Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 6947 del 11/03/2020

Cassazione civile sez. lav., 11/03/2020, (ud. 04/12/2019, dep. 11/03/2020), n.6947

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26967-2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO e EMANUELE

DE ROSE;

– ricorrente –

contro

B.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI

ANTONELLI 50, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE TRIVELLINI,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 764/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 17/07/2014, R.G.N. 471/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/12/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ STEFANO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO;

udito l’Avvocato RAFFAELE TRIVELLINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza depositata il 17.7.2014, la Corte d’appello di Torino, pronunciando sugli appelli riuniti proposti da B.M. e dall’INPS avverso la sentenza di primo grado, ha dichiarato l’irripetibilità dell’indebito contestato dall’INPS all’assicurato e ha condannato l’INPS a corrispondergli la somma di Euro 95.000,00 a titolo di risarcimento dei danni patiti per aver dato le dimissioni confidando sulla possibilità di accedere alla pensione di anzianità sulla scorta dell’erronea indicazione contenuta in un estratto conto certificativo rilasciatogli L. n. 88 del 1989, ex art. 54.

Avverso tale pronuncia ha ricorso per cassazione l’INPS, denunciando la nullità della sentenza per contrasto tra dispositivo e motivazione e all’uopo evidenziando che, a fronte della condanna per Euro 95.000,00 contenuta nel dispositivo, la motivazione reca l’indicazione di poste di danno la cui somma dà luogo ad un importo significativamente inferiore. B.M. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile.

Questa Corte ha da tempo consolidato il principio secondo cui, se è vero che nel rito del lavoro il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza, da far valere mediante impugnazione, in difetto della quale prevale il dispositivo, tale insanabilità deve nondimeno escludersi quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la seconda inoltre sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga, sì da potersi escludere l’ipotesi di un ripensamento del giudice: in tal caso, infatti, è configurabile l’ipotesi legale del mero errore materiale, con la conseguenza che, da un lato, è consentito l’esperimento del relativo procedimento di correzione e, dall’altro, deve qualificarsi come inammissibile l’eventuale impugnazione diretta a far valere la nullità della sentenza asserita mente dipendente dal contrasto tra dispositivo e motivazione (così Cass. nn. 18202 del 2008, 10305 del 2011, 24841 del 2014 e, da ult., Cass. n. 21618 del 2019).

Nel caso di specie è affatto evidente che la pretesa divergenza tra dispositivo e motivazione sarebbe, a tutto concedere, meramente quantitativa, sostenendosi da parte ricorrente semplicemente che la somma delle voci indicate nella motivazione a giustificazione del saldo dovuto, indicato nel dispositivo, darebbe luogo ad un importo inferiore rispetto alla somma di Euro 95.000,00 (e precisamente di Euro 83.556,00: cfr. ricorso per cassazione, pag. 8), di talchè, in continuità con il suesposto principio di diritto, il ricorso va dichiarato inammissibile, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza e si distraggono in favore del difensore di parte controricorrente, dichiaratosi antistatario.

Tenuto conto della declaratoria d’inammissibilità del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna l’INPS alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 11 marzo 2020

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