Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6951 del 25/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 6951 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: GARRI FABRIZIA

SENTENZA

sul ricorso 8942-2012 proposto da:
GE OVESE SEBASTIANO C.F. GNVSST39A62A6380, domiciliato

n\

i ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato BRIGUGLIO LETTERIO, giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2013
contro

3153

UNICREDIT S.P.A. C.F. 00348170101, in persona del
legale

rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 70, presso lo

Data pubblicazione: 25/03/2014

studio dell’avvocato LOTTI MASSIMO, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato DAVERIO FABRIZIO,
giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 904/2011 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/11/2013 dal Consigliere Dott. FABRIZIA
GARRI;
udito l’Avvocato LIOTTI MASSIMO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

di CATANIA, depositata il 09/12/2011 r.g.n. 64/2008;

F0T10 E DI
La sentenza impugnata
1.1 La Corte d’Appello di Catania, decidendo sul ricorso in riassunzione a seguito della cassazione della

1.2 Il giudice del rinvio precisava di essere stato investito di un nuovo esame delle impugnazioni già
proposte. Escludeva che la domanda di accertamento del diritto a conseguire, dal 1981, la qualifica di
funzionario fosse coperta da un giudicato interno, formatosi nel precedente giudizio.
1.3 Accertava che il lavoratore aveva chiesto la condanna della società datrice al risarcimento del danno
conseguente alla mancata promozione, ma escludeva che tale in domanda potesse essere compresa la
richiesta di danni conseguenti a una perdita di chance. Verificava che il Genovese era venuto meno
all’onere, che su di lui incombeva, di provare che la mancata promozione era la conseguenza di un
comportamento inadempiente di parte datrice. Precisava che, a tal fine, il ricorrente avrebbe dovuto
allegare prima e provare poi che, ove il datore di lavoro avesse applicato in maniera uniforme i
parametri di valutazione fissati, egli avrebbe certamente conseguito la promozione. Ha quindi precisato
che a tale insufficiente allegazione e prova non si poteva supplire con una consulenza tecnica d’ufficio
finalizzata proprio alla ricerca di non meglio precisate scorrettezze nella valutazione dei titoli.
1.4 Il giudice di appello, dopo aver precisato che al giudice non è consentito di sostituirsi al datore di
lavoro nell’attribuzione di punteggi variabili, ha quindi accertato che il ricorrente non aveva offerto una
prova adeguata delle lamentate disparità di trattamento nella valutazione dei titoli. In sostanza non era
stato provato che per effetto della valutazione discrezionale dei punteggi attribuiti ai singoli concorrenti,
il lavoratore ricorrente era stato illegittimamente inserito nella graduatoria in una posizione non utile
per essere promosso.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso Sebastiano Genovese che articola quattro motivi
illustrati con memoria. Resiste Urùcredit s.p.a., successore a titolo universale del Banco di Sicilia s.p.a.,
che deposita a sua volta memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
I motivi di ricorso
2.1 Con i primi due motivi di ricorso è denunciata la violazione degli articoli 2909 c.c., 324, 384, 394,
429 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c. . Espone il ricorrente che la Corte di
Cassazione, nell’accogliere il motivo di ricorso incidentale del Genovese e rinviare alla Corte d’appello
di Catania per un nuovo esame delle impugnazioni, aveva accertato che la sentenza del Tribunale era
affetta da un error in procedendo, poiché nella sentenza di primo grado era ravvisabile un contrasto tra
dispositivo e motivazione non emendabile con la procedura di correzione di errore materiale, come, al
contrario, aveva ritenuto il giudice di appello che aveva rigettato il ricorso dell’allora Banco di Sicilia.
2.2 Sostiene il ricorrente che la Cassazione, nel disporre il rinvio alla Corte territoriale per un nuovo
esame della controversia, aveva accertato che il decisum di cui al dispositivo del Tribunale di Messina

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sentenza della Corte d’Appello di Messina, accoglieva il gravame proposto dal Banco di Sicilia s.p.a.
(oggi Unicredit s.p.a.) e respingeva la domanda di Sebastiano Genovese tesa ad ottenere la condanna
della datrice di lavoro al risarcimento del danno conseguente alla mancata promozione alla qualifica di
funzionario a decorrere dal 1° gennaio 1981, e comunque da data antecedente il 1.8.1987 quando
l’aveva concretamente conseguita, danni da liquidarsi in misura pari alle differenze retributive maturate
ed alla incidenza sul t.f.r. e sulla pensione.

2.3 La Corte d’appello di Catania, allora, avrebbe dovuto chiarire quale fosse la specifica censura
formulata in appello con la quale il Banco aveva denunciato il contrasto tra dispositivo e motivazione
che rendeva nulla la sentenza di primo grado. Inoltre, il giudice del rinvio si sarebbe dovuto uniformare
al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte che aveva escluso che il contenuto del dispositivo
fosse stato oggetto di specifica censura. Alla luce di tali premesse ritiene il ricorrente che la Corte
territoriale, in sede di rinvio, ha errato nel non tenere conto del giudicato formatosi sulla decorrenza
della promozione dal 1981, procedendo ad un esame delle impugnazioni come se tale accertamento
non si fosse consolidato.
2.4 Sotto altro profilo, poi, sostiene il ricorrente che avendo la Cassazione ritenuto esistente un
giudicato sulla decorrenza del superiore inquadramento dal 1981, la Corte di rinvio non avrebbe potuto
esaminare nuovamente le questioni prospettate con il ricorso di primo grado come se fosse stato
accolto il ricorso principale contro la sentenza della Corte d’appello di Messina.
2.5 Con il terzo motivo di ricorso, poi, è denunciata la violazione degli articoli 112, 156, 384, 394 c.p.c.
in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.. Sostiene il Genovese che la Corte territoriale avrebbe proceduto ad
una autonoma riqualificazione delle domande ed aveva escluso che fosse stata avanzata anche una
richiesta risarcitoria in termini di perdita di chance. Al contrario, sostiene il ricorrente che il tenore
testuale delle allegazioni e delle prove chieste avrebbe dovuto convincere il giudice dell’ effettiva
proposizione anche di tale domanda.
2.6 Con il quarto motivo di ricorso, infine, il Genovese si duole dell’ erroneità della decisione della
Corte territoriale che, in violazione e falsa applicazione degli articoli 2697 c.c. e 61,191 e 194 c.p.c.,
aveva ritenuto inutili7zabile la consulenza disposta dal giudice di primo grado. Sostiene il ricorrente che
l’accertamento tecnico non era inteso a supplire a mancanze nell’allegazione dei fatti e nella
conseguente prova. Al contrario al consulente si chiedeva di verificare, in conformità a documentazione
già acquisita o comunque acquisibile, se nella valutazione dei titoli e nell’attribuzione dei punteggi si era
seguito un criterio uniforme tra i concorrenti. Inoltre la Corte non si era avveduta del fatto che
l’eccezione era stata sollevata dalla banca datrice, tardivamente, solo nella memoria di costituzione del
giudizio in riassunzione in sede di rinvio.

Le ragioni della decisione
3.1 Le censure formulate nei primi due mottàrticorso possono essere esaminate congiuntamente e
vanno respinte.
3.2 La Corte d’appello di Catania ha esattamente interpretato la decisione di questa Corte di Cassazione.
Nel cassare la sentenza della Corte d’appello di Messina è stato disposto “lo svolgimento di un nuovo
giudizio di appello affinché siano nuovamente esaminate le impugnazioni delle parti in relazione alla
statuizione di primo grado della decorrenza del diritto alla promozione dall’1.1.1981”. In particolare è
stato ritenuto che, diversamente da quanto affermato dal giudice di appello, non fosse affetta da errore
materiale la sentenza del giudice di primo grado che nel dispositivo riportava una decorrenza del diritto
alla promozione alla qualifica superiore (1.1.1981) mentre in motivazione, facendo proprie le
osservazioni formulate dalla Banca convenuta alla consulenza tecnica, fissava una decorrenza diversa e
successiva (1.8.1986). Se la Cassazione ha ritenuto di dover rinviare per un nuovo esame delle
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(decorrenza della promozione dal 1981) non era stato censurato dal Banco di Sicilia in appello e che il
gravame proposto riguardava, invece, la decorrenza della promozione dal 1986.

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impugnazioni proposte avverso la sentenza di primo grado è evidente che non si è formato alcun
giudicato sulla domanda di accertamento del diritto al conseguimento della qualifica di funzionario.
L’esame della controversia è stato infatti integralmente devoluto al giudice di appello, eccezion fatta per
la possibilità, questa sì preclusa, di ritenere che la difformità evidenziata nella sentenza di primo grado
tra dispositivo e motivazione potesse essere emendata mediante una semplice correzione di errore
materiale.

raggiungimento dello scopo al quale è destinata (cfr. in termini Cass. 27.1.2006 n. 1729).
Orbene, la sentenza della Cassazione, in accoglimento del motivo di ricorso incidentale con il quale era
denunciata anche l’avvenuta formazione di un giudicato interno sullo specifico punto della decorrenza
del diritto alla promozione, nel cassare la sentenza della corte territoriale — che riteneva affetta da un
“error in procedendo” poiché era stata modificata la decorrenza fissata nel dispositivo della decisione
appellata sebbene mancassero elementi oggettivi di divergenza del dispositivo dalla realtà processuale aveva ravvisato nella sentenza della Corte territoriale un vero e proprio contrasto tra motivazione e
dispositivo ed aveva accertato che, pertanto, la sentenza di primo grado era affetta da nullità. Per
l’effetto, aveva rinviato le parti davanti al giudice di appello al quale aveva demandato un nuovo esame
delle impugnazioni proposte avverso la sentenza di primo grado. In tal modo, pertanto, la Corte aveva
implicitamente escluso che sul diritto alla promozione con la decorrenza accertata in dispositivo dal
Tribunale (1981) si fosse formato un giudicato. Diversamente, infatti, la Corte di Cassazione ben
avrebbe potuto decidere nel merito la controversia null’altro essendovi da accertare in fatto.
3.3 Tanto premesso si osserva che tale ricostruzione è stata fatta propria dalla Corte territoriale nella
sentenza di cui oggi è chiesta la cassazione. Il giudice del rinvio, infatti, ha preso atto dell’ accertata
nullità della sentenza di primo grado; ha verificato che nel giudizio non si era formato alcun giudicato
sull’accertamento del diritto alla promozione a decorrere dal 1981, rilevando che la censura era stata
accolta solo con riferimento alla errata applicazione del procedimento di correzione di errore materiale;
ha sottolineato che, quindi, era rimasta impregiudicata la valutazione da parte del giudice del rinvio
dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto alla promozione alla qualifica superiore;
ha precisato che la Corte di Cassazione le aveva espressamente demandato un nuovo esame delle
impugnazioni proposte che, se per contro avesse ritenuto esistente un giudicato sul diritto
all’inquadramento dal 1981, avrebbe potuto essa stessa decidere.
3.4 Sulla base di tali premesse, poi, la Corte di Catania ha motivatamente accertato che l’appello
proposto dal Banco (oggi Unicredit s.p.a.) investiva tutta la pronuncia di primo grado posto che nelle
conclusioni si chiedeva l’integrale reiezione di tutte le domande proposte dal ricorrente. Al riguardo va
rammentato che “l’interpretazione del contenuto dell’atto di appello è riservata al giudice di merito ed è
sottratta al sindacato di legittimità, se adeguatamente motivata; tale interpretazione deve essere condotta
tenendo conto sia della formulazione letterale che del contenuto sostanziale dell’atto, che ne esprime la
volontà effettiva attraverso l’enunciazione e la prospettazione delle ragioni addotte a sostegno, in
relazione alla finalità che la parte intende raggiungere. A tal fine, il giudice d’appello è libero di verificare
l’esatta natura delle questioni dedotte in giudizio nei motivi di gravame e di precisarne il contenuto e gli
effetti in relazione alle norme applicabili, purché non introduca nuovi elementi di fatto del tutto estranei
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Va rammentato che ove, come nella specie, si sia esclusa l’esistenza di un errore emendabile, la sentenza
che sia affetta da un insanabile contrasto tra dispositivo e motivazione è nulla ai sensi dell’art. 156
comma 2 c.p.c. poiché difetta, considerata nella sua unità, dei requisiti indispensabili per il

3.5 Le riportate considerazioni in tema di interpretazione della domanda convincono, poi,
dell’infondatezza della censura formulata nel terzo motivo di ricorso. Correttamente la Corte territoriale
ha interpretato la domanda proposta dal ricorrente come richiesta di risarcimento del danno derivante
dal mancato conseguimento della qualifica superiore in data antecedente a quella in cui la qualifica gli
era stata attribuita. Ha precisato che in tal caso il risarcimento è pari alle differenze retributive che
avrebbe conseguito per effetto di un’anticipata promozione. Ha rilevato poi che, per contro, la
domanda risarcitoria connessa alla perdita di chance restava ancorata alla prova delle possibilità di
conseguire la promozione 40,doveva essere liquidata sulla base della percentuale di probabilità allegata e
provata. Questa Corte ha ripetutamente affermato che occorre tenere distinte le domande di
risarcimento del danno aventi per oggetto il pregiudizio derivante dalla mancata promozione da quelle
relative alla perdita di chance, cioè alla mera probabilità di conseguire la promozione in conseguenza della
partecipazione al concorso. E’ stato precisato, infatti, che si tratta di domande diverse, non ricomprese
l’una nell’altra, stante la diversità di fatti e circostanze da cui desumere l’entità della probabilità per
l’interessato di vincere il concorso. Diverso è anche il contenuto dell’onere probatorio posto a carico
del lavoratore nei due casi, in quanto, in caso di domanda di risarcimento danni per perdita di chance, il
ricorrente ha l’onere di provare, anche facendo ricorso a presunzioni e al calcolo delle probabilità,
soltanto la possibilità che avrebbe avuto di conseguire il superiore inquadramento, atteso che la
valutazione equitativa del danno ex art. 1226 cod. civ. presuppone pur sempre che risulti comprovata
l’esistenza di un danno risarcibile (cfr in termini Cass. 20.4.2011 n. 9053 ed ivi le richiamate e conformi
Cass. 18 gennaio 2006 n. 852 e Cass. 23 gennaio 2009 n. 17159).
3.5 Sulla base di tale condivisibile orientamento la Corte territoriale, con valutazione esente da illogicità
ed incongruenze e sulla base di un percorso logico e argomentativo coerente alle emergenze istruttorie,
e comunque qui non censurato, ha verificato che la domanda tesa al conseguimento della qualifica ed al
conseguente risarcimento del danno non era stata formulata anche in termini di perdita di chance e
dunque, correttamente, ha ritenuto che per tale profilo non potesse essere esaminata senza perciò
incorrere in alcun vizio di omessa pronuncia.
3.6 Quanto all’ultimo motivo di ricorso, che investe la scelta del giudice del rinvio di non ritenere
utili7zabile la consulenza disposta nel corso del primo grado di giudizio, si osserva che, come è noto la
consulenza tecnica d’ufficio, avendo la funzione di offrire al giudice l’ausilio delle specifiche conoscenze
tecnico – scientifiche che si rendono necessarie al fine del decidere, non è un mezzo istruttorio in senso
proprio. Ne consegue che così come non soggiace al regime delle preclusioni del rito del lavoro per
l’assunzione dei mezzi istruttori di essa, tuttavia, il giudice non si può avvalere per sanare carenze di
allegazione e prova delle parti onerate. Nell’esercizio del suo potere discrezionale il giudice deve infatti
tenere sempre presente che si tratta di uno strumento tecnico di approfondimento e chiarimento del
materiale probatorio già acquisito al processo e che la scelta di ricorrervi è aggiuntiva e non alternativa
all’acquisizione della prova dei fatti che continua a gravare, evidentemente, sulle parti che ne sono
onerate. In conclusione, in nessun modo, la consulenza tecnica può supplire alla deficienza delle
allegazioni o offerte di prova nè compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o
circostanze non provati (cfr. Cass. 8.2.2011 n. 3130 ed anche nn. 9060/2003; 3191/2006).

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al “therna devolutum” (cfr Cass. 16.12.2005 n. 27789 ed anche in termini n. 1298/2012 e 23741/2008).
Orbene tale interpretazione, come è noto, è censurabile in sede di legittimità solo ove si ravvisi un
difetto di motivazione ma, nella specie, tale difetto non è stato affatto esplicitato.

o

Di tali principi ha fatto corretta applicazione la Corte catanese che era stata investita, come si è già
ricordato, dell’intero esame delle impugnazioni ed alla quale era stata devoluta l’indagine su tutti gli
aspetti fattuali rilevanti della controversia. Il giudice di merito, allora, non è incorso in alcuna
violazione dell’art. 2697c.c.; ha correttamente ripartito tra le parti i rispettivi oneri di allegazione e
prova; ha quindi accertato, con valutazione di merito non censurabile in questa sede perché sorretta da
adeguata motivazione, che non era stata offerta una prova adeguata dell’esistenza dei presupposti di
fatto necessari per il conseguimento da parte del ricorrente di una anticipata promozione.

dispositivo.

PQM
La Corte
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio liquidate in € 3000,00 per compensi
professionali ed in € 100,00 per esborsi. Oltre IVA e CPA.
Così deciso in Roma il 6 novembre 2013
Il Consigliere estensore

il Presidente

In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio regolate
secondo il criterio della soccombenza vanno poste a carico del Genovese nella misura precisata in

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