Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6951 del 11/03/2021

Cassazione civile sez. III, 11/03/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 11/03/2021), n.6951

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32272/2019 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CORTE

SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato VITTORIA

LUPI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2985/2018 della CORTE D’APPELLO DI ANCONA,

depositata il 17/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/11/2020 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

M.A., cittadino del (OMISSIS), ha chiesto alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politica, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis);

a sostegno della domanda proposta, il ricorrente ha dedotto di essere fuggito dal proprio paese per il timore di subire ritorsioni o violenze dovute a conflitti di familiare;

la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

avverso tale provvedimento M.A. ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Ancona, che ne ha disposto il rigetto;

tale provvedimento, appellato dal soccombente, è stato confermato dalla Corte d’appello di Ancona con sentenza depositata in data 17/12/2018;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento delle forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, tenuto conto: 1) della mancata corrispondenza delle ragioni di fuga del ricorrente dal paese di origine con i presupposti di legittimazione della protezione internazionale rivendicata; 2) del carattere sostanzialmente personale delle ragioni della fuga del ricorrente dal paese di origine; 3) dalla mancanza, nei territori di provenienza del ricorrente, di condizioni tali da integrare, di per sè, gli estremi di una situazione generalizzata di conflitto armato; 4) della insussistenza di un’effettiva situazione di vulnerabilità suscettibile di giustificare il riconoscimento dei presupposti per la c.d. protezione umanitaria;

il provvedimento della Corte d’appello è stato impugnato per cassazione da M.A. con ricorso fondato su quattro motivi;

il Ministero dell’interno, non costituito in termini mediante controricorso, ha depositato atto di costituzione ai fini dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con i quattro motivi di impugnazione proposti, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la corte territoriale disatteso le proprie domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria (in relazione alle diverse ipotesi previste dalla legge), ovvero, infine, di attribuzione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari;

dev’essere preliminarmente rilevata l’inammissibilità del ricorso;

osserva il Collegio come all’odierna controversia sia applicabile la disciplina processuale introdotta dalla L. n. 69 del 2009, art. 46 (modificativa dell’art. 327 c.p.c.), essendo l’odierno giudizio pendente da epoca successiva al 4/7/2009;

per effetto di tale novella, il termine cosiddetto “lungo” per la proposizione del ricorso per cassazione deve ritenersi, indipendentemente dalla notificazione, pari a sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata, a pena di decadenza;

quanto alla sospensione del ridetto termine nel periodo feriale, ai fini della relativa determinazione, la modifica di cui al D.L. n. 132 del 2014, art. 16, comma 1 (conv., con modif., dalla L. n. 162 del 2014) – che, sostituendo la L. n. 742 del 1969, art. 1, ha ridotto il periodo di sospensione da 46 giorni a 31 giorni (dall’1 al 31 agosto di ciascun anno) – trova applicazione, in mancanza di una disciplina transitoria, a partire dalla sospensione dei termini relativa al periodo feriale dell’anno solare 2015, non rilevando, a tal fine, la data dell’impugnazione o quella di pubblicazione della sentenza (cfr. Sez. 6-3, Ordinanza n. 20866 del 06/09/2017, Rv. 645365-01; Sez. 6-2, Ordinanza n. 11758 del 11/05/2017, Rv. 644185-01);

ciò posto, nel caso di specie, a fronte dell’avvenuta pubblicazione della sentenza d’appello in data 17/12/2018, l’odierno ricorrente ha provveduto a notificare il ricorso per cassazione in data 14/10/2019 e, pertanto, ben oltre il termine semestrale previsto a pena di inammissibilità per la proposizione dell’impugnazione;

sulla base di tali premesse, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per tardività;

alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso non segue l’adozione di alcuna statuizione in ordine alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità, avuto riguardo alla mancata tempestiva costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;

dev’essere, viceversa, attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2021

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