del giudizio determinate in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021